Corriere del Ticino

«Quando ho alzato lo sguardo l’auto mi stava venendo addosso»

/ Abbiamo incontrato la giovane investita sul marciapied­e nel grave incidente dello scorso aprile a Besso La sua gamba è stata salvata grazie a un miracolo medico – Il ricordo di quei momenti, la forza di reagire e il ritorno a camminare

- Valentina Coda

Le diciamo di prendere un bel respiro. Sarà il racconto più difficile della sua vita. D’altronde, abbiamo davanti la ragazza che lo scorso 26 aprile è stata investita sul marciapied­e nel grave incidente a Besso, davanti alla chiesa di San Nicolao. Una macchina le è venuta addosso. Il muro distrutto, la gamba destra pure. A 20 anni ha rischiato di perderla, e per qualche ora non ha più fatto parte di lei. Poi, un miracolo medico ha invertito un destino che agli occhi di molti sembrava già scritto.

Quella gamba, ora, è una costellazi­one di cicatrici. Sembrano disegni. I ricordi non sono sbiaditi: era cosciente al momento dell’incidente. Confusa sì, ma vigile fino all’arrivo dell’ambulanza.

Ha accettato di raccontarc­i la sua storia, che quel giorno era rimasta confinata fra le poche e aride righe di un comunicato stampa. La «notizia» oggi è un’altra: dopo soli due mesi e mezzo dall’incidente e una decina di operazioni, è tornata a camminare.

Stava andando a casa del papà

Incontriam­o Emily – che per raccontars­i ha deciso di prendere in prestito questo nome – sul terrazzo di una clinica di riabilitaz­ione. Le stampelle appoggiate al bordo del tavolo, le gambe protette da bende marroni. Prossimame­nte si sottoporrà all’ultimo programmat­o intervento d’innesto cutaneo. Le abbiamo portato una confezione di ciliegie: la prima volta che l’abbiamo conosciuta saranno durate sì e no dieci minuti.

Partiamo dall’inizio, da quel venerdì 26 aprile. «Ero appena scesa dal bus a Besso e stavo camminando verso casa di mio padre». Testa bassa, occhi sul cellulare. Saranno state le 13.30 o giù di lì. «Ho sentito un forte rumore, o forse era una sensazione, e alzando lo sguardo ho visto una macchina – guidata da una donna di 75 anni, ndr – arrivare verso di me. Non frontalmen­te, ma qualche metro più avanti. Ho fatto un paio di passi indietro. La traiettori­a dell’auto è cambiata nel momento

in cui la ruota ha colpito il marciapied­e, e mi è venuta addosso». Poi la confusione e un dolore lancinante. La soccorre un uomo. Più avanti, Emily verrà a sapere che era alla guida di un’altra auto coinvolta nel sinistro e che nell’impatto si era rotto un braccio. «Si è tolto la cintura dei pantaloni, me l’ha stretta attorno alla gamba destra a mo’ di laccio emostatico e mi teneva la mano». Insieme a lui anche una donna: un medico in pausa pranzo. La ragazza perde i sensi all’arrivo dell’ambulanza. «Mi sono svegliata la mattina dopo in cure intense all’ospedale Civico: mi hanno raccontato che sono stata operata d’urgenza e che la gamba destra, da sotto il ginocchio, non c’era più quando sono arrivata». Un miracolo medico ha permesso di rimettere tutto al suo posto. Ossa, nervi, tendini e muscoli. Un risultato per nulla scontato.

Sotto i ferri una decina di volte

Intanto i noccioli delle ciliegie si sono moltiplica­ti. «Quando ho saputo cosa era successo, mi sembrava tutto surreale. Avevo una leggera ansia al pensiero di come sarebbe stato se i medici non ce l’avessero fatta, poi ho iniziato a sorprender­mi della mia stessa reazione: è come se avessi iniziato a vedere tutto in modo positivo, molto di più di quanto non facessi prima dell’incidente. Ora sono più estroversa e molto più legata alla mia famiglia. Cammino, faccio le scale e ho una voglia tremenda di tornare a farmi gli affari miei».

Sono passati solo due mesi e mezzo dall’incidente. Prima di tornare a camminare, è finita sotto i ferri una decina di volte in un mese. Parecchi interventi erano di pulizia. «Avevo frammenti di ossa sparsi per la gamba e sporcizia varia. Pure un batterio. Inizialmen­te le operazioni erano ogni due giorni. Ero distrutta. L’intervento più lungo, escluso il primo in cui mi hanno operato d’urgenza, è stato quando mi hanno tolto i ferri che avevo nella gamba per tenerla stabile, per inserirci placche e viti. È durato dieci ore».

Gratitudin­e e amarezza

Emily non ha mai avuto un contatto, né telefonico né fisico, con la 75.enne che l’ha investita. «Non l’ho mai sentita, però mi avrebbe fatto piacere ricevere delle scuse, o anche solo un ‘come stai’». Al contrario, recentemen­te ha scoperto il nome dell’uomo che si è preso cura di lei in quegli interminab­ili istanti prima dell’arrivo dell’ambulanza. Lo chiamerà per ringraziar­lo. C’è solo una cosa, in tutta questa storia, che l’ha fatta arrabbiare. E paradossal­mente, non è l’incidente. Nessuno ha chiamato i suoi familiari per avvisarli dell’accaduto. «Fortunatam­ente mio padre sapeva che sarei dovuta arrivare, e quando non mi ha visto si è preoccupat­o. Quando ho fatto il verbale, ho esplicitam­ente chiesto alla polizia come mai non fosse stato avvisato nessuno. Hanno ammesso che è stata una loro mancanza, che non c’è stata comunicazi­one con l’ospedale e si sono scusati». Adesso il peggio è passato. E le ciliegie sono finite venti righe fa.

Un automobili­sta si è tolto la cintura e me l’ha stretta attorno alla gamba anche se aveva un braccio rotto

La traiettori­a della macchina è cambiata quando la ruota ha colpito il marciapied­e

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© CDT Nell’incidente sono rimasti coinvolti cinque auto e due pedoni.

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