Bruges, quando il mare ti regala (e poi ti toglie) ricchezza e bellezza
Tappa 33 Turistica (quasi) quanto Venezia, Bruges costituisce indubbiamente una delle meraviglie dell’epoca medievale. La città è il capolinea ideale del nostro viaggio che in 33 tappe ci ha portati dalla città di San Francesco a quella a cui sono associati i nomi di Jan van Eyck e dei grandi pittori fiamminghi. Ai tempi inglobata nel regno di Borgogna, una sorta di capitale commerciale e finanziaria d’Europa. Gand – Bruges
Se fossimo a l Tour de France questa sarebbe la passerella f inale verso g li Champs Elysées. Ci sono tutti g li ingredienti: un lungo percorso, il nostro, di oltre 2’300 chilometri (3’500 per il Tour) con 33 tappe quotidiane da città a città (il Tour si ferma a 21). Non è stata una Grande Boucle, ma un attraversamento lineare dell’Europa dall’Umbria al Mare del Nord. Il filo conduttore del Medioevo ci ha fatto scoprire affascinanti città, ammirare tesori artistici straordinari, percorrere pianure infinite, costeggiare fiumi e canali, superare catene montuose come Appennini, Alpi, Giura e Ardenne ed eccoci qua all’ultima tappa con un misto di gioia, ma anche di tristezza perché l’avventura è finita e non ci sarà più un domani. Intanto oggi c’è Bruges. Non sarà Parigi, ma nel 1200 era così potente e famosa da venir citata anche da Dante nella ‘Divina Commedia’ (Inferno XV). Da una ventina d’anni accoglie la spettacolare partenza del Giro delle Fiandre sotto la sua altissima torre campanaria, il Beffroi, nella Grote Markt, in una cornice incredibile di folla competente e festante. Nessuna altra corsa al mondo offre uno scenario simile, da pelle d’oca. È talmente bella, Bruges, da essere diventata una delle città con il più alto numero di turisti in rapporto ai suoi abitanti, ma tutte le sue meraviglie sono ancora lì intatte. È la magia delle Fiandre, straordinariamente coinvolgente quando la si vive in bicicletta. Usciamo da Gand zigzagando tra il suo intreccio di bei palazzi a graticcio che si specchiano sui numerosi corsi d’acqua, lungo i quali si svolge la sua animata vita notturna. Lo scenario è teatrale, ma non ci si può sbagliare. Le piste ciclabili ci dirigono prima verso il Verbindingskanaal che arriva dal porto fluviale e funge da collegamento con quello più grande diretto al Mare del Nord, il Canale Gand-Bruges. Lo raggiungiamo al km 14 e non l’abbandoneremo fino a Bruges. Di fianco c’è la sua bella striscia di asfalto senza automobili, perfetta per le bici. Ci accompagnano solo lunghe e lente chiatte per il trasporto merci e in senso contrario molti ciclisti con borsa a tracolla in sella a veloci bici elettriche: sono i pendolari che si recano a Gand. Il paesaggio piatto e monotono e il cielo grigio sembrano far riecheggiare la voce roca e triste di Jacques Brel quando ci cantava del suo odiato e amato Plat Pays: “Un cielo così basso che un canale ci si è perso, così grigio che bisogna perdonarlo… sentite come scricchiola al vento del Nord”. Il paesaggio non offre molto di più, quindi acceleriamo per goderci Bruges, pronti a non gustarci un pranzo indimenticabile, il prezzo da pagare in una città altamente turistica. Una decina di chilometri prima di Bruges, qualcosa da visitare ci sarebbe: un castello immerso in un parco dove spicca un capriccioso labirinto verde: è il castello di Loppem. Dicono che sia la sintesi del sogno del barone Charles van Caloen, ispirato al Medioevo, ma totalmente ricostruito nell’800, ma Bruges ormai è vicinissima. Ci fiondiamo subito nella caotica, ma sempre a ffascinante Grote Markt. In mezzo a l quadrilatero è stata issata una grande tribuna metallica per una manifestazione. È provvisoria, cerchiamo di immaginarla vuota: rimane unica e splendida.
Bruges, la bella addormentata
L’immagine tramandata dal poeta e storico borgognone del Quattrocento Olivier de la Marche immortala una piazza in festa dove zampillano fontane di vino bianco e rosso, dove sfilano davanti alla coppia di sposi innumerevoli delegazioni e mercanti stranieri, spagnoli, veneziani, genovesi, francesi, mediorientali. A convolare a nozze, in quel mese di luglio del 1468 d.C., erano Margherita di York, sorella del re inglese Edoardo IV, e Carlo il Temerario, duca di Borgogna, il sovrano più potente dell’Occidente in quell’“autunno medievale”. Nozze celebrate dapprima a Damme, avamposto portuale di Bruges, e poi festa all’insegna dell’opulenza nel Markt, la splendida piazza del mercato sulla quale ancor oggi svetta con i suoi 83 metri d’altezza l’impressionante Beffroi, la torre civica, simbolo del potere di quella che fu tra il Trecento e il Quattrocento una sorta di capitale commerciale e finanziaria europea. 38 anni prima, in quella stessa Bruges, venne celebrato il matrimonio dei genitori del Temerario, Isabella del Portogallo e Filippo il Buono, pure lui duca di Borgogna. Non si trovava di certo casualmente in questa città nordica: fu lui a far costruire i l palazzo ducale del Prinsenhof, emblema del potere del casato borgognone che dal matrimonio di suo nonno Filippo l’Ardito con Margherita di Fiandra nel 1369 d.C. aveva messo le mani sulla più ricca area dell’Europa settentrionale. In realtà i duchi di Borgogna, ben più spesso che a Digione soggiornavano a Bruges, Gand, Lilla o Bruxelles. L’ascesa e il declino di una delle più ricche città europee del Basso Medioevo hanno un protagonista: il mare. Una storia molto singolare, che inizia con un maremoto. Siamo nel 1134, la tempesta scava un braccio di mare (lo Zwin) che collega il borgo con la costa. Un regalo con cui la natura offrirà a Bruges secoli di ricchezza e successo. Bruges diventa il punto nevralgico di incontro tra Baltico, Mare del Nord e Mediterraneo. Nella taverna della famiglia Van der Beurze si scambiano le monete, e quel mercato dei cambi assumerà presto internazionalmente il nome degli anfitrioni. Siamo nel 1409, Bruges è già la città più ricca d’Europa. Tra i nuovi arrivati spiccano i coniugi Arnolfini. Un nome che entra nella storia dell’arte. Sarà un pittore di Bruges, uno dei maggiori artisti del Quattrocento, Jan van Eyck (che nella precedente tappa ci ha lasciati senza fiato davanti al suo capolavoro la ‘Adorazione dell’Agnello Mistico’) a tramandare ai posteri, con una raffinatezza fino a lì mai raggiunta, il ritratto dei due lucchesi, una delle prime opere e certamente una delle più riuscite che ritraeva privati cittadini, non sovrani o scene di stampo religioso. Un periodo d’oro che si stempera fino a scomparire, quando l’insabbiatura dello Zwin copre il braccio di mare allontanando Bruges dalla costa e dal commercio marittimo. La natura questa volta è ingrata. La parabola si consuma sull’arco di poco più di tre secoli. Siamo nel 1468, l’età aurea è quasi alla fine, fra qualche anno Carlo il Temerario pagherà con la vita a Nancy la spavalderia con la quale se la prende con g li svizzeri (alleati alle t ruppe della Lorena) i quali g ià lo avevano umiliato a Grandson e Morat. Bruges perde la sua ricchezza ma non la sua bellezza: è il capolinea del nostro viaggio, nelle ultime tappe della nostra lunga pedalata medievale ci ha raggiunti anche Lucia. Con lei ci auto-immortaliamo proprio sotto il Beffroi; un paio di selfie e poi ci fiondiamo sulla cima della torre. Dopo quasi 400 scalini si può sfiorare con mano il gigantesco carillon di 27 tonnellate, composto da 47 campane e da un imponente rullo, una sorta di monumentale pianola, che fa risuonare regolarmente le sue melodie, a Bruges e forse più lontano, molto più lontano, lungo la storia di questo viaggio nel passato: la nostra Storia.