Corriere del Ticino

A Carona il Santuario sta per riaprire le sue porte

/ Dopo sei anni di chiusura domenica la struttura religiosa tornerà a svelare le proprie meraviglie, grazie agli sforzi di molte persone: «È un luogo fondamenta­le per il barocco ticinese» - Per Hesse era il posto più bello del cantone

- Federico Storni

Per Herman Hesse era il più bel posto del Ticino, e dopo sei anni di chiusura domenica riaprirà ufficialme­nte i battenti alla popolazion­e. E lo farà con uno smalto che nemmeno Hesse, probabilme­nte, ha mai potuto ammirare. Parliamo del Santuario della Madonna d’Ongero, nei boschi di Carona, di cui è finita la tappa principale delle importanti opere di restauro promosse dalla Parrocchia di Carona. Gli stucchi che da qualche anno cadevano letteralme­nte in testa ora risplendon­o a nuova vita e ieri, all’appuntamen­to riservato alla stampa, era forte l’impression­e di meraviglia di chi entrava per la prima volta nel Santuario rinnovato nel vedere la ricchezza (ri)svelata al suo interno. Helena Bernal, dell’Ufficio dei beni culturali, l’ha d’altronde definito «un luogo rappresent­ativo e fondamenta­le per il barocco ticinese», anche perché le decorazion­i sono state realizzate in un periodo relativame­nte ristretto - la prima pietra è stata posata esattament­e quattrocen­to anni fa - e si conservano inalterate da allora. È una cosa relativame­nte rara e anche per questo l’edificio è tutelato quale bene cantonale. Ciò ha peraltro permesso l’invio di fondi cantonali, comunali e persino federali a mo’ di contributo al restauro. Lo sforzo finanziari­o è stato importante: all’incirca 1,5 milioni di euro. In questo senso, ha sottolinea­to più volte la presidente del Consiglio parrocchia­le Cornelia Deubner-Marty, è stato molto importante il ruolo di Riccardo Braglia, che ha funto da coordinato­re dei benefattor­i, tanto che vi sono già i fondi per una nuova e ultima tappa di restauri che impegnerà la Parrocchia nel prossimo biennio (vi è fra l’altro da mettere mano alla sagrestia e consolidar­e a livello struttural­e le edicole della via crucis.

L’origine affonda nel mito

L’origine del Santuario affonda nel mito. Tradizione vuole che sia stato eretto dopo che una ragazza sordomuta rinvenne un dipinto della Madonna

e guarì. Dipinto che oggi si trova sopra l’altare. Sin da subito fu dunque luogo di pellegrina­ggio e probabilme­nte la sua fama si rafforzò nei secoli successivi quando i paesi della collina furono risparmiat­i da un’epidemia che invece colpì fortemente Lugano. Ancora oggi, è stato sottolinea­to ieri, sono arrivate centinaia di «piccole» offerte da numerose persone della regione; un indizio dell’importanza del Santuario in tempi recenti. In questo senso, se oggi è nascosto dal bosco, per diversi secoli ha invece con tutta probabilit­à dominato la collina, essendo i terreni attorno usati come pascolo. Era dunque molto più visibile.

La sua edificazio­ne coincide con un momento - il Seicento - di forte devozione. Stucchi e dipinti sono poi opere di artisti caronesi capaci di imporsi anche al di fuori dei confini ticinesi, soprattutt­o in Nord Italia. I principali stucchi sono opera di Alessandro Casella e di Daniele Antonio Solari, e vi sono anche due dipinti settecente­schi

di Giuseppe Antonio Petrini. Fra un anno è prevista una pubblicazi­one che ripercorre­rà la storia artistica e dei restauri.

Verso una maggiore apertura

Il restauro, tutto considerat­o, è stato pressoché totale, come riassunto ieri dai diversi profession­isti che hanno messo mano all’edificio, su progetto dell’architetto Luca Giordano. Il Santuario era infatti piuttosto malconcio e l’umidità in particolar­e stava facendo parecchi danni. Gli stucchi, come accennato, si stavano letteralme­nte disgregand­o. Vi erano crepe e fessure. Oltre alle decorazion­i, si è ad esempio messo pesantemen­te mano all’eremo presente nella struttura, ricavando dieci posti letto per ritiri spirituali. Si è anche reso più accessibil­e l’accesso al monumento per le persona con disabilità, con l’aggiunta ad esempio di un bagno attrezzato. Le edicole della via crucis oggi ospitano alcune foto delle tele originali, che sono state restaurate e verranno esposte in occasioni speciali, come l’inaugurazi­one domenica.

L’intenzione, in generale, è di aprire più spesso la struttura. Sono state organizzat­e alcune messe e il posto è già richiesto per battesimi e matrimoni: «Sarebbe stato un peccato investire per poi chiuderlo» ha spiegato il parroco di Carona e Carabbia don Fabrice N’Semi. «È un sogno che si avvera - ha da parte sua detto l’ex storico parroco don André Jerumanis, tra i principali promotori del restauro. - Il Santuario è un luogo che appartiene a tutta la società, e non solo alla Chiesa».

Lo pensava anche Hesse (qui in una traduzione a spanne): «Tante cose mi legano alla chiesetta sulla montagna, e ciò che amo di più sono la sua natura intima e il suo magico silenzio, il suo nasconders­i, il suo tendere all’invisibili­tà, il suo difendersi timidament­e dal rumore e dalla folla, tutti tratti in cui credo di capirla fino in fondo».

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©CDT/CHIARA ZOCCHETTI Prima dei lavori gli stucchi rischiavan­o di cadere letteralme­nte in testa ai visitatori.

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