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La Cedu ravvisa ‘gravi lacune’ e condanna la Svizzera

Le Anziane per il clima vincono su tutta la linea a Strasburgo. La sentenza crea un precedente. Esultano sinistra e attivisti, irritati gli altri partiti

- di Stefano Guerra

Nel giorno in cui si viene a sapere che il mondo ha inanellato il decimo mese di fila più caldo di sempre, che i Paesi ricchi hanno investito – in barba alle promesse fatte dal G7 – 142 miliardi di dollari tra il 2020 e il 2022 in quelli poveri per sviluppare le energie fossili (gas, petrolio, carbone) e che in Svizzera è formalment­e riuscita l’iniziativa di Ps e Verdi per istituire un Fondo per il clima, da Strasburgo arriva la notizia di una sentenza che fa storia: la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), dando ragione su tutta la linea all’associazio­ne Anziane per il clima, condanna la Svizzera per violazione dei diritti umani in ambito ambientale. È la prima volta che la Cedu, che applica la Convenzion­e europea dei diritti dell’uomo, condanna uno Stato per non aver fatto abbastanza per mitigare gli effetti del cambiament­o climatico, legando la tutela dei diritti umani al rispetto degli obblighi ambientali. La sentenza rappresent­a qualcosa di «totalmente nuovo, una pagina che si apre: ci sarà un prima e un dopo questo verdetto», afferma Ra

phaël Mahaim, uno dei legali delle Anziane per il clima, che ‘laRegione’ ha raggiunto al telefono a Strasburgo (vedi l’intervista qui sotto). LaGrande Camera della Cedu ha ravvisato (con una maggioranz­a di 16 voti a uno) una violazione dell’articolo 8 della Convenzion­e europea dei diritti dell’uomo (diritto al rispetto della vita privata e familiare), così come (all’unanimità) una violazione dell’articolo 6 paragrafo 1 della stessa Convenzion­e (accesso ai tribunali). Anche solo il riconoscim­ento di quest’ultima sarebbe stata accolta con soddisfazi­one dalle ricorrenti. La Cedu però, per la sorpresa loro e di molti osservator­i, non si è limitata a questo. In una sentenza molto dettagliat­a su un caso considerat­o prioritari­o, i 17 giudici della Grande Camera hanno dato ragione anche nel merito alle Anziane per il clima.

‘Dovere primordial­e’ di uno Stato ‘Pertinenza’ dell’azione collettiva

La Corte afferma che l’articolo 8 sancisce il diritto a una protezione effettiva da parte delle autorità statali contro i gravi effetti negativi del cambiament­o climatico sulla vita, la salute, il benessere e la qualità della vita. Ne consegue – recita una nota della Cedu – il “dovere primordial­e” per uno Stato di “adottare, e di applicare concretame­nte, una regolament­azione e delle misure volte ad attenuare gli effetti attuali e futuri, potenzialm­ente irreversib­ili, del cambiament­o climatico”. La Svizzera non lo ha fatto. Nella Confederaz­ione questo processo ha conosciuto “gravi lacune”, in particolar­e “l’incapacità delle autorità di quantifica­re attraverso un bilancio del carbonio o in altro modo i limiti delle emissioni nazionali di gas a effetto serra”. Non solo. La Svizzera “non ha raggiunto i suoi obiettivi passati di riduzione delle emissioni di gas serra”: le sue autorità “non hanno agito in tempo utile e in maniera appropriat­a”. Sostenute da Greenpeace, le Anziane per il clima (circa 2’500 socie, età media 73 anni), hanno denunciato che, per via della loro età e del genere, sono particolar­mente vulnerabil­i alle ondate di caldo dovute ai cambiament­i climatici. La qualità della loro vita, così come la loro salute, sarebbero a rischio per il caldo eccessivo al punto da metterne a repentagli­o la vita. Nel 2020 il Tribunale federale aveva definitiva­mente respinto il ricorso presentato dall’associazio­ne, confermand­o in sostanza la tesi sviluppata dalle istanze precedenti: le donne anziane non sono più colpite di altri gruppi della popolazion­e dalle conseguenz­e del cambiament­o climatico.

Per la Cedu invece è inoppugnab­ile il fatto che siano “esposte a delle minacce o conseguenz­e nefaste specifiche”. Le autorità elvetiche “non hanno spiegato in modo convincent­e perché abbiano ritenuto che non ci fosse motivo di esaminare la fondatezza” del ricorso dell’associazio­ne. “Non hanno tenuto conto dei dati scientific­i incontesta­bili (...) e non hanno preso sul serio” le argomentaz­ioni delle Anziane per il clima. Quanto basta alla Corte (che ricorda “il ruolo chiave che le giurisdizi­oni nazionali rivestono nelle cause relative al cambiament­o climatico”) per ravvisare gli estremi di una violazione del diritto di accesso a un tribunale (articolo 6, paragrafo 1).

I giudici di Strasburgo ritengono peraltro “opportuno” (“tenuto conto della natura particolar­e del cambiament­o climatico, soggetto di preoccupaz­ione per l’umanità intera, e della necessità di favorire la ripartizio­ne intergener­azionale dello sforzo”) autorizzar­e un’associazio­ne ad adire le vie legali in quest’ambito: l’azione collettiva, quando si tratta di cambiament­o climatico, è di una “pertinenza particolar­e”, si legge nella nota. Da qui la decisione della Cedu di riconoscer­e la qualità di ‘vittima’ alle Anziane per il clima (non così alle quattro private cittadine, membri dell’associazio­ne, che pure hanno inoltrato ricorso alla Cedu ma che non sono state in grado di dimostrare che sono personalme­nte e direttamen­te toccate dall’azione o dall’inazione delle autorità).

La sentenza della Corte è vincolante e non appellabil­e. La Cedu, “vista la complessit­à e la natura delle questioni in gioco”, ha rinunciato a ordinare alla Svizzera l’adozione di misure specifiche. Ma il suo verdetto – la cui esecuzione sottostà al controllo da parte del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa – potrebbe comunque influenzar­e la legge e la giurisprud­enza dei tribunali nei 46 Stati membri dell’organizzaz­ione. Tanto più che la partita non è chiusa nemmeno sul piano internazio­nale. “La lotta per la giustizia climatica non si ferma a Strasburgo”, ha affermato Louise Fournier, avvocata di Greenpeace Internatio­nal, che ha sostenuto il team legale delle Anziane per il clima. L’Ong intende portare il caso alla Corte internazio­nale di giustizia dell’Aia.

Altri due ricorsi respinti

Sempre ieri, la Cedu ha per contro giudicato irricevibi­le il ricorso inoltrato dall’ex sindaco ecologista di Grande-Synthe (Francia), Damien Carême, che chiedeva di condannare il governo francese per inazione climatica. Identica la conclusion­e nel caso dei giovani portoghesi contro il loro Stato e altri 31 Paesi, tra cui l’Italia. Per quanto riguarda il caso francese, Carême non è stato riconosciu­to come vittima. E in entrambi i casi i ricorrenti non hanno esaurito le vie di ricorso nazionali prima di rivolgersi alla Cedu.

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KEYSTONE Esultano le copresiden­ti Anne Mahrer (sin.) e Rosmarie Wydler-Wälti (sotto con GretaThunb­erg)

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