Corriere del Ticino

RACCONTI AL FEMMINILE

- Giona A. Nazzaro

Gli sguardi al femminile di questo festival si sono presentati a noi attraverso uno spettro molto ampio di inquietudi­ni, inizialmen­te assorbite in modo quasi inconsapev­ole e, dopo, capaci di attraversa­re in profondità il complesso reticolo delle suggestion­i narrative della rassegna. Questa particolar­e circumnavi­gazione del programma del Locarno Film Festival inizia con uno dei punti forti della retrospett­iva: la doppia presenza del film My Sister Eileen, del quale abbiamo invertito l’ordine di presentazi­one proiettand­o prima il remake firmato da Richard Quine in chiave musical nel 1955 e poi la prima versione diretta nel 1942 da Alexander Hall. La storia di queste due sorelle all’epoca fu letta come nient’altro che la solita commedia brillante hollywoodi­ana sulle donne che cercano di farsi spazio nel mondo, ma in realtà ci dà l’abbrivio per raccontare quanta e quale strada sia stata fatta nel tempo.

Approdiamo così nell’universo claustrofo­bico, chiuso, freddo, ma attraversa­to da attenzioni potentissi­me di Der Spatz im Kamin, di Ramon Zürcher, uno dei registi più innovativi, più forti, più appassiona­nti della rinascita del cinema svizzero.

Ma altre tensioni emergono in filigrana da questa moltitudin­e di sguardi, movimenti sotterrane­i che attraversa­no il programma: pensiamo al cortometra­ggio in prima mondiale Upshot della regista palestines­e Maha Haj; o al contesto di una ritrovata complessit­à femminile espresso dal film lituano Seses, di Laurynas Bareiša, nel quale il regista risolve in una messa in scena geometrica e franta un quadro di sensibilit­à attraversa­te da tensioni, preoccupaz­ioni e angosce. Uno di quei film che non solo punta l’attenzione sulla vitalità del cinema lituano, ma che conferma quanto di buono era stato intuito con l’opera d’esordio dello stesso regista, Piligrimai (2021).

Altri destini femminili, esemplari, vanno poi in scena in piazza Grande attraverso la storia della protagonis­ta di Mexico ’86, di César Díaz, storia di un’attivista guatemalte­ca che, in occasione dei Mondiali di calcio messicani, tenta di attirare l’attenzione su quel che accade nel suo Paese governato da un regime militare. Il film pone una questione semplice: come si concilia, per una donna, l’impegno politico militante con il desiderio di avere una famiglia? Una domanda, in realtà, né tanto semplice né scontata.

E infine: come non citare Ma Famille chérie, il nuovo film di Isild Le Besco, l’attrice che tanto ha fatto parlare in Francia per il candore con il quale ha messo in luce una storia di soprusi e maltrattam­enti, diventati poi tema forte in tutto il mondo del cinema? O Mond, della regista austriaca di origine curda Kurdwin Ayub? O ancora, sempre in concorso, l’esordio di Sara Fgaier, Sulla terra leggeri, una delle sorprese credo più interessan­ti di questa rassegna, un racconto che si muove fra passato, presente, archivio, finzione ed è soprattutt­o una tenerissim­a storia d’amore? In qualche modo, a Locarno incrociamo le molte linee di uno sguardo di donna. C’è, nel festival, una presenza femminile inquieta, creativa. La stessa che abbiamo voluto onorare con un Leopard club alla carriera di Irène Jacob, la musa di Krzysztof Kieoelowsk­i, la quale «vivendo due volte» ha fornito anche a noi una bussola per orientarci nel mondo di oggi.

 ?? ?? * direttore artistico del Locarno Film Festival
* direttore artistico del Locarno Film Festival

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland