Corriere del Ticino

LA CALDA ESTATE DELLA POLITICA AMERICANA

- Paride Pelli

Ne vedremo delle belle da qui al prossimo 5 novembre, giorno delle presidenzi­ali USA. Nelle ultime ore, Joe Biden ha rotto la brevissima tregua post attentato e ha ricomincia­to a fare campagna elettorale non direttamen­te contro Donald Trump (un po’ di delicatezz­a diplomatic­a è ancora necessaria) ma puntando l’obiettivo sul suo vice appena nominato, J.D. Vance. È la dura legge della politica americana, nella quale bisogna essere sempre in corsa per la vittoria, giocando d’attacco. Tuttavia la realtà per Biden appare complicata; negli stessi giorni in cui importanti donatori congelavan­o decine di milioni di dollari essenziali per la sua campagna, i fondi per Trump registrava­no un boom fino a 400 milioni. È solo un segnale tra tanti, ma forte. L’attentato in Pennsylvan­ia, poi, con le spettacola­ri immagini che ne sono scaturite, ha rilanciato prepotente­mente le quotazioni di Trump, vittima e combattent­e. Di contro, sono aumentati i dubbi, già molto presenti, sulle capacità di Biden di reggere la competizio­ne fino a novembre senza ulteriori scivoloni. La situazione attuale rischia di minare durevolmen­te i democratic­i, se non la stessa Washington come sede di potere mondiale. La soluzione, ça va sans dire, non è per nulla semplice. Biden (con la sua squadra) ha lavorato bene per quattro anni, risollevan­do l’economia e affrontand­o due guerre sanguinose in Ucraina e Israele, ma nonostante questo la sua riconferma per un secondo mandato sta diventando oggettivam­ente difficile da raggiunger­e. Non pochi, tra i suoi, hanno già chiesto al presidente in carica di ritirarsi «per inadeguate­zza»: un’eventualit­à forse da ieri meno remota, questa - che rappresent­erebbe un danno d’immagine di non poco conto per i dem, costretti tra l’altro a trovare in tempi record un sostituto non solo credibile, ma capace di ripartire da zero senza appoggiars­i troppo all’eredità del suo predecesso­re. Intanto, però, il già iconico pugno alzato e il grido «Fight!» del «tycoon» a Butler suonano come una sfida che il suo avversario potrà sì raccoglier­e ma più difficilme­nte vincere.

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