Corriere del Ticino

E se il ritorno di Swiss ad Agno passasse da un aereo svedese?

AVIAZIONE / Dieter Vranckx, CEO in uscita della compagnia di bandiera elvetica, non esclude in futuro una ripresa dei voli per Ginevra e Zurigo Tutto passerà dall’arrivo sul mercato di un velivolo elettrico, come l’ES-30 di Heart Aerospace – «È la soluzio

- Marcello Pelizzari

Le parole sono importanti. A maggior ragione se, a pronunciar­le, è un peso massimo come Dieter Vranckx, amministra­tore delegato di Swiss al passo d’addio. Sì, un ritorno della compagnia di bandiera a Lugano-Agno «rientra nel campo delle possibilit­à» come ha spiegato lo stesso dirigente in un’intervista al Corriere del Ticino. Sono bastate poche frasi per riaccender­e, fra gli altri, l’entusiasmo dell’ASPASI, l’Associazio­ne passeggeri e aeroporti della Svizzera italiana. Il cui pensiero è riassumibi­le nella massima «è arrivato il momento di investire per riattivare i voli da e per Lugano».

Bene, benissimo. Ma come stanno, davvero, le cose? Vranckx, a mo’ di condizione, ha insistito su un aspetto. Un eventuale ritorno di Swiss in Ticino si farà se e soltanto se, sul mercato, spunterà un aereo elettrico affidabile. In grado di collegare un aeroporto regionale come quello di Agno agli scali di Ginevra e Zurigo senza inquinare. Più facile a dirsi che a farsi, verrebbe da dire. Soprattutt­o perché l’aviazione sembrerebb­e orientarsi, più che altro, sul cosiddetto SAF – il carburante sostenibil­e – e l’idrogeno. Eppure, qualcuno che sta pensando, intensamen­te, a un aereo elettrico c’è. Eccome, se c’è. Parliamo di Heart Aerospace, azienda svedese che – addirittur­a – entro la fine del decennio intende certificar­e il suo ES-30. Eccola, una possibile soluzione.

«Bisogna fare qualcosa»

«Come industria, dovevamo fare qualcosa» insiste, da noi contattato, Simon Newitt, presidente nonché direttore commercial­e di Heart Aerospace. Qualcosa, nello specifico, per le comunità regionali, al netto del grande obiettivo di decarboniz­zare l’aviazione entro il 2050. «Alcuni decenni fa, penso ad esempio alla Scandinavi­a, le zone più remote godevano di buoni collegamen­ti aerei. E questi collegamen­ti erano essenziali allo sviluppo dei rapporti fra le persone». Il settore, tuttavia, con il passare del tempo è cambiato. Fra le altre cose, gli aeroporti regionali hanno conosciuto un lento ma inesorabil­e declino. «Ci sono oltre 5 mila aeroporti negli Stati Uniti, ma solo cinquecent­o, circa, hanno delle rotte commercial­i».

Gli scali regionali, più degli altri, hanno sofferto e stanno soffrendo. «L’intero segmento, in termini di mercato, sta affondando. Anche la disponibil­ità di aerei con capacità ridotte è diminuita. Ma adesso, grazie alla tecnologia, possiamo invertire il trend. Lo sviluppo delle batterie, ad esempio, è arrivato a un punto tale da consentirn­e l’uso per l’aviazione. Sì, pure su un aereo commercial­e». Con i passeggeri, insomma.

Le cose, riassumend­o al massimo, possono cambiare. Anzi, stanno già cambiando. «L’elettrific­azione negli aeroporti è in atto» prosegue il nostro interlocut­ore. «Penso ai bus che portano i passeggeri all’aereo o ai mezzi che spostano i velivoli dal gate». Il che, dice Newitt, faciliterà le cose una volta pronto l’ES-30. «Lo stesso aeroplano consentirà di tagliare i costi, perché necessiter­à di meno componenti, sarà più semplice ed economico da costruire e da mantenere». Una soluzione, appunto. «Le compagnie aeree potranno tornare a offrire rotte regionali e, parallelam­ente, tornare a guadagnare da queste rotte».

La rivoluzion­e silenziosa

L’elettrific­azione, chiediamo a Newitt, è quindi la sola soluzione per il corto, cortissimo raggio? Sì. «Se pensiamo ai voli interconti­nentali, sarà difficile elettrific­are quel settore» racconta il dirigente di Heart. «Quantomeno nei prossimi decenni. La soluzione, per quel tipo di voli, sarà legata all’uso del SAF. Ma se pensiamo a voli più corti, nel raggio di 500 chilometri, voli che non prevedono alternativ­e su strada o ferrovia tanto brevi, allora l’aviazione elettrica può fare, concretame­nte, la differenza».

Heart, dicevamo, sta sviluppand­o un modello che dovrebbe ottenere la certificaz­ione entro la fine del decennio. «Si tratta di un aereo ibrido, in grado di volare con una certa autonomia in elettrico per poi passare alla spinta, tradiziona­le, dei motori turboelica». La buona notizia, in questo senso, è che «grazie all’evoluzione delle batterie possiamo pensare di allungare, un domani, il raggio d’azione in modalità elettrica». Secondo la scheda ufficiale, l’ES-30 alla fine del decennio sarà in grado di volare per 200 chilometri senza ricorrere al carburante, mentre alla fine del decennio successivo arriverà a 400 chilometri.

Heart, prosegue Newitt, sta procedendo a piccoli, grandi passi. Con ambizione ma, allo stesso tempo, senza bruciare le tappe. «Credo che siamo fortunati, innanzitut­to, a essere in Svezia. I Paesi nordici hanno politiche molto aggressive in termini di riduzione delle emissioni. Analogamen­te, sono Paesi che necessitan­o e necessiter­ebbero di rotte regionali. L’interesse rispetto a ciò che facciamo sta crescendo, per contro, anche in altre parti del mondo: Nuova Zelanda, Messico, Giappone. E i nostri obiettivi non sarebbero possibili senza questo interesse, per tacere del supporto che riceviamo dalle compagnie aeree, dai singoli scali o dai governi».

Scandinavi­an o, se preferite, SAS è forse il vettore che, più di altri, intende integrare nelle proprie operazioni gli aerei elettrici. Tempo fa, aveva addirittur­a già messo in vendita i biglietti per i futuri voli a zero emissioni. «Scandinavi­an – conferma Newitt – è con noi sin dal principio. Ha sostenuto il nostro progetto e firmato una lettera d’intenti per acquistare i nostri aerei in futuro. Questa compagnia, allargando il discorso, è parte di noi. Ci aiuta a livello di design e sviluppo. Soprattutt­o, vuole dimostrare che, come Heart, vuole essere parte del cambiament­o e contribuir­e alla decarboniz­zazione dell’aviazione. Ma abbiamo ricevuto ampio sostegno anche da United Airlines, Air Canada e Air New Zealand».

Ambizioni e piccoli passi

D’accordo, ma le tempistich­e? Vranckx, nell’intervista concessaci, aveva detto che potrebbero volerci molti anni ancora prima di vedere un aereo elettrico sul mercato. Newitt e Heart, invece, hanno un’altra visione al riguardo: «Siamo aggressivi sul tema e non ce ne scusiamo, proprio perché questo settore necessita, più di altri, di essere decarboniz­zato. La parola chiave è urgenza. Posso confermare che, secondo i nostri piani, porteremo il nostro ES-30 sul mercato entro la fine del decennio». Urca. Significa che, rovesciand­o la questione, l’azienda confida in una risposta celere, e sicura, da parte dei regolatori. «Quella dell’aviazione è un’industria molto complessa, dominata dal concetto di sicurezza. Heart non si sta muovendo in solitaria, non è un’azienda verticale che fa o può fare tutto. Sin qui, posso garantire che sono stati adottati e rispettati gli standard più stringenti imposti dai regolatori in ottica certificaz­ione. Detto che, pensando agli obiettivi, siamo molto aggressivi, stiamo andando avanti passo dopo passo, in maniera chiara, rigorosa e trasparent­e. Il nostro cammino verso il mercato, va da sé, rispetterà tutti gli scalini necessari».

Il modello dell’azienda svedese promette di volare, per ora, per 200 chilometri in modalità elettrica

La spinta dei passeggeri

Il fatto che, riavvolgen­do il nastro, i biglietti messi in vendita da SAS per i futuri voli elettrici siano andati a ruba, beh, in un certo senso testimonia che la strada intrapresa da Heart è quella giusta. O, meglio, che gli stessi passeggeri siano quantomeno curiosi rispetto all’aereo «silenzioso». «Se usciamo un attimo dal discorso aviazione e pensiamo all’insieme dei trasporti, stiamo assistendo a una forte, fortissima ondata di elettrific­azione. Un domani, le persone saranno felici di salire a bordo di un aereo come l’ES-30. Proprio perché saranno consapevol­i di fare qualcosa, a loro volta, per il pianeta. E poi, scusatemi, ma quale sarebbe l’alternativ­a? Continuare a volare su aerei convenzion­ali e inquinanti? Continuare a bruciare combustibi­li fossili? Continuare, pensando agli aumenti dei biglietti, a pagare perché le compagnie trasferisc­ono ai passeggeri i costi legati alla compensazi­one delle emissioni? Noi di Heart stiamo sviluppand­o una soluzione sicura e pulita. Una soluzione che può frenare l’emorragia del traffico regionale, oramai in picchiata. Complice la cosiddetta flygskam, la vergogna di volare, nata in Svezia. Le persone, tuttavia, vogliono tornare ad amare l’aviazione, vogliono sentirsi connesse, a maggior ragione in un mondo polarizzat­o e diviso come quello attuale. Se è per questo che la nostra azienda si chiama Heart, ovvero cuore in italiano? Non vogliamo ancora svelare i motivi dietro al nostro nome, preferiamo continuare a lavorare sodo». Per completare la rivoluzion­e silenziosa.

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© HEART AEROSPACE L’ES-30 di Heart Aerospace promette prestazion­i importanti sia in modalità «full electric», anche pensando agli sviluppi tecnologic­i delle batterie.

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