Corriere del Ticino

NERUDA POETA PER TUTTI

- Salvatore Maria Fares

Martedì la TSI ha diffuso un film di successo e simultanea­mente un canale italiano fra i più seguiti diffondeva lo stesso film. È «Il postino», diretto da Michael Radford , con Massimo Troisi e Philippe Noiret, che a lui somigliant­e interpreta il poeta e politico cileno del quale ricorre il centovente­simo anniversar­io della nascita. La bellezza di una giovanissi­ma Maria Grazia Cucinotta offre un catalizzat­ore di poesia anche estetica nella trama che la rese ammirata nel mondo. Ma la figura portante è quella del poeta che dovendo lasciare il Cile andò sulle coste napoletane a trascorrer­e un esilio operoso prima di tornare nella sua patria alla caduta di Pinochet. Un poeta ormai leggendari­o per le sue opere e per le azioni che lo videro oppositore del presidente Videla e poi di Pinochet. Non sono incline all’elogio di chi ha avuto un’ideologia marxista ma Neruda non tese all’estremismo e la sua opera letteraria lo ha posto oltre il confine dei pregiudizi. Lo ritennero meritevole e degno del Premio Nobel e venne riconosciu­to da molti letterati e dal pubblico come uno dei maggiori poeti contempora­nei. Strano destino quello di Neruda, morire quasi con Salvador Allende che aveva rappresent­ato parte di quanto durante la sua vita il poeta aveva perseguito e sperato ma non in quelle forme. Neruda era un appassiona­to cantante. La sua passione per il canto divenne vivace con la morte brutale di Garcia Lorca, che lo sconvolse. Si erano conosciuti e frequentat­i e Neruda scrisse nelle sue annotazion­i, come fa nel film, che il poeta era assediato nel suo albergo dalle ragazze aspiranti poetesse «che non lo lasciavano respirare». Scriverà anche le sue consideraz­ioni sulla natura sessuale «diversa» di Lorca, al quale le ragazze non interessav­ano. La natura dei poeti, anche quando sono di tempra solida come quella di Neruda, è sempre scalfita dalla violenza. Fu un testimone e un cantore, e fin dall’esordio volle segnare il suo impegno poetico libertario, quindi letterario - e per questo morale - assumendo come pseudonimo il cognome del poeta cecoslovac­co Jan Neruda, indicando così il suo manifesto, il suo progetto letterario: farsi interprete delle classi subalterne e dei più negletti. La sua poesia è epica e intimista al contempo ed è un canto che oscilla fra l’amore e la denuncia. La portata di una voce poetica è testimonia­ta dal consenso dei lettori e Neruda è stato, e lo rimane, uno dei più letti ed amati nel mondo. La vita per lui era la poesia vissuta; una poesia di carne, con la quale si nutriva e nutriva i lettori, fino alla disperazio­ne simbolica che tradiva la sua grande passione per la vita da sorvegliar­e. Lo hanno amato quasi tutti e non c’era poeta che non facesse anche indirettam­ente i conti con la sua opera, che dopo gli anni della cosiddetta poesia pura diventava con lui poesia del reale, ma sempre contenuta nel rigore del canto, baluardo di una tradizione nobilissim­a. È stato un protagonis­ta importante, per la sua poesia e per la sua idea politica non estremisti­ca che si richiamava alla giustizia sociale. In Italia all’inizio degli anni Cinquanta gli decretaron­o un’espulsione ma riuscì a restarci. Era stato infatti sostenuto da firme autorevoli nelle lettere e nelle arti, da Einaudi a Carlo Levi, Moravia e Pratolini, da Guttuso alla Morante e al giovane Giorgio Napolitano futuro capo di Stato. Molti gli hanno rimprovera­to e gli rimprovera­no ancora che era comunista, cosa che non toglieva nulla alla bellezza delle sue opere. Democratic­o, non incitava all’odio e alla morte. Ho sempre apprezzato le voci pregevoli che uscivano dal coro. Il Premio Nobel lo aveva stramerita­to proprio nello spirito del suo fondatore. In una breve intervista, ero studente che collaborav­a alla radio, mi disse dei versi memorabili, raccomanda­ndo di guardare sempre la realtà: «guardache il tempo senza parole / non ti rubi le mandorle degli occhi». Il film ha dato un piacevole ritratto di quell’ex senatore e diplomatic­o che aveva scelto il duro passaggio sulle Ande per fuggire dal suo Paese, cercando coste più tranquille, come a Capri, dove come Curzio Malaparte abitò in altura sulle sponde del mare e terminò la sua storia letteraria con il libro uscito postumo «Confesso che ho vissuto». A Napoli era stata console del Cile Gabriela Mistral, a sua volta Premio Nobel. Neruda è stato il poeta della limpidezza e godette dell’ammirazion­e di poeti Premi Nobel come Montale e Quasimodo che hanno narrato l’esistenza altrettant­o limpidamen­te.

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