Riforma fiscale, a vincere è ‘il padre di tutti i risultati’
Nella domenica elettorale ampio sostegno popolare per la revisione della Legge tributaria. Vittoria all’ultimo respiro per le misure di compensazione per gli affiliati all’Ipct. Silurato, invece, l’acquisto del palazzo ex Banca del Gottardo
«Se per la sinistra e i contrari alla riforma fiscale questa era la madre di tutte le battaglie, beh... possiamo dire che da parte della popolazione questo è stato il padre di tutti i risultati e di tutti i segnali». Gongola, e non potrebbe essere altrimenti, il presidente liberale radicale Alessandro Speziali nel guardare la cartina del Ticino quasi tutta verde di sì alla revisione della Legge tributaria, accolta con il 56,9 per cento di favorevoli. Qualche macchia rossa c’è, come quella di Locarno – con il sindaco Nicola Pini che in Gran Consiglio votò contro –. La Bellinzona di Mario Branda – schieratissimo contro questa riforma – ha dato il suo via libera per 60 schede. Ma il risultato «è evidentemente manifesto» per Speziali, «sia nei numeri in generale, sia guardando quanto sia omogeneo il sostegno tra valli e città, Sopra e Sottoceneri». Questo perché «i ticinesi hanno capito che questa riforma era davvero trasversale, toccava tutti: in positivo se accettata, in negativo se bocciata». Insomma, a fronte del ritorno del coefficiente cantonale d’imposta dal 97 al 100%, semaforo verde anche dal popolo alla riduzione dell’1,66% di tutte le aliquote di imposta sul reddito delle persone fisiche, alla riduzione dell’imposta di successione e donazione, alla riduzione dell’imposta sul prelievo del capitale di previdenza con un’aliquota massima del 3%, all’aumento delle deduzioni per spese professionali da 2’500 franchi prima a 3mila per arrivare a 3’500 franchi nel 2026. Maanche l’ok al provvedimento più divisivo, l’abbassamento dell’aliquota massima dal 15 al 12% nell’arco di sei anni.
Davanti a tutto questo, Speziali si rallegra che «non ha prevalso la visione ideologica che Ps eVerdi hanno voluto usare comeimpostazione. I dati portano a una chiara presa di posizione dei ticinesi, coerente con l’ultima votazione sul decreto per il contenimento della spesa (il cosiddetto ‘Decreto Morisoli’, ndr): non si devono pagare più imposte. Ed è anche una risposta chiara a chi ha paventato tragedie e alzato un po’ troppo i toni». Dopo aver sottolineato come «questo è un buon risultato anche per il Plr, facendo parte del pacchetto almeno due nostre iniziative», Speziali volge il suo sguardo già al Preventivo 2025. Partendo dal risultato di ieri: «Sappiamo che la linea rossa posta dalla popolazione è che non si aumentino le imposte, e rimaniamo fedeli a quanto sempre detto: bisogna contenere l’aumento della spesa, e nei prossimi anni cercheremo il più possibile di stimolare la crescita economica in modo da creare ricavi». Il presidente del Plr quindi rifugge con assoluta determinazione la definizione di partito dei tagli: «No, noi siamo il partito dei posti di lavoro e della crescita». A sorridere sardonico è il capogruppo del Centro
Maurizio Agustoni. Astenuti in Gran Consiglio, libertà di coscienza data dal Comitato cantonale, ma quell’1,66% di sgravio lineare per tutti – zuccherino che evidentemente ha reso meno indigesti gli sgravi per i più abbienti – è farina del sacco centrista. «Mi sembra un risultato molto chiaro, e sicuramente parte del merito è la soluzione uscita dal Gran Consiglio. Se si fosse votato sul progetto del Consiglio di Stato staremmo parlando di un altro risultato». In più, continua Agustoni, «il fatto che nessuno usciva fiscalmente perdente dalla riforma mentre, in caso di bocciatura, ci sarebbero stati aumenti un po’per tutti ha avuto il suo peso». Resta però un fatto, annota ancora Agustoni: «Il ceto medio esce solo parzialmente avvantaggiato da questa riforma. Sarà importante, e noi ci impegneremo a farlo, approfondire già nel breve termine misure a sostegno e pensate apposta per questa categoria». D’altronde, il netto sì ottenuto in Ticino delle votazioni federali sui costi della salute fucilate a livello federale «sono il sintomo dell’esasperazione della gente, che fa sempre più fatica a far quadrare i conti». Da registrare è anche la soddisfazione della Lega, secondo cui “grazie a questa riformetta i ticinesi non dovranno subire un aggravio fiscale del 3% e la fiscalità per i redditi alti rientrerà nella media nazionale”. E dell’Udc, che mette nero su bianco come “i contribuenti hanno, ancora una volta, confermato di non accettare ulteriori aggravi fiscali”.
Al centro del fuoco di fila da parte dei contrari, c’era tutto il mondo economico. Il direttore della Camera di commercio Luca Albertoni, da noi raggiunto, parte da qui: «Erano proposte concrete, che andavano ad aiutare tutti, purtroppo combattute anche con tanti attacchi personali che hanno fatto scadere il dibattito a un livello che ho trovato fastidioso: non si è parlato di temi, ma dell’economia come avversaria. E noi non ci stiamo». Questa riforma «non fa del Ticino un paradiso fiscale, ci porta a metà classifica nel confronto intercantonale». Ma il messaggio, per Albertoni, «è che si è aperta una breccia sulla necessità di riformare il Ticino. Non si può stare fermi o perdersi in battaglie puramente ideologiche quando il mondo viaggia a una velocità incredibile, non servono rivoluzioni ma riforme che portino più competitività».
Riget: ‘Gravi conseguenze’
Nel fronte dei contrari il clima è mesto. «Siamo molto delusi da questo risultato, un risultato così chiaro non ce lo aspettavamo» commenta la copresidente del Ps Laura Riget. Ora, «la popolazione è molto preoccupata per il potere d’acquisto, quindi la narrazione dei favorevoli all’insegna del meno imposte per tutti ha fatto presa». Però, dice Riget, «le conseguenze saranno ben altre... i Comuni aumenteranno i moltiplicatori, e si va a fragilizzare ancora di più le finanze cantonali aprendo a ulteriori tagli con il Preventivo 2025». La popolazione, afferma ancora Riget, «ha preferito guardare al proprio portafoglio nel breve termine, anche se i ricchi pagheranno molto meno, dimenticandosi però delle conseguenze nel medio termine: noi non ci arrendiamo». La sinistra non si arrenderà, ma è la seconda votazione che va buca dopo il ‘Decreto Morisoli’. Ed è la seconda validazione popolare alle politiche molto contestate dai socialisti. Che fare? «Ci fosse una risposta semplice l’avremmo già messa in atto – risponde Riget –. Dobbiamo fare una seria riflessione, ricordando però come in situazioni difficili come questa le persone tengono a pensare un po’ egoisticamente a se stessi dimenticando servizio pubblico e coesione sociale».
MISURE IPCT Il muro regge per il rotto della cuffia
Il muro a difesa delle pensioni – quello portato metaforicamente in piazza il 22 maggio a Bellinzona da ErreDiPi – alla prova delle urne ha scricchiolato, è sembrato sul punto di crollare, ma alla fine ha retto evitando agli affiliati dell’Ipct un taglio delle rendite. Poco più di mille le schede di scarto che hanno dato luce verde all’accordo trovato tra sindacati e Consiglio di Stato sulle misure di compensazione. Un compromesso sostenuto dalle sigle sindacali, ampie fette del parlamento cantonale e dalla Rete per la Difesa delle pensioni. «Prima della votazione ho fatto due calcoli: 17mila affiliati con una media di tre parenti vuol dire partire già con uno scarto negativo di 50mila voti. Aver perso di sole mille schede, pur restando una sconfitta, è quindi un risultato molto positivo», afferma Piero Marchesi, presidente dell’Udc e membro del comitato contrario alle misure di compensazione composto da democentristi ed esponenti della Lega. «Si è dimostrato che tutto questo sostegno alle misure di compensazione non c’è e che u n’ampia fetta della popolazione ritiene queste rendite ingiustificate e oramai superate». Per Marchesi e l’Udc la partita legata alla Cassa pensione dei dipendenti pubblici non è affatto chiusa qui: «Questo risultato ci sprona ad andare avanti. Da domani ci metteremo al lavoro per spingere la politica e i partiti di governo a trovare una soluzione per risanare la cassa, perché questo problema resta. Non accetteremo che a pagare siano ancora i contribuenti».
Quaresmini (ErreDiPi): ‘Andiamo avanti’
«Se due anni fa avessimo proposto questo compromesso la sconfitta sarebbe stata probabilmente molto ampia. Quindi anche se risicata è una grande vittoria», commenta dal canto suo Enrico Quaresmini, portavoce di ErreDiPi. Negli ultimi mesi sono state diverse le mobilitazioni della Rete, alcune delle quali criticate anche dal fronte di chi sosteneva il sì alle urne. «Il nostro intento è sempre stato quello di spiegare la situazione alla popolazione. Penso che alla fine abbia pagato». Nata per evitare una riduzione delle pensioni dei dipendenti pubblici, cosa ci sarà ora nel futuro della Rete? «Mercoledì avremo un’assemblea per capire su cosa puntare in futuro. Abbiamo già denunciato lo scarto enorme tra contributi pagati e accrediti ricevuti, quella che la Cassa chiama margini sui contributi ma in realtà è una cresta. C’è poi la scarsa remunerazione degli averi di vecchiaia». Temi che riguardano solo i dipendenti pubblici? «No, ci mobiliteremo per difendere le rendite quando a settembre si voterà sulla Lpp, che riguarda tutti e saremo in prima linea con il Preventivo 2025».
Bosco (Sit): ‘Speravo in più sì’
«Il risultato è stato raggiunto ed è quello che conta, si tratta del successo sindacale più importante degli ultimi anni». Fatta questa premessa Mattia Bosco, dei Sindacati indipendenti ticinesi, riconosce che «l’esito è stato tiratissimo e alcuni segnali di preoccupazione questo risultato li lascia. Mi aspettavo un consenso maggiore visto l’ampio fronte favorevole. Probabilmente chi ha appoggiato questa misura l’ha fatto in maniera non troppo convinta». Il discorso legato all’Istituto di previdenza del Canton Ticino, in ogni caso, non è certamente chiuso. «L’autorità di vigilanza ha nel mirino l’Ipct. Un Istituto deve essere sano e quello del Cantone è ancora in fase di guarigione. Il risanamento della cassa non dipende da questa votazione ma è un dossier che resta sul tavolo».
Ghisletta (Vpod): ‘Non bisognava votare’
«Non mi sorprende vedere un risultato così risicato. Sapevamo che non sarebbe stato facile», afferma Ra
oul Ghisletta della Vpod, che passa subito all’attacco: «È una votazione che non andava nemmeno fatta. Siamo l’unico cantone che mette in votazione popolare le pensioni dei dipendenti pubblici. La competenza dovrebbe essere solo della Cassa, come accade per tutte le altre». I soldi per le compensazioni, però, sono anche dei contribuenti… «certo, ma a questo punto dovremmo votare su ogni singola voce di spesa». Per Ghisletta il quadro è chiaro: «Chi si oppone a garantire le prestazioni di un istituto dove il 95% degli affiliati sono residenti evidentemente vorrebbe un settore pubblico popolato da frontalieri».
Daniel (Ocst): ‘Tema facilmente manipolabile’
«Mi aspettavo una spaccatura del genere, visto che si votava su un tema molto tecnico e facilmente manipolabile dai contrari, che hanno parlato di privilegi senza addentrarsi troppo nei numeri», dichiara Xa
vier Daniel, segretario cantonale dell’Ocst. «Alla fine la chiave è stata trovare un accordo condiviso. Le posizioni più estreme, sia a sinistra che a destra, non avrebbero prodotto un risultato accettabile».
LE REAZIONI ‘Soddisfatti, soluzioni equilibrate e ragionevoli’
«Da parte del governo vi è sicuramente motivo di soddisfazione per l’esito sia della riforma fiscale, sia delle misure di compensazione per l’Ipct: due soluzioni equilibrate e ragionevoli», commenta il presidente del Consiglio di Stato e direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta da noi interpellato. Sulla riforma fiscale «notiamo percentuali che vanno oltre le aspettative, ma che in fondo hanno una loro coerenza: già in passato il popolo ha espresso l’intenzione di raggiungere l’equilibrio finanziario senza aumentare le imposte, adesso si trattava di decidere la destinazione delle entrate supplementari per il ritorno al 100% del coefficiente cantonale d’imposta». E i ticinesi «ancora una volta hanno preferito provvedimenti che evitano aggravi di natura fiscale».
Per quanto concerne l’Ipct, Vitta concede: «È stato un risultato molto più tirato». E questo «sta a significare che le ragioni dei contrari andranno ben pesate, perché sono portate da una fetta importante di popolazione». Insomma, «ci sono state le manifestazioni di piazza, ma c’è anche una larga parte di persone silente e in futuro il dialogo dovrà rimanere aperto». Per Vitta, rimanendo all’Ipct, «era comunque importante garantire un certo livello di rendite di fronte alla riduzione del tasso di conversione».
Il direttore del Dfe precisa anche riguardo ai timori della copresidente socialista Laura Riget sull’impatto di questa riforma sul Preventivo 2025: «La popolazione ha espresso il suo voto disponendo di tutte le informazioni. Il ritorno del coefficiente cantonale d’imposta al 100% porta 45 milioni di franchi, il costo delle misure approvate per il 2025 sarà di circa 30 milioni. Si tratta quindi di 15 milioni recuperati, per l’anno prossimo».
Carobbio: ‘Non sia un lasciapassare a ulteriori sgravi’
Ma siamo appena all’inizio, e il confronto anche all’interno del governo sarà teso e serrato. «Questo sì alla riforma fiscale non deve essere un lasciapassare né per ulteriori sgravi fiscali, né per risanare agendo solo sulla spesa e quindi tagliare su servizi e prestazioni indispensabili per la popolazione, il servizio pubblico, la scuola e la socialità». Commenta infatti così a ‘laRegione’ la direttrice del Dipartimento educazione, cultura e sport Marina Carobbio. Certo, «la situazione, la conosciamo e non vuol dire che non si debbano adottare misure di risparmio: anche come Decs le stiamo facendo». Ma Carobbio scandisce che «ci sono dei confini che non vanno oltrepassati, non possiamo mettere a rischio una formazione di qualità, inclusiva e presa a modello dal resto della Svizzera con la conseguenza di ipotecare anche le pari opportunità per allieve e allievi». Carobbio era nel comitato dei proponenti dell’iniziativa federale per fissare i premi a massimo il 10% del reddito imponibile, e interpellata anche su questo tema si dichiara «delusa» per la bocciatura popolare a livello federale. Perché «di fronte al continuo aumento dei premi di cassa malati e alla diminuzione importante del potere d’acquisto dovuta anche a questa impennata dei costi della salute, un tetto massimo per i premi avrebbe aiutato». Ma in Ticino è stata tutt’altra musica, con il sì a vincere a larga maggioranza. Da qui riparte Carobbio, per sostenere che «è un risultato molto chiaro, da sottolineare, e deve far riflettere sul fatto che la popolazione ticinese ritiene che non solo il peso dei premi sia insopportabile, ma che oggi politicamente sarebbe sbagliato inserire nelle misure di risparmio un taglio ai sussidi di cassa malati».