Corriere del Ticino

LA BCE RIMANDA LA DECISIONE A SETTEMBRE

- Generoso Chiaradonn­a

Decideremo di volta in volta in base ai dati. Era questo il punto fermo della politica monetaria della presidente della Banca centrale Christine Lagarde. Ebbene, uno dei dati fondamenta­li – quello sull’inflazione nell’Eurozona - a giugno su base annua è sceso ancora di una tacchetta, al 2,5%, avvinandos­i alla soglia obiettivo del 2% considerat­o il livello sotto il quale i prezzi sono mossi da una crescita dell’economia sana e non inflazioni­stica. Considerat­o con la velocità da bradipo con cui si sviluppa il PIL dell’Eurozona - nullo nel 2023 e al +0,8% stimato per quest’anno -, anche il +2,5% di aumento dell’indice generale dei prezzi è relativame­nte elevato. Come sempre dipende da come e da dove si guarda il mondo. Se pensiamo che l’Eurozona è formata da venti economie con una situazione dei conti pubblici, di inflazione e di crescita economica molto eterogenea, una sola politica monetaria può risultare anche una componente distorsiva. Pensiamo alla Germania che ha deficit e debito sotto controllo, ma una dinamica economica a dir poco rallentata: negativa (-0,3% l’anno scorso) e leggerment­e positiva prevista per quest’anno (+0,2%). L’inflazione è invece al 2,5% sull’anno. Sono gli ultimi dati forniti dal Ministero tedesco dell’economia. L’Italia, dal suo canto, ha una finanza pubblica fortemente in deficit e un debito pubblico enorme che sfiora i tremila miliardi di euro, superiore al 141% del PIL. La fiammata inflazioni­stica invece sembra essersi spenta, se è vero che a giugno, su dodici mesi, l’indice dei prezzi al consumo è rientrato nei ranghi, stando ai dati dell’Istituto nazionale di statistica, al +0,8%, la stessa percentual­e stimata per la crescita economica di quest’anno. E si potrebbe andare avanti prendendo spunto dagli altri Paesi dell’area euro. La Banca centrale europea tiene però conto dei dati aggregati e considera l’Eurozona come un’unica economia. Quindi, quando la presidente Christine Lagarde dice che si atterrà ai dati per decidere la politica monetaria, intende qualcosa che nella realtà macroecono­mica non esiste. In Europa non c’è nemmeno un’unica politica economica e fiscale. In ogni caso, la BCE dopo il minitaglio di 25 punti base ai tassi guida dello scorso giugno si è presa una pausa di riflession­e. I dati aggregati, del resto, consideran­do il punto di vista di Francofort­e, non permetteva­no altre scelte che mantenere fermi i tassi a un livello elevato. La decisione di un ulteriore allentamen­to è quindi rimandata a settembre quando dovrebbero essere più chiari gli scenari macroecono­mici. Nel frattempo, complice la stagione delle vacanze, i prezzi dei servizi stanno crescendo come pure le spinte per gli aumenti salariali. Il consiglio direttivo della BCE non vuole correre il rischio di dover ingranare la retromarci­a ristringen­do la leva monetaria. Sullo sfondo, a influenzar­e le scelte europee, c’è anche la situazione politica statuniten­se che potrebbe vedere il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e con lui un possibile cambio alla guida e di indirizzo della Federal Reserve.

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