Il conf litto Iran-Israele passa dai mondiali di judo
/ Zar Amir Ebrahimi e Guy Nattiv firmano un film politico di ambientazione sportiva che si propone come un'efficace metafora della privazione della libertà che da decenni subisce l'intera popolazione della repubblica islamica e, in particolare, chi osa es
«Per noi questo non è solo un film ma una dichiarazione al mondo intero nel nome della pace»: così definiscono Tatami i suoi autori, la regista e attrice iraniana Zar Amir Ebrahimi e il regista israeliano (da diversi anni residente negli Stati Uniti) Guy Nattiv. La prima nel 2022, ha vinto la Palma per la migliore interpretazione femminile al Festival di Cannes. Il secondo si è aggiudicato l'Oscar nel 2019 per il suo cortometraggio Skin. Tatami (che lo stesso Nattiv ha scritto insieme a Elhan Erfani) è la loro prima collaborazione ed è, in assoluto, il primo film mai diretto da un cineasta israeliano insieme a una collega iraniana. Un gesto politico di grande impatto, soprattutto in questi giorni, che non è passato inosservato alla Mostra di Venezia nel settembre scorso.
A metà strada
Appena si prospetta l'ipotesi d'incontrare un'atleta israeliana, da Teheran giunge l'ordine tassativo di ritirarsi
Le due protagoniste devono fare i conti con le conseguenze che i loro atti potrebbero avere per i familiari
Uno dei pregi di Tatami è proprio quello di formulare una spietata critica nei confronti del regime degli ayatollah utilizzando la metafora dello sport che al cinema può riservare delle insidie. Uno sport, il judo, che segue delle regole molto precise e che necessita di un grande bagaglio tecnico ma anche di forza e resistenza. La vicenda è ambientata a Tbilisi, capitale della Georgia che simbolicamente si trova a metà strada tra Israele e Iran, dove si svolgono i campionati mondiali femminili di judo. La squadra iraniana punta in particolare su Leila Hosseini (interpretata con la giusta energia dall'attrice californiana Arienne Mandi) che può contare sul sostegno della sua esperta allenatrice Maryam (la stessa Zar Amir Ebrahimi), nonché del marito e del figlioletto che la seguono in diretta tv da Teheran. Leila supera brillantemente i turni preliminari della competizione, ma appena si prospetta all'orizzonte la possibilità che in finale possa incontrare un'atleta israeliana, dalla federazione iraniana giunge l'ordine tassativo di ritirarsi fingendo un infortunio. Leila si oppone dapprima in aperto contrasto, ma poi spalleggiata, da Maryam
e alla fine le due donne pur essendo coscienti delle conseguenze nefaste per le loro famiglie - sceglieranno di non rientrare in patria e di chiedere asilo politico. Al di là dell'efficace metafora sportiva, Tatami punta a denunciare le limitazioni della libertà che da decenni soffre l'intero popolo iraniano e in particolare chi osa esprimere le proprie opinioni, come i molti cineasti costretti al silenzio o all'esilio. Un discorso di grande attualità che a tratti però si sfuma durante le lunghe scene di combattimento commentate dalle fastidiose voci di due telecronisti e sempre alla ricerca di punti di vista spettacolari.
Regia di Zar Amir Ebrahimi e Guy Nattiv. Con Arienne Mandi, ZarAmir Ebrahimi, Jaimr Ray Newman, Ash Goldeh (Stai Uniti-Georgia 2023, 105').