Cerotto senza medicazione
Non erano certo il rimedio ai mali del sistema. Ma per quanto imperfette, le iniziative popolari per limitare l’onere ai premi di cassa malati (Ps) e per un freno ai costi della salute (Centro) avrebbero quantomeno aiutato a medicare le sue ferite più purulenti: una spesa sanitaria che continua ad aumentare a ritmo sostenuto, anche per effetto di un’offerta pletorica; e il suo costo sociale, ovvero l’onere eccessivo che i premi rappresentano nel bilancio di troppe economie domestiche, in particolare di quelle della fascia inferiore del ceto medio. Alle proposte di Ps e Centro, incapaci di accordarsi su un sostegno reciproco che avrebbe giovato a entrambe, la maggioranza dei votanti ha preferito l’ennesimo cerotto.
Il Paese più ricco al mondo resterà dunque allo stesso tempo quello più asociale dell’Ocse per quanto riguarda il finanziamento della sanità. Premi dell’assicurazione di base (Lamal), franchigia, partecipazione ai costi, prestazioni non coperte dall’assicurazione di base (le cure dentarie): da nessun’altra parte i cittadini pagano tanto di tasca propria per curarsi. A metà degli anni 90, quando venne introdotta l’assicurazione malattie obbligatoria, il Consiglio federale promise che nessuna economia domestica avrebbe dovuto consacrare più dell’8% del reddito disponibile al pagamento dei premi, più che raddoppiati da allora. Nel 2020 eravamo già al 14% in media (sussidi inclusi). La situazione non farà che peggiorare: perché i costi della salute continueranno ad aumentare, più dei salari e delle rendite pensionistiche. Salirà quindi anche la percentuale (stimata tra il 15% e il 20%) di coloro che rinunceranno – per ragioni finanziarie o di altro tipo – alle visite mediche, o le diraderanno.