Corriere del Ticino

Sarebbe meglio se si fosse guardato oltre

- Bedano

Nel libro della Genesi la Torre di Babele è la leggendari­a costruzion­e che avrebbe rappresent­ato una sfida verso Dio, la cui conseguenz­a fu la nascita delle diversità linguistic­he nel mondo e nessuno più riuscì a capirsi. In sintesi quello riportato su Wikipedia. Metaforica­mente è quello che sta succedendo alla nostra società, dove tutti blaterano a vanvera e nessuno riesce più a capirsi. Forse vi è già capitato di percorrere un sentiero parlando con qualcuno, oppure parlando da soli, immersi nelle vostre paturnie, guardando dove mettete i piedi, a non inciampare in una radice. Poi arriva quel giorno che, chissà perché, alzate lo sguardo e vedete un nuovo sentiero dove vi sembra di non essere mai stati. Vedete il percorso, gli alberi, scoprite che vi è un fiume, una grotta, una tana di chissà quale animale, sentite il profumo del muschio. Alzare lo sguardo e guardare oltre il proprio naso. Mi sembra di vivere a Babilonia dove vi sono esseri petulanti, egocentric­i che si credono i perfetti discesi sulla terra, del so-tutto-io, che non vedono le necessità di altri esseri umani accanto a loro, che devono alzare la voce per farsi sentire e per dire: «Héi, guarda che gá sun anca mí». Ognuno la interpreti poi come vuole, in fondo «I cá a i è fai da sass e tücc i gh’a ul só frecáss». Sulla Torre di Babele tutti si danno un gran daffare per arrivare al cielo, persi nel loro intento, nessuno collabora, e se si incrociano si guardano storto, non dicono nulla, ma il loro sguardo dice tutto: «Ma tu chi sei, cosa vuoi da me? Non rompere…». Ma toccare il cielo con un dito è ben altra cosa. Mi fanno compassion­e le militanti «Anziane per il clima». Arrampicar­si sulla Torre di Babele del clima senza cavare un ragno dal buco è perdita di tempo. Lo ha compreso perfino la piccola Greta, attivista non più teen-ager, ormai cresciuta ha capito che lottare per un ideale è solo per il proprio orgoglio e gratificaz­ione, e col tempo impari che la vita è una sola e passa molto velocement­e. Sarebbe stato meglio se avessero alzato lo sguardo dal proprio pensiero, svoltato l’angolo e guardato oltre.

«I noss vècc i gh’avress dii: ma nii a fá calzéta che l’è méi». Battute che al giorno d’oggi non si potrebbero più fare, ma solo perché nessuno lavora più a maglia! Senza voler offendere nessuno. Mauro Holtmann

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