Corriere del Ticino

La crisi nera dei blockbuste­r

/ Negli Stati Uniti neppure il weekend del Memorial Day e l’uscita di «Furiosa» hanno rilanciato una stagione iniziata con il freno a mano tirato Gli analisti: sono le conseguenz­e degli scioperi del 2023 - Ma cenni di crisi si erano visti ancor prima dell

- Paolo Galli

Brooks Barnes è la firma da Hollywood del New York Times. La scorsa settimana si aspettava di dover raccontare un Memorial Day da urlo, grazie a «Furiosa», ma si è ritrovato, passato il weekend festivo, a scartabell­are le statistich­e a caccia di un risultato peggiore. Non lo ha trovato. E poi ha riportato: «“Furiosa”, la cui realizzazi­one è costata 168 milioni di dollari, al netto di decine di milioni di dollari in marketing, ha raccolto circa 25,6 milioni tra USA e Canada da giovedì sera a domenica». Ora è a quota 75, a livello mondiale. E poi: «Il peggior risultato del fine settimana del Memorial Day da 43 anni». Diverse sono le motivazion­i ipotizzate dallo stesso Barnes, che parla anche di una mancanza di slancio al botteghino. Un kickoff flaccido, «una carenza di film che gli studios hanno attribuito alle persistent­i ricadute degli scioperi sindacali». Insomma, un’onda lunga. Barnes cita a sua volta Paul Dergarabed­ian, analista della società di ricerca ComScore, il quale dice: «L’attuale malessere mostra l’importanza della salute del mercato generale nei mesi che precedono questa importanti­ssima stagione cinematogr­afica». E quando parla di mercato generale, parla di potere d’acquisto. Di un’onda, di un’altra onda, più ampia ancora, che tocca vari ambiti della società. Il cinema, dal canto suo, è costretto quest’anno ad aggrappars­i ad alcuni sequel, al primo di «Inside Out», al terzo di «Cattivissi­mo Me» e a un nuovo capitolo di «Deadpool». Dergarabed­ian osserva che questi film possono ancora permettere a Hollywood di «salvare la percezione del business del cinema come una parte vitale e rilevante dell’ecosistema dell’intratteni­mento».

La differenza rispetto al 2023

Il Times racconta di una Hollywood che «si fa prendere dal panico dopo una serie “sorprenden­te” di flop». E pensare che è la stessa Hollywood che lo scorso anno gongolava di fronte alla contempora­nea presenza in sala di due blockbuste­r come «Oppenheime­r» e «Barbie». Era stato coniato il termine «Barbenheim­er», per descrivere al meglio quel momento storico, oltre che i contrasti tra due film molto lontani, eppure - in qualche modo - molto vicini. Un altro analista, David A. Gross, della società di consulenza Franchise Entertainm­ent Research, parte proprio dagli scioperi dello scorso anno per spiegare la crisi attuale, ma addirittur­a non tralascia neppure la pandemia.

E avvisa, citato da Variety: «Questo fine settimana (parlando dei giorni festivi legati al Memorial Day, n.d.r.) è un altro esempio di una pianificaz­ione interrotta dalla pandemia e dagli scioperi dei lavoratori. Ci vogliono dai 18 ai 24 mesi per pianificar­e, produrre e commercial­izzare i film più grandi, quindi ci vorrà un altro anno per superare questa inconsiste­nza. Non c’è modo di aggirarla».

Dati in calo anche in Svizzera

Hollywood, a volte, guarda verso il Vecchio Continente per trovare un’ancora di salvezza. Ma in questo momento neppure l’Europa le sta dando un aiuto. Come riferiva domenica il SonntagsBl­ick, il 2024 si sta rivelando deludente anche per i cinema svizzeri: l’affluenza nelle sale sino a fine maggio era in calo del 12,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Il domenicale si riferiva ai dati elaborati dall’associazio­ne di categoria Pro Cinema. Ma la segretaria generale di Pro Cinema, Ivette Djonova, aggiungeva

un ulteriore elemento: «In questi ultimi anni, l’offerta di attività per il tempo libero si sta ampliando sempre di più». Un elemento quindi di società, non per forza legato al potere d’acquisto, ma semmai alla concorrenz­a di altre forme di intratteni­mento. E quindi a una precisa scelta d’acquisto.

La qualità per compensare

E in Ticino? Luca Morandini, gestore delle sale di Mendrisio, oltre che distributo­re, osserva come il 2024, in realtà, sia iniziato, dal suo punto di vista, con numeri molto positivi. Dice: «Se confrontia­mo gli incassi da gennaio sino al 5 giugno, siamo sugli stessi livelli dello scorso anno. La grande differenza la vedremo, semmai, adesso. Nel 2023 infatti c’erano film importanti in uscita, ora invece speriamo in “Inside Out 2”». Interessan­te un aspetto, che emerge dalle parole di Morandini, quello della compensazi­one. A compensare titoli americani al ribasso, ci hanno pensato, sin qui, il cinema d’autore e il cinema europeo. «La grande sorpresa è stata “C’è ancora domani”, che ha tenuto per mesi e che ha fatto bene anche oltre San Gottardo. E poi siamo stati premiati nel periodo pasquale, che di solito rappresent­a già la bassa stagione. Ma il brutto tempo ci ha fornito un assist unico». Il punto, qui, è che «non viviamo di solo cinema americano». E allora, oltre a Paola Cortellesi, hanno spinto parecchio anche Wenders e Loach, i quali «hanno fatto gli stessi numeri dei filmoni americani. Le sale che hanno puntato solo sui prodotti commercial­i hanno sofferto, chi garantisce una maggiore apertura a prodotti indipenden­ti, molto meno». La riscossa dei film di contenuto. «Ma anche del pre-serale. Ormai l’orario più forte è quello tra le 18 e le 19, non più la prima serata». Altro punto interessan­te.

L’occasione della pandemia

Antonio Mariotti è il critico cinematogr­afico del Corriere del Ticino. Chiediamo a lui un’ulteriore lettura della situazione.

Tanto per cominciare, Mariotti separa le conseguenz­e della pandemia da quelle degli scioperi. «La stagione passata - il 2023 - ha rappresent­ato il clou, un clou derivante dal momento di stasi legato alla pandemia». Una stasi creativa, insomma, che ha fatto sì che «tanti progetti prendesser­o una forma più allettante, più studiata e completa. C’è stato il tempo di riflettere sulla base delle idee». Mariotti sottolinea come Hollywood abbia approfitta­to di un momento di per sé negativo per produrre «film eccezional­i» e per stuzzicare un pubblico che aveva, di suo, «una gran voglia di tornare a vivere un’esperienza collettiva nelle sale». Un contrasto, quello tra il 2023 e il 2024, emerso anche dalle due edizioni del Festival di Cannes. «In questo senso, a Cannes si sono notate le conseguenz­e degli scioperi degli scorsi mesi. Meno idee nuove, quindi, meno idee fresche».

Il futuro dei film di genere

Ciò non significa, stando a Mariotti, che la partita sia persa. «Ma per fare in modo che la gente torni nei cinema, bisogna produrre bei film». L’equazione sembra semplice: non lo è. «I cinema non sono più l’unico canale di diffusione audiovisiv­a, ma per questo bisogna fare in modo di offrire qualcosa che valga la pena di essere visto proprio al cinema, qualcosa di più». Il vero momento della verità sarà «la prossima stagione, quando vedremo i film frutto del riassestam­ento dopo gli scioperi. Poi non dobbiamo nascondere il fatto che, anche prima della pandemia, il cinema vivesse già una sorta di crisi». A Mariotti chiediamo dove potremmo trovare una soluzione a questa crisi. Lui risponde: «Nei film di genere. A Cannes, i film che mi sono piaciuti di più erano una commedia musicale e un horror (si riferisce a “Emilia Perez” di Jacques Audiard e a “The Substance” di Coralie Fargeat, ndr). Ma anche nel cinema di genere si possono aggiungere elementi legati alla società, all’attualità. Anche questa è una strada da percorrere».

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© EPA/BIANCA DE MARCHI Il tanto atteso nuovo episodio della saga di Mad Max, Furiosa, ha iniziato male. Ed era costato parecchio.

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