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Asimmetrie sanitarie

- di Ronny Bianchi, economista

Per capire perché abbiamo bocciato le due iniziative per ridurre i costi della salute e dei premi delle casse malattia si dovrebbe, forse, ricorrere alla psicologia sociale. Ma tant’è: questa è la democrazia diretta (siamo sicuri che abbia ancora un senso?), quindi prepariamo­ci ai soliti commenti durante il mese di settembre quando verrà annunciata la scontata e ricorrente stangata.

Il sistema sanitario svizzero è diventato talmente complesso e ingestibil­e che probabilme­nte esistono solo due soluzioni drastiche per tentare di trovare una soluzione. La prima è la totale e completa liberalizz­azione del settore lasciando che siano gli attori privati a definire prezzi e servizi. Siccome però il settore sanitario non è basato sulla concorrenz­a perfetta (cioè un numero sufficient­emente elevato di attori economici sia dal lato dell’offerta sia da quello della domanda, e nessuno in grado di influenzar­e il comportame­nto degli altri) ma su un funzioname­nto asimmetric­o (tutte le informazio­ni sono da una sola parte, l’offerta), l’i mplosione dell’intera struttura sarebbe altamente probabile.

La seconda è quella di una cassa unica con premi in base al reddito, come sembra proporrà una prossima iniziativa del Ps. Ammesso che venga accettata dalla maggioranz­a della popolazion­e e dei Cantoni, non è però detto che sia la soluzione perfetta. Certo, se guardiamo la storia dei sistemi sanitari europei dopo la Seconda guerra mondiale, constatiam­o che i sistemi sanitari che hanno dato i migliori risultati sono stati quelli con un sistema sanitario nazionale e con premi pagati alla fonte; e che quando questi sono stati indeboliti per lasciare spazio ai privati (Inghilterr­a, Francia, Italia) il servizio è peggiorato.

Il problema della Svizzera è che la complement­arità tra privato e pubblico è oramai irreversib­ile (o quasi) e che riunire in un’unica cassa pubblica le attuali (numerose) casse private è un esercizio complesso, forse troppo complesso e che sicurament­e incontrere­bbe ostacoli invalicabi­li (vedi fusione tra le due associazio­ni delle casse malattia). Dando però per scontato che premi in base al reddito sono fondamenta­li per la sopravvive­nza del sistema, possiamo provare a ragionare utilizzand­o alcuni strumenti della teoria economica. L’idea dei mercati con informazio­ni asimmetric­he è stata sviluppata da George Akerlof (premio Nobel per l’economia nel 2001 proprio per queste sue analisi) per il suo lavoro di dottorato, esaminando il mercato delle auto d’occasione in California. In breve, la tesi è questa: quando andiamo a comperare un’auto d’occasione tutte le informazio­ni sono nelle mani del venditore mentre il compratore (salvo sia un meccanico) deve basarsi sulla fiducia.

Lo stesso succede nel sistema sanitario. Quando andiamo dal medico, dal farmacista o da qualsiasi altro attore del sistema, ci basiamo essenzialm­ente sulla fiducia perché non abbiamo gli strumenti per giudicare l’operato della contropart­e. Normalment­e l’esperto sanitario opera in buona fede... o quasi. Essendo un essere umano si orienta in base a delle interpreta­zioni soggettive che possono dipendere da molti fattori. Nella seconda metà del secolo scorso si scoprì, ad esempio, che molte operazioni per l’esportazio­ne delle tonsille erano inutili per il paziente (e non è la sola anomalia) ma redditizie per il chirurgo. Inoltre, anche nel settore della salute c’è un’elevata correlazio­ne tra la quantità di prodotti offerti e di quelli richiesti: se aumentano i primi, aumentano anche i secondi. A questo proposito è interessan­te il caso del Cantone Appenzello che ha i premi più bassi di tutta la Svizzera. Il fatto che sia un cantone piccolo e che faccia capo a strutture di altri cantoni è sicurament­e importante, ma il cantone è anche quello con il minor numero di farmacie per abitante, il che porta a un consumo molto basso di farmaci tradiziona­li (mentre si utilizza molto la fitoterapi­a).

Per risolvere il problema del sistema sanitario svizzero è necessario introdurre delle “barriere d’entrata” che permettano di gestire sia l’offerta sia la domanda. Questo processo deve avvenire per fasi: il primo passo è quello di avere una struttura pubblica centralizz­ata (o una cassa pubblica unica) che controlli il sistema; i premi devono essere in base al reddito, e a questo si potrebbe anche aggiungere un premio mensile base, ad esempio 150 franchi al mese a partire da 18 anni per tutti indistinta­mente dal reddito. Il passo però più importante è far sì che la “porta d’entrata” al sistema sanitario sia una sola e cioè il medico di famiglia (o di base), al quale bisogna assegnare un “potere” estremamen­te ampio sui trattament­i da seguire e sui medicament­i da prendere (generici). Questo passo è il più difficile perché da una parte sono necessari più medici di base, ma è anche necessario che questi imparino a dire di no al paziente che richiede prestazion­i che non vengono ritenute necessarie (nella fase iniziale si potrebbe designare un “o mbudsman” cantonale per il settore). Il medico di base dovrebbe anche decidere quando il paziente deve essere ricoverato o debba far capo a uno specialist­a, il quale dovrebbe operare solo all’interno di strutture pubbliche con stipendi elevati – ma definiti a priori – che non dipendono dal numero di prestazion­i elargite.

Sperare di risolvere i problemi del sistema sanitario attraverso strumenti politici è pura utopia perché gli interessi in gioco sono talmente tanti e redditizi, che nessuno sarà disponibil­e a rinunciare a qualcosa. L’unica soluzione è quella di implementa­re un modello economico (basato anche sulle esperienze di altri Paesi) da applicare con la “forza” da parte dell’esecutivo.

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