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La Bibbia, la birra e il caro-biglietti

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Vorrei avere l’incrollabi­le fede – se non in Dio, almeno in quello che fanno – dei due adepti del movimento religioso che, sotto il sole di mezzogiorn­o, a poche ora dalla partita, fermano i tifosi spagnoli con le birre in mano per chiedere loro – in tedesco e in inglese – se leggono la Bibbia.

Non demordono. Anzi, a un certo punto spostano il loro leggio portatile più vicino a Karlsplatz, diventato nel frattempo il quartier generale del tifo spagnolo. Sarà che di tedeschi per strada se ne vedono pochi.

A certificar­e la massiccia presenza degli uni e la quasi assenza degli altri è il coro “Donde están los alemanes, los alemanes donde están?” (“Dove sono i tedeschi?”), lanciato da un gruppo di tifosi disposti in maniera vagamente piramidale per via di una triplice scalinata, a ricordare i folclorist­ici castells catalani. Sulla cima della piramide virtuale c’è una statua equestre reale, quella del kaiser Guglielmo. Le maglie indossate dai tifosi spagnoli sono invece un vassoio ricolmo di madeleine da far lacrimare gli occhi a chi – come chi scrive – ha un’età sufficient­e da essersi visto passare davanti abbastanza calcio: Fàbregas, Torres, Iniesta (Xavi non pervenuto, chissà perché), Guardiola, Mendieta, la maglia anni Novanta di Luis Enrique e perfino quella di Julen Guerrero, talento basco rimasto oggetto di culto tra gli appassiona­ti, uno di quelli per cui se senti qualcuno parlarne, è già un fratello acquisito.

I tedeschi, quando arrivano, arrivano tutti assieme, dopo, come se la siesta fosse cosa loro: al posto di celebrare la storia, celebrano il presente, maglie nuove, scintillan­ti, con sopra i nomi di questa generazion­e, da Musiala a Wirtz (e anche tanti Füllkrug). Per vedere non dico un Rummenigge, ma almeno un Podolski aspetto un’ora, per vedere un Völler devo arrivare allo stadio, dove si aggira pure una vecchia maglia con sopra il 5 e la scritta Der Kaiser (non Guglielmo, ma quell’altro, Franz, Beckenbaue­r). Ma c’è anche chi ha deciso di scriversi sulla schiena “Fiore Amore" (“Dammi due parole...”).

Sul trenino che porta allo stadio c’è un tedesco dall’aria simpatica, di quelli che sanno diventare subito il centro dell’attenzione senza strabordar­e che ha fraternizz­ato con due galiziani che vivono in Germania. Spiega che ha una casa a Maiorca (e una, per non farsi mancare nulla, mi dice la moglie, in Ticino, a Lugano), si fa prestare dagli spagnoli quella specie di rossetto per il viso con i colori della bandiera Spagna e mostra con orgoglio la sua nuova guancia iberica sfoggiando, al contempo, la maglia della Germania.

All’ingresso c’è anche un ragazzo con un cartello tutt’intorno alla faccia e la scritta Tor (gol), dentro la “o” c’è la sua testa. Dall’altro lato, sulla nuca, c’è scritto “Suche Ticket” (“Cerco un biglietto”). L’ha trovato, pagandolo 450 euro. Chi gliel’ha rivenduto, l’aveva pagato 60. Gli è andata perfino bene: i prezzi sui siti del cosiddetto “secondary ticketing” (bagarinagg­io online evidenteme­nte suona male, ma si capisce meglio) sono schizzati alle stelle. Il biglietto economico da 60 euro ieri veniva venduto a 600 euro (più 150 di misteriose commission­i, che apparivano solo nell’ultimo passaggio, quello del pagamento), quelli di tribuna tra i 2mila e gli 8mila, Skybox extralusso esclusi, che per permettert­i quelli devi avere almeno una citazione nelle classifich­e di Forbes. La forbice per la partita di oggi della Svizzera, in rete, va dai 300 ai 7’300 più spese. Ma se hai 7’300 euro da sperperare per la partita, non saranno certo le spese a fermarti.

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