Tre domande sulla politica di Locarno
Prendo spunto dal libro di Francesco Mismirigo intitolato «Un territorio assassinato». Negli anni Sessanta del secolo scorso, epoca di rapida trasformazione economica e sociale, il Canton Ticino elaborò un progetto di legge urbanistica per lottare contro la speculazione edilizia, disciplinare e pianificare il territorio e organizzare razional-mente gli insediamenti dopo che la legge sul raggruppamento dei terreni del 1949 aveva permesso di iniziare i lavori per risolvere il problema della grande frammentazione del territorio. Approvata dal Gran Consiglio nel 1968, fu respinta l’anno seguente, dopo una campagna referendaria accesa, durante la quale gli oppositori fecero leva sui timori di restrizioni alla proprietà privata e sul rischio di collettivizzazione del suolo.
Mismirigo evidenzia in modo chiaro le criticità che già erano state previste 60 anni or sono: la speculazione e la pianificazione. Spero che le critiche formulate dall’autore aiutino a capire l’importanza del problema e a non più ripetere gli stessi errori. La lettura del libro mi ha coinvolto e spinto a ragionare sulla politica della città di Locarno dopo l’affossamento della legge per la pianificazione del territorio e a porre le seguenti domande: 1) Chiedo ai politici di «nuova generazione», sindaco in primis, se hanno recepito il messaggio e se intendono contribuire in modo concreto a porre fine ad uno sviluppo sfrenato, all’abbrutimento e al massacro del territorio, pensando a chi lo abita e desidera quartieri vivibili (faccio riferimento alle ammucchiate di palazzi con pochissime aree verdi attorno, al problema delle isole di calore, al traffico veicolare lento, agli ostacoli per renderlo tale, eccetera).
2) A che punto sono i progetti in città (comparto ex Macello, ex Gas, Novartis e Schindler)?;
3) Il progetto «La Nouvelle belle époque», che ha già raccolto impressioni positive (vedi Corriere del Ticino) tarda a concretizzarsi: quali sono i motivi?
Giorgio Ortelli