Per una più stretta cooperazione militare
Mobilità transfrontaliera, cibersicurezza: via libera dal Consiglio federale alla partecipazione a due progetti ‘Pesco’ dell’Ue. L’Udc insorge
Le possibilità di cooperazione tra l’esercito svizzero e l’Unione europea (Ue) vanno approfondite. È quanto pensa il Consiglio federale, che ieri – nella sua seconda seduta dopo la pausa estiva – ha approvato la partecipazione della Confederazione ai progetti ‘Military Mobility’ e ‘Cyber Ranges Federation’ della ‘Permanent Structured Cooperation’ (Pesco) dell’Ue. Siamo lontani anni luce dalla partecipazione a esercitazioni di u n’alleanza militare come la Nato; e si tratta di una cooperazione circoscritta, sul piano tecnicoamministrativo, non dell’adesione all’organismo in questione. Il tutto ha nondimeno evidenti implicazioni politiche. A fare da tela di fondo – oltre che la guerra in Ucraina e le relative discussioni sull’aumento del budget dell’esercito – c’è infatti l’iniziativa sulla neutralità, che preconizza il ritorno a una neutralità ‘integrale’ e proibisce, tra l’altro, l’adesione ad alleanze militari o difensive. L’Udc, che dell’iniziativa è ‘m adrina’, non poteva dunque lasciarsi sfuggire la ghiotta occasione: il partito ha subito accusato la presidente della Confederazione nonché ministra della Difesa Viola Amherd e i suoi colleghi di Governo di “distruggere la neutralità”. Consapevole della delicatezza del tema, il Consiglio federale – che propone di respingere l’iniziativa senza controprogetto – mette le mani avanti. Le modalità della cooperazione saranno regolate in un accordo amministrativo non vincolante che terrà conto dei limiti della Svizzera derivanti dagli obblighi in materia di neutralità, afferma in un comunicato. La Confederazione, si sottolinea, non parteciperà a esercitazioni con Stati belligeranti. Poi ancora: le cooperazioni specifiche nel quadro di questi due progetti sono conformi agli obblighi della Svizzera in materia di neutralità.
‘Incompatibile con la neutralità’
Non basta, e di gran lunga, per tranquillizzare l’Udc. Il partito di Marcel Dettling parla di “tattica del salame”, da parte della “maggioranza di centro-sinistra del Consiglio federale”: “Si vende alla popolazione questo avvicinamento come innocua collaborazione sul piano tecnico, mentre una partecipazione al patto militare Pesco significa molto più di questo”, giacché l’Ue “richiede agli Stati che partecipano ai progetti Pesco una corrispondenza con i suoi obiettivi di politica estera e di sicurezza”. Cosa impossibile per uno Stato “neutrale e sovrano” come la Svizzera, afferma l’Udc. I democentristi chiedono pertanto che una decisione “di tale portata per la sicurezza della popolazione svizzera” sia da sottoporre al Parlamento.
La Pesco è stata fondata nel 2017 dal Consiglio dell’Ue al fine di sviluppare congiuntamente le capacità di difesa e di condurre assieme progetti d’armamento. Obiettivo: aumentare le capacità e incrementare l’interoperabilità delle forze armate. Ad oggi, 26 dei 27 Stati membri dell’Ue partecipano a oltre 60 progetti della Pesco. Su richiesta, Paesi terzi possono partecipare a progetti anche senza esserne membri.
Il progetto ‘Military Mobility’ mira ad agevolare la mobilità militare sul territorio europeo mediante processi amministrativi standardizzati. Le richieste di attraversamento di confini nazionali potranno così essere trattate e approvate in pochi giorni. 25 Stati membri dell’Ue partecipano a questo progetto coordinato dai Paesi Bassi. Canada, Norvegia e Stati Uniti vi partecipano in qualità di Paesi terzi. La semplificazione dei processi avrà effetti positivi anche sugli impieghi della Svizzera all’estero, in particolare nel quadro dell’istruzione o del promovimento militare della pace. La partecipazione al progetto – precisa il Consiglio federale – non implica alcun obbligo o automatismo: “La Svizzera continuerà a valutare singolarmente ciascuna richiesta di attraversamento dei confini”. ‘Cyber Ranges’ si propone invece di migliorare la cooperazione internazionale nella ciberdifesa. L’obiettivo è raggruppare gli ambienti di simulazione informatica dei differenti Paesi per permettere la creazione di un ambiente d’esercizio più complesso e realistico. Attualmente partecipano al progetto l’Estonia, il Belgio, la Bulgaria, la Finlandia, la Francia, l’Italia, il Lussemburgo e l’Austria.
La partecipazione della Svizzera a questi due progetti è il risultato di un’intensificazione della cooperazione in materia di politica di sicurezza tra Berna e Bruxelles auspicata dal Consiglio federale già nel suo rapporto del 2021 sulla politica di sicurezza. Dal 2023 la Svizzera e l’Ue intrattengono un dialogo di alto livello sulla politica di sicurezza e di difesa (Security and Defence Dialogue), ricorda il Governo nella nota. In quest’ambito rientra anche la collaborazione con la European Cyber Security Organisation (Ecso). Il Consiglio federale ieri ha incaricato il Dipartimento federale della difesa di presentare una domanda di adesione a questo organismo istituito in Belgio nel 2016. Obiettivo: rimanere al passo con gli sviluppi più recenti in ambito tecnologico e accedere alle reti di esperti.