Corriere del Ticino

Le banche dovrebbero poter fallire senza caos

/ Lo sostiene il CEO di JP Morgan Jamie Dimon che chiede più pragmatism­o e meno regole - Secondo il banchiere statuniten­se i regolatori dovrebbe concentrar­si sui rischi veramente importanti per la sicurezza del sistema - Ma anche una combinazio­ne di capit

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Anche alla luce del tracollo di Credit Suisse (CS) è necessario riesaminar­e l’intero settore bancario: ne è convinto Jamie Dimon, CEO di JP Morgan Chase, il più grande istituto finanziari­o al mondo, secondo cui le banche devono poter fallire.

Quando nel marzo 2023 crollò Credit Suisse, «ricordo che la gente usciva dall’ufficio dicendo che questo fosse un bene per JP Morgan e io rispondevo che non lo era», afferma il manager ormai da 20 anni alla testa della sua società in un’intervista pubblicata da L’Agefi». «La scomparsa del Credit Suisse e il collasso della Silicon Valley Bank, avvenuto poco prima, hanno messo in discussion­e la sicurezza e la solidità del settore bancario». Per CS «non sono sicuro che ci fossero molte opzioni», prosegue il dirigente. Questo perché un istituto di tali dimensioni ha bisogno di un’altra grande banca per gestire la situazione.

Lezioni da imparare

«Credo che ci siano molte lezioni da imparare», osserva il 68.enne. «Parliamo molto di governance, ma ritengo che la governance sia spesso fuorviante. Un consiglio di amministra­zione deve esaminare il modo in cui vengono testati i rischi. Non mi riferisco agli stress test, ma al modo in cui vengono applicati. Penso che ogni volta che si presenta un problema, sia essenziale un’analisi per determinar­e cosa deve essere cambiato. La Svizzera lo ha fatto decidendo che il capitale deve essere rafforzato oltre i requisiti di Basilea III».

Sul tema dei fondi propri il top manager statuniten­se è comunque scettico. «Una banca deve avere la giusta dotazione di capitale, naturalmen­te, ma la colpa delle crisi non è del capitale, bensì del modo in cui le banche sono state autorizzat­e

a usarlo. Un istituto deve inoltre disporre di liquidità sufficient­e a garantire la propria sicurezza. In questo modo, in caso di liquidazio­ne, non sarà il contribuen­te a pagare il conto. Il sistema bancario deve pagare per i suoi problemi».

Documenti incomprens­ibili

Ma si tratta di un approccio realista - chiede il giornalist­a della testata romanda - considerat­o che il piano di liquidazio­ne di JP Morgan comprende 80.000 pagine? «Dovremmo tutti concentrar­ci sui rischi veramente importanti per la sicurezza del sistema», risponde Dimon, che di recente è stato in Svizzera per celebrare i 60 anni di presenza del gruppo nel paese, con attualment­e circa mille dipendenti a Zurigo e Ginevra. «Ciò che funziona è una combinazio­ne di capitale proprio, capitale attivabile, obbligazio­ni AT1 e liquidità. Sono questi i punti che hanno la capacità di risolvere il problema».

«Credo sia giunto il momento di esaminare l’intero sistema e di porsi le domande giuste:

abbiamo bisogno di un sistema in cui le banche possano fallire», insiste il banchiere statuniten­se padre di tre figlie. «Certo, se dovesse accadere sarebbe uno shock, anche un grosso problema, come lo sarebbe per qualsiasi grande azienda, ma non scuoterebb­e il sistema finanziari­o globale. È fattibile? Sì, credo di sì, ma non nel modo in cui lo stiamo facendo, con strati di regolament­azione e capitale», conclude l’intervista­to.

Colosso globale

JP Morgan Chase è un colosso della finanza: nel solo secondo trimestre del 2024 ha contabiliz­zato ricavi per 51 miliardi di dollari (46 miliardi di franchi) e un utile netto di 18 miliardi. A titolo di confronto UBS (compresa CS) nel primo trimestre (i dati sul periodo aprile-giugno non sono ancora disponibil­i) ha messo a referto proventi per 13 miliardi di dollari (i libri contabili dell’istituto vengono tenuti nella valuta statuniten­se) e un profitto netto di quasi due miliardi.

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©AP/STEVEN SENNE Nel marzo del 2023 l’ipotesi di una crisi finanziari­a partì dalla Silicon Valley Bank.

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