Il decreto che scalda la politica Pareggio dei conti o illusione?
/ L'obiettivo di risanare le finanze entro il 2025 sembra tutt'altro che raggiungibile Mentre la sinistra propone di abolire la legge con una raccolta firme, l'UDC vuole prolungare gli effetti fino al 2027
Il cosiddetto «decreto Morisoli», finalizzato al taglio della spesa pubblica, è da anni un elefante dagli effetti dirompenti di un topolino. Tante parole, un sì popolare ma nessun fatto concreto. E ora, anche se scadrà alla fine del 2025, c'è chi vuole tornare alle urne per abbatterlo e chi lo rilancia con orizzonte 2027. Il vicedirettore del Corriere del Ticino Gianni Righinetti ne ha parlato con i suoi ospiti a La domenica del Corriere, in onda su Teleticino: Alessandra Gianella, capogruppo PLR in Gran Consiglio; Paolo Pamini, consigliere nazionale UDC; Raoul Ghisletta, municipale PS Lugano e Maurizio Agustoni, capogruppo Centro in Gran Consiglio.
Pro e contro
Dopo aver ricapitolato il lungo iter che ha portato al voto sul decreto, Righinetti ha chiesto a Pamini se l'UDC non si è pentita di averlo lanciato, alla luce del fatto che la politica ticinese sembra sempre chinata su questo tema. «Assolutamente no», taglia corto Pamini, il quale sottolinea come dietro al decreto non ci fossero soltanto i democentristi, bensì anche Lega, PLR e parte del Centro. «Il mandato del pareggio dei conti entro il 2025 datoci dal popolo al momento non è rispettato. Ecco perché stiamo realmente pensando a un decreto Morisoli bis fino al 2027». È quindi tutta colpa della sinistra, che ha lanciato il referendum? «Il decreto non è stato disatteso, l'85% delle misure adottate dal Governo riguardano la riduzione delle spese», spiega Ghisletta. «Se la gente è scesa in piazza per tre volte, è dovuto all'effetto dei tagli dell'Esecutivo. I tagli del Parlamento sono stati cancellati dallo stesso Legislativo. Il decreto è un'impostazione finanziaria molto importante, con spinta da destra». «Non abbiamo rimpianti», dice da parte sua Gianella. «È stato un passo importante perché ha messo dei paletti: riequilibrare i conti senza alzare le tasse. Riequilibrare
entro il termine, viste le cifre, non sarà facile. Però stiamo seguendo delle tappe e c'è stata un'attenzione sulla situazione finanziaria». Ora, dopo il ciclo elettorale, la capogruppo PLR si attende dalla politica di poter continuare sul lavoro che è stato fatto finora. Il Centro, sul decreto,
era rimasto nel limbo. «Il decreto è stato rispettato su quello che chiedeva di non fare», ricorda Agustoni. «Credo che si sia posto come principio il fatto che non si risanano i conti aumentando le imposte». Ad ogni modo, il decreto non è stato finora soddisfatto totalmente, «anche perché
partivamo da una situazione molto complicata». Ghisletta, ora, intende presentare un'iniziativa per abolirlo. Cosa pretende di ottenere, chiede Righinetti: «Stiamo raccogliendo le firme anche perché l'ambito più toccato dai tagli è quello sociosanitario», spiega. «C'è rabbia da parte dei lavoratori. La raccolta firme è un modo per continuare a dare un segnale alla politica». «Ha poco senso questa iniziativa», rilancia Agustoni. Anche per le tempistiche, con un decreto che decadrà a fine 2025. Stesso pensiero anche da parte del PLR. «Decreto o no, la situazione finanziaria va presa in mano», sottolinea Gianella. Sull'estensione al 2027, invece, «anche questo non ha molto senso. È il momento di fare, di prendere decisioni». Ma ha senso, ora che bisogna lavorare, fare nuove leggi o decreti come propone l'UDC? «Per portare a casa delle riforme servono i voti della maggioranza dei partiti», sostiene Pamini. «Noi non siamo in Governo, agiamo quindi con le armi della democrazia diretta». In questo senso, Pamini annuncia una raccolta firme «per bloccare l'aumento del debito pubblico pro capite o in relazione al gettito fiscale». Una proposta, quest'ultima, che non ha «scaldato» gli altri politici presenti.
Verso il 9 giugno
Sempre in tema di fiscalità, in chiusura è stato ricordato il lancio della campagna dei contrari alla riforma fiscale. «Un'operazione maldestra alla luce dei tagli in molti settori», sostiene Ghisletta. «Un compromesso contro l'aumento delle imposte del 3% a tutti i cittadini», controbatte da parte sua Pamini. Un tema, quello della fiscalità, che farà discutere ancora a lungo in vista del voto popolare previsto il prossimo 9 giugno.