Atti sessuali sul figliastro Colpevole ma sarà scarcerato
/ L’imputato è stato condannato a una pena di 13 mesi di detenzione sospesi con la condizionale per due anni Il giudice Mauro Ermani: «Immaginava i rapporti con il ragazzo e li ha realizzati, mentre avrebbe dovuto invece fermarsi»
È stato riconosciuto colpevole di ripetuti atti sessuali con un fanciullo - il proprio figliastro minore di 16 anni - il 40.enne cittadino croato comparso ieri davanti alla Corte delle Assise criminali. E per questo è stato condannato a una pena detentiva di 13 mesi sospesi condizionalmente per un periodo di prova di 2 anni. I fatti - due gli episodi contenuti nell’atto d’accusa - sono avvenuti nella nostra regione tra il 2011 e il 2012. «Considerato il lungo tempo trascorso dai fatti e il carcere già sofferto, sia in regime di carcerazione preventiva che in esecuzione anticipata della pena, l’imputato verrà rilasciato immediatamente», ha spiegato il presidente Mauro Ermani (assistito dai giudici a latere Chiara Ferroni e Fabrizio Filippo Monaci) nel motivare la sentenza.
L’indizio determinante
Gli atti sessuali che hanno coinvolto il giovane ci sono stati, ha puntualizzato il giudice Ermani. Spiegando che «l’indizio determinante per la Corte è stato quello della piccola macchia violacea, una sorta di voglia, presente in una zona intima dell’imputato e descritta dal figliastro». «È troppo piccola, non può essere stata notata dal ragazzo se non da molto vicino e negli atti sessuali descritti dalla procuratrice pubblica». Ma non solo. A carico dell’uomo anche le diverse ricerche di filmati pornografici incestuosi fatte online: «Immaginava i rapporti con il figliastro e, inoltre, aveva già avuto dei comportamenti simili con la nipotina, anche lei minore di 16 anni», ha rilevato ancora il giudice confermando l’atto d’accusa.
Per la determinazione della pena, la Corte ha tenuto anche conto del tempo trascorso (circa 12 anni) e il fatto che il giovane abbia ammesso durante gli interrogatori di aver preso lui l’iniziativa verso il patrigno, «ma ciò non toglie in nessun modo la colpa dell’imputato: in quanto adulto e consapevole che il ragazzo non aveva ancora 16 anni avrebbe dovuto fermare qualsiasi mossa. Il fatto poi che fosse il suo patrigno aggrava ancora di più quanto successo».
I fatti contestati
«Non ho fatto nulla», così si è difeso in aula il 40.enne, negando i fatti contestati durante tutto l’interrogatorio. Due, come detto, gli episodi a suo carico. Nel primo - ha ripercorso il giudice - l’imputato si trovava a letto con il ragazzo e, mentre guardavano la televisione da soli, si è fatto masturbare dal giovane. Nel secondo l’uomo ha avuto un rapporto sessuale completo e uno orale con il ragazzo dopo avergli fatto vedere un film pornografico.
«Nessun pentimento»
«Come compagno della mamma ha saputo conquistarsi un rapporto speciale e un legame stretto con il ragazzo», ha esordito la procuratrice pubblica Chiara Buzzi nella sua requisitoria. «Il rapporto di un padre che dovrebbe proteggere i figli, soprattutto quando questi sono nel pieno dell’adolescenza». «La colpa dell’imputato è grave sia da un punto di vista oggettivo che soggettivo. Oggettivamente perché ha colpito il figliastro che lo considerava un padre e soggettivamente perché non aveva nessun bisogno di arrivare a quel punto, poteva fermarsi in tempo». La pp ha rilevato inoltre l’assenza di pentimento e il volersi trincerare dietro le negazioni senza ammettere i fatti, «cosa che avrebbe anche aiutato la vittima ed elaborare ciò che è successo». «Aveva tutti gli strumenti per non delinquere e non l’ha fatto: non si è tirato indietro rispetto alle sue pulsioni, salvo poi negare tutto. Quando c’è qualcosa di troppo difficile da ammettere lui si barrica dietro il “non è mai successo”». A mente della pp, inoltre, la vittima è sempre stata credibile, lineare e coerente in tutti i suoi racconti. Per queste ragioni l’accusa ha chiesto alla Corte una pena di 36 mesi di carcere da espiare, nei confronti del 40.enne, deducendo quanto già preventivamente sofferto dietro le sbarre.
«Una vita difficile»
«Questa vicenda porta alla luce aspetti di grande tristezza», ha rilevato dal canto suo l’avvocato Fabio Käppeli, patrocinatore del 40.enne, nella sua arringa difensiva. «La tristezza della situazione familiare di partenza dell’imputato e la tristezza dei fatti che gli sono rimproverati dal figlio dell’attuale compagna». Käppeli ha spiegato come l’infanzia dell’imputato sia stata particolarmente difficile in Croazia: «Ha perso la madre a soli 7 anni e non ha mai conosciuto il padre, passando l’infanzia in diversi istituti». Arrivato in Svizzera sperava di trovare stabilità «ma ha trovato anche in questo caso una famiglia già frammentata e una realtà complicata». L’imputato - ha sottolineato il legale - è sempre stato lineare nel negare di aver commesso questi atti e non si è mai sottratto agli accertamenti. Sulla base di queste considerazioni e in virtù del principio in dubio pro reo, Fabio Käppeli ha chiesto alla Corte il proscioglimento e l’immediata scarcerazione del 40.enne.
L’uomo, che poteva avvalersi del diritto all’ultima parola davanti alla Corte, ha preferito non dire nulla.
L’accusa si è battuta per una condanna a 3 anni di prigione; la difesa, invece, per il proscioglimento