«Un avvertimento mirato e preciso: “Sappiamo dove colpire”»
/ Paolo Capitini, generale di brigata e analista militare: «Dietro gli ayatollah ci sono la Cina, l'India e soprattutto la Russia con la sua industria missilistica»
«No, non è una de-escalation. Dopo tanti anni di confronto a distanza - o confronto attraverso fiancheggiatori, da una parte e dall'altra - Iran e Israele si affrontano a viso aperto, e questo è un elemento molto importante. Teheran ha deciso di uscire allo scoperto, di scendere in campo direttamente. Anche se non ha alcuna fretta di confrontarsi militarmente con Israele. Questo perché sta cercando di completare il suo programma nucleare. L'Iran non vede alcun vantaggio nel passare a una guerra aperta e ad alta intensità. Per mantenere la pressione alta, alla Repubblica
islamica basta regolare le azioni di Hezbollah, di Hamas, degli Houthi».
Paolo Capitini, generale di brigata italiano ed esperto di scienze strategiche e storia militare, «legge» l'evoluzione del conflitto tra lo Stato ebraico e gli ayatollah sciiti di Teheran. E ne anticipa i possibili approdi. ««Israele ha esigenze esattamente opposte all'Iran - dice Capitini al CdT -. Ha bisogno, quanto più velocemente possibile, di avere la certezza che l'Iran non sia e non divenga a breve termine una potenza nucleare. E questo spiega la fretta e l'aggressività del governo Netanyahu: non è solamente una questione umorale, di pancia. Questi sono i due pilastri della questione: necessità di tempo per l'Iran, scarsità di tempo per Israele».
Nello scenario mediorentale, prosegue il generale italiano, gli attori sono molti, comprese ovviamente la grandi potenze. «Dietro l'Iran ci sono la Cina, l'India e, soprattutto, la Russia, riconoscente per il sostegno di Teheran nell'offensiva ucraina - dice Capitini -. L'Iran fornisce infatti droni e tecnologie, mentre i russi ricambiano con personale specializzato nell'industria nucleare e missilistica. Con questo quadro complessivo, parlare di de-escalation per l'atteggiamento remissivo tenuto oggi dall'Iran significherebbe perdere la visione d'insieme. Il mondo che dovremo affrontare per qualche anno è un altro ed eventi come quello di giovedì notte sono destinati a ripetersi».
Una cosa, tuttavia, è chiara: l'avvertimento di Israele, per quanto contenuto militarmente, è stato alquanto esplicito. «Israele ha colpito una delle basi aeree più importanti, quella dove si trovano gli F-14 più o meno riammodernati dall'Aeronautica iraniana spiega Capitini -. A Esfahan ci sono poi una centrale di arricchimento dell'uranio e pure una sede protetta dei Guardiani della rivoluzione islamica, i pasdaran. Gli israeliani lo sapevano benissimo, non è certo un caso. Dopo quarant'anni di confronto, ciascuno sa tutto dell'altro. E ha voluto ribadirlo: “Sappiamo dove si trovano i siti importanti e volendo possiamo raggiungerli. Sappiamo dove fare male”. Un messaggio lanciato dall'Iran anche la scorsa settimana. Sono scambi da fondo campo, per utilizzare una metafora tennistica. Al momento, nessuno è ancora andato a rete».
Capitini conferma, infine, un dato inquietante: il collegamento sempre più stretto fra le guerre in Medio Oriente e in Ucraina. «I due conflitti si stanno legando, è innegabile. Per capirlo basta un solo esempio: la strategia utilizzata dall'Iran per colpire Israele ricalca perfettamente quella utilizzata quotidianamente dai russi nei loro attacchi contro l'Ucraina. Saturare le difese aeree con i droni e, al contempo, lanciare i pezzi “pregiati”, i missili di una certa capacità, e con quelli colpire. Da questo punto di vista, a livello di tattiche di impiego, siamo già nella replica della guerra ucraina in Israele», conclude l'alto ufficiale italiano.