Cambia la geografia del Mar Rosso
Andavano cauti loro, i Magi, / occhiuto era il viaggio / in avanti / o a ritroso? Procedendo / o tornando / ai luoghi / d'un’ignota profezia? / Sapevano e non sapevano / da sempre la doppiezza del cammino. / L’avvenire o l’avvenuto... / dove stava il punto? (Mario Luzi)
Una parte cospicua del seminario di Unicredit con gli imprenditori del ramo metalmeccanica di Confindustria ComoLeccoSondrio è stata dedicata al contesto energetico ed alla copertura dei rischi delle Commodities. È finita la crisi energetica? Quale l’impatto degli attentati sul Mar Rosso e scenderà ancora il prezzo di petrolio e gas? A queste domande ha risposto la relazione di Andrea Ronchi, specialista della materia in Unicredit. I timori addensatisi dopo un decennio di relativa calma sul fronte gas e petrolio, sono dovuti prima al Covid, poi alla guerra in Ucraina e oggi al problema geopolitico relativo agli attentati nel passaggio delle navi dal Mar Rosso. Il tutto comunque è determinato dall’eccessiva dipendenza dell’Europa dalle forniture russe. Successivamente alla guerra in Ucraina è così iniziata una forte politica di diversificazione delle fonti che ha implicato prima di tutto una forte riduzione della domanda, grazie anche agli inverni con temperature favorevoli che si sono succeduti in Europa e poi ad una compensazione delle forniture dal nord Europa, dai Paesi del Nord Africa e soprattutto dalle navi di gas liquido in provenienza dagli USA. Con il calo dei prezzi che successivamente si è registrato si è comunque visto che la domanda non ha ancora raggiunto i livelli pre Covid: siamo ancora notevolmente al di sotto, specie in inverno, quando il consumo per il riscaldamento incide maggiormente sul flusso. Tanto per rendere un’idea, le importazioni energetiche della Francia sono calate del 19% e quelle della Germania di circa il 22%, senza mai infrangere i punti di riempimento delle scorte oltre il 30% (ora, ormai a fine inverno, siamo per lo stoccaggio ancora intorno al 50%). Adesso si aggiunge il problema degli attentati sul Mar Rosso, ma, come si vede dalla cartina che abbiamo posto a commento, l’Arabia Saudita sta organizzando percorsi diversi e firma concessioni su autostrade con camion e autobotti per non dover incrociare le pericolose rotte dello Yemen e congiungere in ogni modo il Golfo Persico al Mediterraneo senza timori. In sostanza si è diversificato l’approvvigionamento, anche se l’offerta marginale che determina il prezzo finale del gas è oggi quella di provenienza dagli Stati Uniti. Occorre dire in proposito che anche l’Asia assorbe le importazioni americane pagandole a un prezzo più alto di quanto avviene in Europa, ma la Cina in questo momento attraversa pure una debolezza congiunturale e dunque gli Stati Uniti sono costretti a praticare prezzi sui minimi. Con tutta la diversificazione e profittando delle favorevoli condizioni di mercato (la Cina non resterà sempre in panne), il prezzo del gas è oggi tornato a prezzi sostenibili, ma il rischio geopolitico non è per questo scemato. D’altra parte, commenta Ronchi, il petrolio del Medio Oriente verso l’Europa passa per il Mar Rosso in una proporzione che supera di poco il 10%, mentre il rincaro delle tariffe, noli e trasporti tocca molto più altre materie prime. Anche in questo caso si vede come in un’economia aperta i rischi sono interconnessi.