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Julian Walker, il riposo del Guerriero

Dopo oltre 900 partite in carriera, il 37enne attaccante volta pagina. ‘Il mio futuro è nella finanza. Non avrei immaginato di restare così a lungo a Lugano’

- di Daniele Neri

Non è mancato un tributo speciale per Julian Walker, sabato mattina, al tradiziona­le saluto di fine stagione ai tifosi dell’Hc Lugano. Dopo che all’inizio del mese d’aprile il trentasett­enne bernese – il Guerriero, come spesso veniva simpaticam­ente chiamato – aveva comunicato a tutti la decisione di abbandonar­e l’attività agonistica, dopo ben undici stagioni in bianconero in cui è riuscito a colleziona­re 502 presenze con quella stessa maglia, condite da 129 punti, di cui sessanta reti, a conclusion­e di una carriera in cui è arrivato due volte in finale di campionato con il Lugano e persino una ai Mondiali con la Nazionale nell’edizione del 2013, che fruttò la prima di due storiche medaglie d’argento nel giro di pochi anni, sul ghiaccio del Globen di Stoccolma. «Come ci si sente dopo aver smesso? Bene, direi, anche perché non è certo una decisione che ho preso in questi giorni: si tratta di un pensiero che maturava da un po’ tempo – esordisce il possente attaccante formatosi nelle fila del Berna –. Penso che questo fosse il momento giusto per appendere i pattini al fatidico chiodo. Sono decisioni che si prendono con la testa, ascoltando però anche la pancia. Certo, avrei preferito chiudere la carriera in Piazza Riforma con un trofeo tra le mani, ma quello purtroppo è rimasto solo un sogno, un grande obiettivo che non ho mai potuto realizzare. Purtroppo, alla fine non sei tu che scegli come vanno le cose. Ripensando a ciò che ho vissuto posso comunque dire di aver vissuto un periodo certamente molto positivo e lascio l’hockey giocato con la fortuna di avere il corpo integro, salvo qualche ammaccatur­a».

Porterai senz’altro con te molti ricordi della tua parentesi a Lugano.

È così, ne sono successe di cose. Pensate che quando sono arrivato a Lugano io, all’interno della pista non c’era ancora il ristorante. Ho avuto la fortuna di conoscere tantissime persone dentro e fuori dal ghiaccio. E non posso nascondere che il ricordo dei tanti derby rimarrà indelebile nella mia mente.

Del resto, prima di arrivare a Lugano giocasti anche per l’Ambrì, oltre che per il Berna, il Basilea, l’Olten e il Ginevra Servette: 930 partite in National League non sono poche.

Sono sincero, quando sono arrivato a Lugano pensavo che in futuro sarei andato a giocare da qualche altra parte: non avrei mai immaginato di restare tanto a lungo. La Svizzera è piccola e nei posti in cui sono stato ho potuto vivere parentesi a volte lunghe, a volte invece più corte, ma posso dire di aver passato dappertutt­o bei momenti e sono molto grato a tutti per quello che ho potuto ricevere.

Le quattro stagioni ad Ambrì?

Anche di quell’esperienza posso soltanto parlare bene: ho conosciuto molte persone e con alcune di loro sono ancora in contatto, e sono cresciuto molto come giocatore. Poi ho capito per la prima volta cosa significa vivere un derby in Ticino: per uno che arriva da Berna è una cosa impensabil­e, una vera scoperta.

Tuttavia, in una carriera condita da 262 punti (112 reti e 150 assist) hai vissuto anche momenti non facili, come le due finali con il Lugano perse nel 2016 contro il Berna e, due anni dopo, contro lo Zurigo.

Si, però sono due storie completame­nte diverse. Contro quel Berna c’era poco da fare, perché gli Orsi erano più forti. Contro lo Zsc, invece, è stata una grandissim­a delusione. In gara sette, in casa nostra, eravamo tutti pronti per festeggiar­e: la squadra girava davvero molto bene ed è un peccato che alla fine sia mancata soltanto la ciliegina sulla torta.

E le novanta partite in Nazionale?

Non ricordavo che fossero così tante (ride ndr.). Di certo non avrei mai pensato di arrivare a certi numeri. Quella della maglia della Nazionale è un’emozione grandissim­a, sin da quando la indossi per la prima volta nelle selezioni giovanili: ogni volta che la indossi, ti senti fiero di farlo. E quell’argento di Stoccolma... C’è mancato pochissimo per creare un’incredibil­e sorpresa.

I tuoi rapporti con i tifosi com’erano?

Direi ottimi. Fanno parte del nostro sport, non potremo fare nulla senza di loro. Portano tante emozioni in pista, infatti spesso si dice che possono essere l’uomo in più. Per questo capisci che possono essere delusi quando la squadra fatica, ma posso confermare che da parte nostra, quando si va sul ghiaccio lo si fa con l’obiettivo di dare il massimo, spero di aver potuto regalare momenti felici e indimentic­abili al pubblico con le mie prestazion­i.

Il tuo futuro, invece?

Continuerò a seguire l’hockey naturalmen­te, ma lo farò dalle tribune. Non ho intenzione di chiudere una porta sul passato, ma direi che per il momento va bene così: adesso la mia nuova realtà è il mondo della finanza.

Chi vincerà il campionato quest’anno?

Direi lo Zurigo, senza pensarci troppo sù. Perché la loro è la squadra più completa. Poi nello sport potrà succedere di tutto e di più, ma alla fine della stagione vedo i Leoni con la coppa in mano.

Questo Lugano, dove arriverà?

Io spero vivamente che vada il più lontano possibile. In una postseason tutto diventa possibile: abbiamo già visto in passato che a spuntarla sono a volte squadre che magari non hanno il ‘roster’ più blasonato, ma quando si forma un gruppo che è compatto e ha della qualità, pur non essendo magari il più forte in assoluto, può diventare invincibil­e. E questo Lugano ha sia giocatori, sia il gruppo per arrivare fino in fondo.

Parola di Julian Walker, il Guerriero che lottava sempre fino all’ultimo secondo. E che mancherà a tutto l’hockey svizzero, non soltanto al Lugano.

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TI-PRESS/GIANINAZZI L’attaccante bernese ora è pronto all’inizio di una nuova sfida. ‘E sono felice di chiudere con un corpo integro, salvo qualche ammaccatur­a’
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