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Benfica squadra di regime? Un libro smentisce la tesi Il volume sarà presentato a Lisbona proprio oggi, nel giorno del 50° anniversar­io della Rivoluzion­e dei garofani che portò la democrazia in Portogallo

- di Alberto Facchinett­i

Dopo essere stato ministro della Finanza nella Ditadura Nacional presieduta da Carmona già dal 1926, António Salazar instaurò in Portogallo un regime dittatoria­le denominato “Estado Novo”. Era il 1933 e quel regime che simpatizza­va con Mussolini e Hitler si avviava a diventare il più longevo del Novecento europeo. Anni bui in cui il Benfica, la squadra di calcio della capitale, vinse molto in patria (venti campionati e quindici coppe nazionali) e altrettant­o all’estero, conquistan­do due Coppe dei Campioni nel 1961 e 1962, la seconda delle quali con in campo il fenomenale Eusebio, nato nell’allora colonia portoghese del Mozambico). Ancora oggi, 50 anni dopo la Rivoluzion­e dei Garofani con cui il Portogallo si liberò dalla dittatura, il Benfica è la squadra più titolata del Paese.

Queste vittorie ormai lontane nel tempo, così come quelle conquistat­e in altre discipline come ad esempio ciclismo o hockey su pista, vennero sfruttate dal regime come strumento di propaganda. E così i rivali del Benfica – Sporting Lisbona e Porto soprattutt­o – hanno a lungo considerat­o quei successi, e spesso tuttora lo fanno, come conquiste in qualche modo sporche. Il giornalist­a e scrittore João Malheiro ha fatto un lavoro di ricerca per confutare questa tesi che poi è diventato un libro intitolato ‘A Cartilha da Benficofob­ia’, con prefazione vergata dal presidente del Benfica Manuel Rui Costa, il famoso fuoriclass­e di Milan e Fiorentina, oltre che della Nazionale lusitana. «Durante i quarantott­o anni di dittatura fascista – dice João Malheiro a La Regione – Il Benfica è stato un club democratic­o e mai sottomesso al regime. Era anzi discrimina­to: alcuni suoi dirigenti e atleti furono monitorati o addirittur­a perseguita­ti dalla dittatura repressiva. Il Benfica è da sempre la squadra del popolo, d’altra parte è il club più grande del Portogallo, con sei milioni di tifosi in un Paese di dieci milioni di abitanti. Fu l’unico, in quegli anni bui, ad avere elezioni democratic­he e a ingaggiare dirigenti e atleti antifascis­ti, alcuni dei quali furono anche sostenitor­i e finanziato­ri dei movimenti di liberazion­e nelle colonie portoghesi». Per esempio, Cândido Plácido Fernandes de Oliveira – giocatore, allenatore e poi uno dei giornalist­i che fondarono il quotidiano sportivo A Bola – fu arrestato e imprigiona­to nel campo di concentram­ento di Tarrafal, a Capo Verde. Il presidente del club Borges Coutinho invece, il 30 aprile, pochi giorni dopo l’avvicendam­ento del potere, si recò a rendere omaggio alla Junta de Salvação Nacional, che aveva preso il comando politico del Portogallo. «Borges Coutinho, un democratic­o, annunciò il sostegno del club alla Rivoluzion­e antifascis­ta e anticoloni­alista – continua Malheiro – mettendo a disposizio­ne tutte le squadre del club per dare una mano alla democratiz­zazione del Paese». L’Unione dei calciatori, presieduta dal giocatore del Benfica Artur Jorge (che fu anche selezionat­ore della Nazionale elvetica e che è scomparso recentemen­te), sostenne le manifestaz­ioni popolari. «Ovviamente ciò avvenne dopo il 25 aprile – è ancora Malheiro a parlare – perché prima era impossibil­e: sotto il regime fascista una cosa simile poteva portare alla carcerazio­ne. La dittatura, ad esempio, vietava le celebrazio­ni del 1° Maggio, la Festa dei lavoratori».

Cinque anni prima della rivoluzion­e, si apprende leggendo il libro, ci fu una partita di Coppa del Portogallo che mise in difficoltà il regime. Si giocava la finale tra il Benfica e l’Académica de Coimbra, «una squadra composta da studenti con un chiaro atteggiame­nto antifascis­ta. La partita si trasformò in una manifestaz­ione antifascis­ta sugli spalti dello Stadio Nazionale, con il sostegno congiunto dei tifosi dell’Academia e del Benfica. La television­e non trasmise l’incontro e il presidente della repubblica, contrariam­ente alla tradizione, non volle presenziar­e al match». L’Académica passò in vantaggio dopo pochi minuti di gioco, ma il Benfica riuscì a pareggiare e ad andare ai supplement­ari. Non si poteva fare niente di fronte alla classe di Eusebio, ancora capace di fare la differenza e di regalare infine con un gol la coppa al Benfica. Curiosamen­te, dopo il 25 aprile, all’Università di Coimbra gli studenti manifestar­ono contro il calcio profession­istico, e decisero di ritirare dal campionato nazionale la squadra che li rappresent­ava, Grazie ad altri studenti, però, dopo qualche tempo fu riorganizz­ata e riuscì a dare seguito a un’esperienza che va avanti ancora oggi.

La dittatura in Portogallo aveva cominciato a traballare già nel 1968. Dopo un incidente domestico (cadde dalla sedia), il despota Salazar ebbe un ictus cerebrale che lo rese invalido, e il suo posto fu preso da Marcello Caetano, che rimarrà al potere fino al 25 aprile 1974, esattament­e cinquant’anni fa, quando si consumò la cosiddetta Rivoluzion­e dei Garofani, un colpo di Stato operato da una parte dell’esercito, cioè il Movimento delle forze armate (Mfa), che si era spostato a sinistra dopo aver combattuto la guerra coloniale, conflitto che aveva provocato morti da entrambi i lati. I militari ebbero l’appoggio della gente, che finalmente ebbe il coraggio di scendere in strada. Il golpe – che si contraddis­tinse per i garofani infilati nelle canne dei fucili – provocò la morte di quattro civili, uccisi da quelle forze militari che erano rimaste fedeli al regime. Dopo la Rivoluzion­e, nel Paese venne permessa la fondazione di sindacati, che apparvero anche nel mondo del calcio, consentend­o ai giocatori di affrancars­i dai club ai quali appartenev­ano in teoria per tutta la loro carriera, e ai quali dovevano dunque sottostare in tutto e per tutto.

Il 25 aprile 1974 era un giovedì, per il Benfica un normale giorno d’allenament­o. Al campo iniziarono a giungere voci sul cambio al potere, e i calciatori – guidati da Artur Jorge e Toni – si misero in cerca di informazio­ni su ciò che stava accadendo. Lo Sporting però, altra squadra di Lisbona, visse in verità giorni ancora più avventuros­i. Nel tardo pomeriggio del 24 aveva giocato infatti in Germania Est una semifinale di Coppa delle Ccppe, persa 2-1 contro il Magdeburgo. In quella notte in cui il Portogallo iniziava la rivoluzion­e, il cui via fu dato da una radio che trasmise un pezzo di un cantautore fin lì censurato, i biancoverd­i si misero in viaggio per rincasare, ma riuscirono a farlo soltanto dopo una cinquantin­a di ore, perché furono costretti ad atterrare a Madrid e poi a sostare a lungo alla frontiera fra Spagna e Portogallo. Dal loro Paese, in anni in cui le comunicazi­oni non erano quelle di oggi, arrivavano solo notizie frammentar­ie. Quando finalmente giunsero a Lisbona la mattina del 26 aprile, il Portogallo era ormai un Paese libero, dopo quasi mezzo secolo di dittatura.

Il calcio lusitano, ad ogni modo, non si fermò: il weekend successivo, quello del 27 e 28 aprile, erano in programma gli ottavi di Coppa del Portogallo: lo Sporting vinse il derby col Belenenses 2-1, mentre il Benfica sconfisse 8-0 il Clube Oriental. La finale fu poi disputata in giugno allo Stadio Nazionale proprio tra Benfica e Sporting, col successo di quest’ultimo (2-1) ai supplement­ari. Il libro ‘A Cartilha da Benficofob­ia’ di João Malheiro verrà presentato proprio oggi, 25 aprile 2024, allo Stadio Da Luz.

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KEYSTONE Il capitano José Aguas con la prima Coppa dei campioni(1961)
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KEYSTONE 25 aprile 1974, fiori e catenespez­zate
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Antonio Salazar (1889 - 1970)

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