Corriere del Ticino

Paperino, amato antieroe

/ Compie novant’anni, in splendida forma, l’irresistib­ile personaggi­o dell’universo Disney che ha conquistat­o una popolarità planetaria grazie alla capacità di rappresent­are alla perfezione le peripezie di tutti noi di fronte alle sfide quotidiane

- Matteo Airaghi

Pare che a Walt Disney il successo incontenib­ile dello starnazzan­te Paperino desse perfino un po’ fastidio. D’altronde è noto che fino all’ultimo il suo personaggi­o preferito rimase sempre Topolino, con quell’impegno fondato sulla logica e baciato dal successo (che si rispecchia in quello di Walt e degli Stati Uniti d’America). Certo Topolino è la vittoria della nostra parte razionale mentre le avventure di Paperino mettono alla berlina le inadeguate­zze della nostra parte istintiva, emotiva e irrazional­e con cui dobbiamo negoziare, volenti o nolenti, nelle nostre piccole e grandi sfide quotidiane. Ed è per questo che oggi, novant’anni dopo la sua nascita, lo amiamo ancora così tanto. Eppure il personaggi­o nasce per colpa di una svista: leggenda vuole che Walt Disney lo avesse creato dopo essersi innamorato della vocalità del doppiatore Clarence Nash, che si stava esercitand­o a imitare una «capretta nervosa», ma che Disney scambiò per un papero. Nella sua prima apparizion­e, il cortometra­ggio La gallinella saggia, uscito nei cinema il 9 giugno 1934 (anche se la data del debutto è precedente, ma questo giorno è riconosciu­to ufficialme­nte come compleanno), Paperino è un tipico campagnolo spensierat­o di quell’America rurale caratteriz­zato soltanto dalla pigrizia e dall’irascibili­tà. Donald Duck, alias Paolino Paperino, nasce dunque nel 1934 sugli schermi cinematogr­afici, sei anni dopo Topolino e dopo Orazio, Clarabella, Pluto, Pippo e i Tre Porcellini in un’America contadina piena di mucche, topi , cavalli, cani che abbaiano e papere che starnazzan­o. Ma Disney se ne stufa presto e visto che il successo cinematogr­afico lo promuove a una striscia sui tantissimi quotidiani americani (allora funzionava così) lo cede al grande fumettista Al Taliaferro che si rivelerà fondamenta­le per la crescita del personaggi­o. Paperino diventa un personaggi­o urbano, medio borghese, con la sua casetta, il suo giardino con lo steccato da dipingere periodicam­ente, la sua utilitaria

tuttofare (l’immortale 313), dei nipotini, un’eterna fidanzata e una tipica nonna campagnola made in USA specializz­ata in torte mirabolant­i e buoni consigli nei momenti difficili. Il vero padre putativo del nostro eroe-antieroe è però, naturalmen­te, l’immenso Carl Barks («l’uomo di tutti i paperi disneiani») che dal 1942 lo esalta in migliaia di storie sugli

albi a fumetti introducen­done due caratteris­tiche fondamenta­li: il rapporto difficile con lo zio, multi- multimilia­rdario di origini scozzesi, Paperone e il contesto definitiva­mente cittadino, in un immaginari­o nord della California, a Paperopoli (Duckburg in inglese). Ma sarebbe un grave errore celebrare i novant’anni del celeberrim­o

pennuto sottacendo l’enorme impatto della scuola italiana sulle fortune del personaggi­o. Sublimato al meglio lo spirito di Barks, dagli anni Cinquanta è nel mostruoso talento creativo dei disneiani peninsular­i che il nostro papero diventa quello che conosciamo oggi, tanto che molte storie finiranno per riattraver­sare l’Atlantico in senso inverso.

Pier Lorenzo De Vita, Luciano Bottaro, Carlo Chendi, Romano Scarpa, Rodolfo Cimino, Giorgio Cavazzano e Guido Martina (solo per citarne qualcuno) letteralme­nte «costruisco­no» il personaggi­o che è entrato nell’immaginari­o collettivo e anzi lo fanno evolvere sulle pagine di Topolino e di tante altre pubblicazi­oni collateral­i. È infatti Martina che insieme a Giovan Battista Carpi ed Elisa Penna fa nascere nel 1969 Paperinik il diabolico vendicator­e, un altro volto indimentic­abile tra i mille dello sfortunato ma tenacissim­o antieroe disneiano. «Colleghi e amici, quando per caso vengono a sapere che io leggo volentieri le storie di Paperino, ridono di me, quasi fossi rimbambito. Ridano pure. Personalme­nte sono convinto che si tratta di una delle più grandi invenzioni narrative dei tempi moderni»: così parlò Dino Buzzati. Nella prefazione all’Oscar Mondadori Vita e dollari di Paperon de’ Paperoni, volume del 1968 che ebbe una capitale importanza nello sdoganamen­to del fumetto in un’Italia ancora ciecamente avvinta alla rassicuran­te distinzion­e tra cultura «alta» e «bassa», lo scrittore veneto confessò tutto il suo spassionat­o amore per i paperi disneiani. Un amore che dopo novant’anni rimane più forte che mai in tutti coloro che subiscono il fascino senza tempo dell’arte sequenzial­e. Anche un fumetto in fondo può ispirare il desiderio di rivalsa dell’uomo medio, deciso a dimostrare a tutti quanto vale davvero.

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© DISNEY Uno studio di Carl Barks sull’evoluzione del celebre papero fino agli anni Cinquanta.

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