«Ci adoperiamo affinché alle vittime venga data un’identità»
/ Giancarlo Santacroce è responsabile della Scientifica della Polizia cantonale che, insieme alla Medicina Legale, si occupa dell’identificazione dei corpi
«Per noi è importante (ri)dare un’identità alla persona». A parlare è Giancarlo Santacroce, responsabile della Scientifica della Polizia cantonale ticinese. Che, insieme alla Medicina Legale, si è occupata dell’identificazione delle vittime del disastro in Alta Vallemaggia. «I miei collaboratori hanno fatto di tutto, malgrado le difficoltà, per svolgere il lavoro nel minor tempo possibile. Quei corpi appartenevano a persone che fino a pochissimo tempo prima erano vive, avevano sentimenti, affetti, amicizie. La loro vita è finita, in un evento estremamente tragico. Noi li rispettiamo e facciamo tutto il possibile affinché i familiari possano accoglierli nuovamente».
Il riconoscimento
Personale appositamente formato dell’Istituto di patologia – i preparatori – si prende cura dei defunti preparandoli, appunto, per il riconoscimento. «Sono fasi molto delicate. Si tratta di un lavoro difficile, che ci mette a confronto con la crudeltà degli eventi, con la forza estrema della natura che non solo ha tolto la vita a una persona, ma ne ha modificato i tratti somatici, cancellandone i segni distintivi che la rendevano unica», prosegue il commissario capo Santacroce.
Quando possibile, il riconoscimento avviene da parte di un familiare diretto o di due conoscenti, affiancati dal Care Team Ticino. «È il momento della presa di coscienza, si prende consapevolezza che il proprio caro non c’è più, a seguito di un evento per il quale il distacco è repentino e molto doloroso».
Ma non sempre questo è possibile. Si tratta di eventi estremamente traumatici, «e preferiamo che le persone ricordino il loro caro per com’era in vita, vogliamo evitare un’immagine cruenta e violenta, che andrebbe ad alimentare il trauma. Ci adoperiamo affinché questi corpi ritrovino un’identità e uno spazio all’interno della famiglia, della comunità, evitando di portare ulteriore dolore in una situazione già drammatica».
Metodi e tempistiche
Come detto, l’obiettivo è riconsegnare i defunti ai loro cari. Quando vengono recuperati, i corpi senza vita delle vittime vengono portati all’Istituto di medicina legale di Locarno. Lì vengono ispezionati da un’équipe composta da medici legali, preparatori e agenti della Scientifica.
Il dossier post mortem contiene tutte le informazioni necessarie all’identificazione: dati biometrici (impronte digitali), dati sanitari (eventuali protesi, malformazioni ossee) e dati genetici (DNA prelevato dai tessuti).
Nel caso in cui i dispersi siano cittadini svizzeri, è possibile ottenere un riconoscimento tramite impronte digitali nel giro di poche ore. Per l’identificazione si richiede infatti l’accesso ai dati del passaporto biometrico tramite autorizzazione di polizia. «Le nostre impronte digitali si formano nei primi mesi di sviluppo del feto. E rimangono inalterate, insieme a noi, anche dopo la morte. C’è qualcosa di mistico in questo. Nel nostro lavoro, ci aiutano a ridare un’identità a queste persone morte in un evento tragico e improvviso».
Se i dati non sono disponibili, il medico legale procede con l’analisi della cartella clinica del disperso, confrontandola con i dati della tac post mortem. Protesi, interventi chirurgici, malformazioni sono caratteristiche che consentono di giungere all’identificazione di una persona. Qualora si rendesse necessaria l’analisi del DNA, il confronto avviene (in questo ordine) con quello della madre, di figli, del padre o con quello di fratelli e sorelle. In assenza di parenti stretti, viene comparato con quello prelevato da oggetti personali. Il laboratorio di diagnostica molecolare di Lugano impiega mediamente dai due ai tre giorni per l’analisi. L’ultima possibilità è l’analisi odontologica forense (l’esame dei denti).
«La nostra speranza», conclude il commissario capo Santacroce, «è che tutti i dispersi vengano ritrovati e che le nostre conoscenze e il nostro sapere possano servire per riconsegnare queste persone ai loro cari. Hanno bisogno di uscire dal limbo in cui si trovano e di ritrovare un po’ di pace».