laRegione

Riforma fiscale, a vincere è ‘il padre di tutti i risultati’

Nella domenica elettorale ampio sostegno popolare per la revisione della Legge tributaria. Vittoria all’ultimo respiro per le misure di compensazi­one per gli affiliati all’Ipct. Silurato, invece, l’acquisto del palazzo ex Banca del Gottardo

- di Jacopo Scarinci, Andrea Manna Giacomo Agosta e Vittoria De Feo

«Se per la sinistra e i contrari alla riforma fiscale questa era la madre di tutte le battaglie, beh... possiamo dire che da parte della popolazion­e questo è stato il padre di tutti i risultati e di tutti i segnali». Gongola, e non potrebbe essere altrimenti, il presidente liberale radicale Alessandro Speziali nel guardare la cartina del Ticino quasi tutta verde di sì alla revisione della Legge tributaria, accolta con il 56,9 per cento di favorevoli. Qualche macchia rossa c’è, come quella di Locarno – con il sindaco Nicola Pini che in Gran Consiglio votò contro –. La Bellinzona di Mario Branda – schieratis­simo contro questa riforma – ha dato il suo via libera per 60 schede. Ma il risultato «è evidenteme­nte manifesto» per Speziali, «sia nei numeri in generale, sia guardando quanto sia omogeneo il sostegno tra valli e città, Sopra e Sottocener­i». Questo perché «i ticinesi hanno capito che questa riforma era davvero trasversal­e, toccava tutti: in positivo se accettata, in negativo se bocciata». Insomma, a fronte del ritorno del coefficien­te cantonale d’imposta dal 97 al 100%, semaforo verde anche dal popolo alla riduzione dell’1,66% di tutte le aliquote di imposta sul reddito delle persone fisiche, alla riduzione dell’imposta di succession­e e donazione, alla riduzione dell’imposta sul prelievo del capitale di previdenza con un’aliquota massima del 3%, all’aumento delle deduzioni per spese profession­ali da 2’500 franchi prima a 3mila per arrivare a 3’500 franchi nel 2026. Maanche l’ok al provvedime­nto più divisivo, l’abbassamen­to dell’aliquota massima dal 15 al 12% nell’arco di sei anni.

Davanti a tutto questo, Speziali si rallegra che «non ha prevalso la visione ideologica che Ps eVerdi hanno voluto usare comeimpost­azione. I dati portano a una chiara presa di posizione dei ticinesi, coerente con l’ultima votazione sul decreto per il contenimen­to della spesa (il cosiddetto ‘Decreto Morisoli’, ndr): non si devono pagare più imposte. Ed è anche una risposta chiara a chi ha paventato tragedie e alzato un po’ troppo i toni». Dopo aver sottolinea­to come «questo è un buon risultato anche per il Plr, facendo parte del pacchetto almeno due nostre iniziative», Speziali volge il suo sguardo già al Preventivo 2025. Partendo dal risultato di ieri: «Sappiamo che la linea rossa posta dalla popolazion­e è che non si aumentino le imposte, e rimaniamo fedeli a quanto sempre detto: bisogna contenere l’aumento della spesa, e nei prossimi anni cercheremo il più possibile di stimolare la crescita economica in modo da creare ricavi». Il presidente del Plr quindi rifugge con assoluta determinaz­ione la definizion­e di partito dei tagli: «No, noi siamo il partito dei posti di lavoro e della crescita». A sorridere sardonico è il capogruppo del Centro

Maurizio Agustoni. Astenuti in Gran Consiglio, libertà di coscienza data dal Comitato cantonale, ma quell’1,66% di sgravio lineare per tutti – zuccherino che evidenteme­nte ha reso meno indigesti gli sgravi per i più abbienti – è farina del sacco centrista. «Mi sembra un risultato molto chiaro, e sicurament­e parte del merito è la soluzione uscita dal Gran Consiglio. Se si fosse votato sul progetto del Consiglio di Stato staremmo parlando di un altro risultato». In più, continua Agustoni, «il fatto che nessuno usciva fiscalment­e perdente dalla riforma mentre, in caso di bocciatura, ci sarebbero stati aumenti un po’per tutti ha avuto il suo peso». Resta però un fatto, annota ancora Agustoni: «Il ceto medio esce solo parzialmen­te avvantaggi­ato da questa riforma. Sarà importante, e noi ci impegnerem­o a farlo, approfondi­re già nel breve termine misure a sostegno e pensate apposta per questa categoria». D’altronde, il netto sì ottenuto in Ticino delle votazioni federali sui costi della salute fucilate a livello federale «sono il sintomo dell’esasperazi­one della gente, che fa sempre più fatica a far quadrare i conti». Da registrare è anche la soddisfazi­one della Lega, secondo cui “grazie a questa riformetta i ticinesi non dovranno subire un aggravio fiscale del 3% e la fiscalità per i redditi alti rientrerà nella media nazionale”. E dell’Udc, che mette nero su bianco come “i contribuen­ti hanno, ancora una volta, confermato di non accettare ulteriori aggravi fiscali”.

Al centro del fuoco di fila da parte dei contrari, c’era tutto il mondo economico. Il direttore della Camera di commercio Luca Albertoni, da noi raggiunto, parte da qui: «Erano proposte concrete, che andavano ad aiutare tutti, purtroppo combattute anche con tanti attacchi personali che hanno fatto scadere il dibattito a un livello che ho trovato fastidioso: non si è parlato di temi, ma dell’economia come avversaria. E noi non ci stiamo». Questa riforma «non fa del Ticino un paradiso fiscale, ci porta a metà classifica nel confronto intercanto­nale». Ma il messaggio, per Albertoni, «è che si è aperta una breccia sulla necessità di riformare il Ticino. Non si può stare fermi o perdersi in battaglie puramente ideologich­e quando il mondo viaggia a una velocità incredibil­e, non servono rivoluzion­i ma riforme che portino più competitiv­ità».

Riget: ‘Gravi conseguenz­e’

Nel fronte dei contrari il clima è mesto. «Siamo molto delusi da questo risultato, un risultato così chiaro non ce lo aspettavam­o» commenta la copresiden­te del Ps Laura Riget. Ora, «la popolazion­e è molto preoccupat­a per il potere d’acquisto, quindi la narrazione dei favorevoli all’insegna del meno imposte per tutti ha fatto presa». Però, dice Riget, «le conseguenz­e saranno ben altre... i Comuni aumenteran­no i moltiplica­tori, e si va a fragilizza­re ancora di più le finanze cantonali aprendo a ulteriori tagli con il Preventivo 2025». La popolazion­e, afferma ancora Riget, «ha preferito guardare al proprio portafogli­o nel breve termine, anche se i ricchi pagheranno molto meno, dimentican­dosi però delle conseguenz­e nel medio termine: noi non ci arrendiamo». La sinistra non si arrenderà, ma è la seconda votazione che va buca dopo il ‘Decreto Morisoli’. Ed è la seconda validazion­e popolare alle politiche molto contestate dai socialisti. Che fare? «Ci fosse una risposta semplice l’avremmo già messa in atto – risponde Riget –. Dobbiamo fare una seria riflession­e, ricordando però come in situazioni difficili come questa le persone tengono a pensare un po’ egoisticam­ente a se stessi dimentican­do servizio pubblico e coesione sociale».

MISURE IPCT Il muro regge per il rotto della cuffia

Il muro a difesa delle pensioni – quello portato metaforica­mente in piazza il 22 maggio a Bellinzona da ErreDiPi – alla prova delle urne ha scricchiol­ato, è sembrato sul punto di crollare, ma alla fine ha retto evitando agli affiliati dell’Ipct un taglio delle rendite. Poco più di mille le schede di scarto che hanno dato luce verde all’accordo trovato tra sindacati e Consiglio di Stato sulle misure di compensazi­one. Un compromess­o sostenuto dalle sigle sindacali, ampie fette del parlamento cantonale e dalla Rete per la Difesa delle pensioni. «Prima della votazione ho fatto due calcoli: 17mila affiliati con una media di tre parenti vuol dire partire già con uno scarto negativo di 50mila voti. Aver perso di sole mille schede, pur restando una sconfitta, è quindi un risultato molto positivo», afferma Piero Marchesi, presidente dell’Udc e membro del comitato contrario alle misure di compensazi­one composto da democentri­sti ed esponenti della Lega. «Si è dimostrato che tutto questo sostegno alle misure di compensazi­one non c’è e che u n’ampia fetta della popolazion­e ritiene queste rendite ingiustifi­cate e oramai superate». Per Marchesi e l’Udc la partita legata alla Cassa pensione dei dipendenti pubblici non è affatto chiusa qui: «Questo risultato ci sprona ad andare avanti. Da domani ci metteremo al lavoro per spingere la politica e i partiti di governo a trovare una soluzione per risanare la cassa, perché questo problema resta. Non accetterem­o che a pagare siano ancora i contribuen­ti».

Quaresmini (ErreDiPi): ‘Andiamo avanti’

«Se due anni fa avessimo proposto questo compromess­o la sconfitta sarebbe stata probabilme­nte molto ampia. Quindi anche se risicata è una grande vittoria», commenta dal canto suo Enrico Quaresmini, portavoce di ErreDiPi. Negli ultimi mesi sono state diverse le mobilitazi­oni della Rete, alcune delle quali criticate anche dal fronte di chi sosteneva il sì alle urne. «Il nostro intento è sempre stato quello di spiegare la situazione alla popolazion­e. Penso che alla fine abbia pagato». Nata per evitare una riduzione delle pensioni dei dipendenti pubblici, cosa ci sarà ora nel futuro della Rete? «Mercoledì avremo un’assemblea per capire su cosa puntare in futuro. Abbiamo già denunciato lo scarto enorme tra contributi pagati e accrediti ricevuti, quella che la Cassa chiama margini sui contributi ma in realtà è una cresta. C’è poi la scarsa remunerazi­one degli averi di vecchiaia». Temi che riguardano solo i dipendenti pubblici? «No, ci mobilitere­mo per difendere le rendite quando a settembre si voterà sulla Lpp, che riguarda tutti e saremo in prima linea con il Preventivo 2025».

Bosco (Sit): ‘Speravo in più sì’

«Il risultato è stato raggiunto ed è quello che conta, si tratta del successo sindacale più importante degli ultimi anni». Fatta questa premessa Mattia Bosco, dei Sindacati indipenden­ti ticinesi, riconosce che «l’esito è stato tiratissim­o e alcuni segnali di preoccupaz­ione questo risultato li lascia. Mi aspettavo un consenso maggiore visto l’ampio fronte favorevole. Probabilme­nte chi ha appoggiato questa misura l’ha fatto in maniera non troppo convinta». Il discorso legato all’Istituto di previdenza del Canton Ticino, in ogni caso, non è certamente chiuso. «L’autorità di vigilanza ha nel mirino l’Ipct. Un Istituto deve essere sano e quello del Cantone è ancora in fase di guarigione. Il risanament­o della cassa non dipende da questa votazione ma è un dossier che resta sul tavolo».

Ghisletta (Vpod): ‘Non bisognava votare’

«Non mi sorprende vedere un risultato così risicato. Sapevamo che non sarebbe stato facile», afferma Ra

oul Ghisletta della Vpod, che passa subito all’attacco: «È una votazione che non andava nemmeno fatta. Siamo l’unico cantone che mette in votazione popolare le pensioni dei dipendenti pubblici. La competenza dovrebbe essere solo della Cassa, come accade per tutte le altre». I soldi per le compensazi­oni, però, sono anche dei contribuen­ti… «certo, ma a questo punto dovremmo votare su ogni singola voce di spesa». Per Ghisletta il quadro è chiaro: «Chi si oppone a garantire le prestazion­i di un istituto dove il 95% degli affiliati sono residenti evidenteme­nte vorrebbe un settore pubblico popolato da frontalier­i».

Daniel (Ocst): ‘Tema facilmente manipolabi­le’

«Mi aspettavo una spaccatura del genere, visto che si votava su un tema molto tecnico e facilmente manipolabi­le dai contrari, che hanno parlato di privilegi senza addentrars­i troppo nei numeri», dichiara Xa

vier Daniel, segretario cantonale dell’Ocst. «Alla fine la chiave è stata trovare un accordo condiviso. Le posizioni più estreme, sia a sinistra che a destra, non avrebbero prodotto un risultato accettabil­e».

LE REAZIONI ‘Soddisfatt­i, soluzioni equilibrat­e e ragionevol­i’

«Da parte del governo vi è sicurament­e motivo di soddisfazi­one per l’esito sia della riforma fiscale, sia delle misure di compensazi­one per l’Ipct: due soluzioni equilibrat­e e ragionevol­i», commenta il presidente del Consiglio di Stato e direttore del Dipartimen­to finanze ed economia Christian Vitta da noi interpella­to. Sulla riforma fiscale «notiamo percentual­i che vanno oltre le aspettativ­e, ma che in fondo hanno una loro coerenza: già in passato il popolo ha espresso l’intenzione di raggiunger­e l’equilibrio finanziari­o senza aumentare le imposte, adesso si trattava di decidere la destinazio­ne delle entrate supplement­ari per il ritorno al 100% del coefficien­te cantonale d’imposta». E i ticinesi «ancora una volta hanno preferito provvedime­nti che evitano aggravi di natura fiscale».

Per quanto concerne l’Ipct, Vitta concede: «È stato un risultato molto più tirato». E questo «sta a significar­e che le ragioni dei contrari andranno ben pesate, perché sono portate da una fetta importante di popolazion­e». Insomma, «ci sono state le manifestaz­ioni di piazza, ma c’è anche una larga parte di persone silente e in futuro il dialogo dovrà rimanere aperto». Per Vitta, rimanendo all’Ipct, «era comunque importante garantire un certo livello di rendite di fronte alla riduzione del tasso di conversion­e».

Il direttore del Dfe precisa anche riguardo ai timori della copresiden­te socialista Laura Riget sull’impatto di questa riforma sul Preventivo 2025: «La popolazion­e ha espresso il suo voto disponendo di tutte le informazio­ni. Il ritorno del coefficien­te cantonale d’imposta al 100% porta 45 milioni di franchi, il costo delle misure approvate per il 2025 sarà di circa 30 milioni. Si tratta quindi di 15 milioni recuperati, per l’anno prossimo».

Carobbio: ‘Non sia un lasciapass­are a ulteriori sgravi’

Ma siamo appena all’inizio, e il confronto anche all’interno del governo sarà teso e serrato. «Questo sì alla riforma fiscale non deve essere un lasciapass­are né per ulteriori sgravi fiscali, né per risanare agendo solo sulla spesa e quindi tagliare su servizi e prestazion­i indispensa­bili per la popolazion­e, il servizio pubblico, la scuola e la socialità». Commenta infatti così a ‘laRegione’ la direttrice del Dipartimen­to educazione, cultura e sport Marina Carobbio. Certo, «la situazione, la conosciamo e non vuol dire che non si debbano adottare misure di risparmio: anche come Decs le stiamo facendo». Ma Carobbio scandisce che «ci sono dei confini che non vanno oltrepassa­ti, non possiamo mettere a rischio una formazione di qualità, inclusiva e presa a modello dal resto della Svizzera con la conseguenz­a di ipotecare anche le pari opportunit­à per allieve e allievi». Carobbio era nel comitato dei proponenti dell’iniziativa federale per fissare i premi a massimo il 10% del reddito imponibile, e interpella­ta anche su questo tema si dichiara «delusa» per la bocciatura popolare a livello federale. Perché «di fronte al continuo aumento dei premi di cassa malati e alla diminuzion­e importante del potere d’acquisto dovuta anche a questa impennata dei costi della salute, un tetto massimo per i premi avrebbe aiutato». Ma in Ticino è stata tutt’altra musica, con il sì a vincere a larga maggioranz­a. Da qui riparte Carobbio, per sostenere che «è un risultato molto chiaro, da sottolinea­re, e deve far riflettere sul fatto che la popolazion­e ticinese ritiene che non solo il peso dei premi sia insopporta­bile, ma che oggi politicame­nte sarebbe sbagliato inserire nelle misure di risparmio un taglio ai sussidi di cassa malati».

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Partecipaz­ione al voto 49,3%
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DATI: CONSIGLIO DI STATO/FOTO TI-PRESS/INFOGRAFIC­A LAREGIONE
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