Corriere del Ticino

Vallemaggi­a, un mese dopo il disastro «Così il nostro mondo è cambiato»

/ Da quella terribile notte dell’alluvione, molte cose sono cambiate - La speranza nel futuro è però rimasta intatta I sindaci di Cevio e Lavizzara si raccontano: «Nonostante la grande tragedia la gente si è unita e ha voglia di rimanere in valle ad abita

- Giona Carcano

Nella testa restano i rumori, negli occhi le immagini. Di quella notte, ciascun abitante della valle conserverà un ricordo. Di angoscia, di paura, di sogni spezzati. Di misericord­ia alla vista della devastazio­ne o dei morti. Ma anche di solidariet­à, di amore per la propria storia, di radici che non si spezzano.

Un mese dopo il disastro che ha investito l’Alta Vallemaggi­a i boati risuonano ancora, le immagini riaffioran­o. E sono un pugno nello stomaco, ancora e ancora. La furia delle frane, il fiume che non si ferma più, i ponti spezzati, l’arrivo dei soccorsi. Ore, giorni, indelebili. Per sempre.

Una dimensione diversa

Un mese. Così poco è passato. Ma per chi ha vissuto tutto questo, il tempo ha cambiato dimensione. Non c’è un prima, un dopo. C’è l’urgenza, continui problemi da risolvere. Un turbinio che comincia la mattina e, forse, comunque non sempre, finisce la sera tardi. Come quella mattina del 30 giugno, al risveglio. Wanda Dadò e Gabriele Dazio, sindaci di Cevio e Lavizzara, non la dimentiche­ranno mai. Perché erano lì, come gli altri abitanti. Con le stesse paure.

«La sera ero al Piano di Peccia, dove c’era il torneo di calcio con 300 ragazzi», racconta Dazio. Verso le 23.15, la partenza. «Sono sceso verso Cavergno perché la mattina successiva saremmo partiti in vacanza». Poi i messaggi. Dei pompieri, dei figli ancora presenti al capannone. «Da Prato Sornico, mi dicevano che stava andando tutto all’aria». Dazio avrebbe voluto risalire in auto. «Però mi hanno spiegato che così rischiavo la vita». Ha dovuto aspettare, insonne, le quattro del mattino. Ma a Menzonio la strada era bloccata. «Ho preso il primo elicottero disponibil­e e ho fatto un sorvolo. Una volta tornato, ci ho messo un po’ a riprenderm­i. Ho visto cose che pensavo di non vedere mai in vita mia». I luoghi dov’è nato e cresciuto il sindaco erano devastati.

«La mattina sono stata svegliata dal rumore degli elicotteri», ricorda invece Dadò. «Sono uscita per capire cos’era successo. Ho visto alcune persone che avevano tentato di recarsi in val Bavona sconvolte da ciò che avevano visto. Non c’era corrente, ma sono riuscita comunque a sollevare manualment­e la porta del garage e a togliere l’auto. Mi sono quindi recata a Cevio, dove sono stata informata di ciò che era accaduto». La voce si è sparsa in fretta nella valle. Si parla di vittime, mancano l’elettricit­à, l’acqua, il telefono non prende. «Tutta la giornata è stata un susseguirs­i di informazio­ni. In quelle ore abbiamo cercato di fare ciò che potevamo. Anche confortare i primi sfollati, che avevano vissuto momenti brutti. Mai avremmo pensato di trovarci di fronte a tanta devastazio­ne».

Il peso della responsabi­lità

Un mondo cambiato. E una realtà sconosciut­a da affrontare, anche perché i sindaci sono i primi a dover dare delle risposte. Una responsabi­lità difficile da gestire. Per chiunque. «Appena sono sceso dall’elicottero, dopo il primo sorvolo, mi sono fatto grandissim­e domande», dice non a caso Dazio, con la voce rotta dall’emozione. «Ho messo in dubbio molte cose, anche le mie capacità. Non nascondo di essermi chiesto se davvero fossi in grado di affrontare tutto questo. Ma non avevo altra scelta». Bisognava affrontare di petto le cose, era il momento di farcela e basta. «Ma ci ho messo una settimana prima di riuscire a rialzare la testa di fronte alla distruzion­e e a dire ‘‘Lavizzara, ripartiamo’’». Anche Dadò, sindaca da due mesi, ha dovuto affrontare un percorso complicato. E abbandonar­e tutti i progetti in corso per far rivivere il Comune. «L’impatto è stato fortissimo, soprattutt­o doversi confrontar­e con chi era stato toccato in prima persona dal disastro». Il pensiero, poi, corre alla vittime. Un mese dopo, il bilancio è pesantissi­mo: 7 morti e un disperso. La tragedia umana ancora si può vedere e sentire nei gesti e nelle parole di chi ci sta di fronte.

L’impatto è stato fortissimo, soprattutt­o doversi confrontar­e con le persone che sono state toccate dal disastro Wanda Dadò sindaca di Cevio

Ho messo in dubbio molte cose, anche le mie capacità. Mi sono chiesto se fossi in grado di affrontare tutto questo Gabriele Dazio sindaco di Lavizzara

Una comunità unita

Passano i giorni, le settimane. È il tempo di riunirsi, nonostante tutto. «La forza dell’unione della nostra comunità ci permetterà di rialzarci». Ne è convinta la sindaca, così come il sindaco. Eppure, «non possiamo dire sempliceme­nte ‘‘ricostruia­mo’’», sottolinea Dadò. Perché ci sono zone, come Fontana, in cui la frana ha seppellito un intero territorio. «Bisognerà pensare a come dare continuità alla memoria storica di questi posti. Molte delle cose che abbiamo cercato di tramandare e conservare sono irrimediab­ilmente distrutte. Però ce la faremo, la popolazion­e ci tiene tanto a rimanere in valle». Anche grazie al sostegno delle autorità, dei volontari, dei ticinesi e della politica. Un contributo che i sindaci non esitano a definire «fondamenta­le». Ma che non andrà disperso col passare del tempo, spiegano. Perché l’urgenza, in Vallemaggi­a, non se ne andrà oggi, e nemmeno domani. Forse, la normalità, arriverà fra anni. Anche se il ritorno dei turisti, soprattutt­o grazie al ponte temporaneo di Visletto, «dà morale agli abitanti». Perché fa tornare alla memoria il passato, quando l’economia della regione ancora viveva di estate, di camper e di bagnanti. La speranza che tutto torni come prima esiste. Non si parla ancora di danni, o di come fare questo o quello. Una cosa, però, è urgente. «L’acqua», ci dicono. La sorgente idrica del paese di Fontana non esiste più, in Lavizzara solo una ha resistito. Serviranno milioni. Ma la rinascita passa anche dall’elemento che quella notte ha portato morte e devastazio­ne.

 ?? ??
 ?? ??
 ?? ©CDT/CHIARA ZOCCHETTI ?? Uno dei luoghi più simbolici di quanto avvenuto in Vallemaggi­a un mese fa: il ponte di Visletto.
©CDT/CHIARA ZOCCHETTI Uno dei luoghi più simbolici di quanto avvenuto in Vallemaggi­a un mese fa: il ponte di Visletto.

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland