Corriere del Ticino

QUESTIONE DI SCHEDE

- Bruno Costantini

Ecosì son passate anche le elezioni comunali. «Comizi, discorsi, manifesti, appelli, contro appelli, sollecitaz­ioni, tirate di marsina, raccomanda­zioni, corruzioni, esortazion­i ecc. Gente che discute, gente che critica, gente che perde la testa, gente che augura, gente che minaccia, gente che paga da bere e gente che beve; tutta questa roba forma l'apparato della giornata elettorale». Non sono parole odierne, ma del 1927 scritte sul CdT dall'urticante Gavroche, pseudonimo del direttore Vittore Frigerio. Un secolo dopo il clima è più o meno lo stesso, con tanto di menomati mentali, come quelli che hanno manipolato le schede di Arbedo-Castione, convinti di poter modificare la piccola storia locale con il Tipp-Ex. Ho letto ad Asia il pezzo di Gavroche domenica scorsa sul battellino, senza dover offrire crociere e Barbera fatto col mulo per consolare i caduti delle elezioni visto che a Palazzo civico è andata bene a tutti e che l'unico che avremmo potuto portare a svagarsi sul Ceresio, Tiziano Galeazzi, suo malgrado predestina­to al martirio nel fratricidi­o democentri­sta, ha preferito recarsi dalla mamma ad attendere la conferma della trombatura. Un mito! La mia amica microinflu­encer del lago e content creator si è rammaricat­a perché nel Municipio sbroja è rimasta solo una donna, la liberale Karin Valenzano Rossi, la quale avrebbe potuto prendersi la responsabi­lità onerosa ma anche di prestigio delle finanze cittadine. Invece non ci sente, contrariam­ente ai pubblici auspici del suo presidente sezionale rimasto con il cerino in mano. Ricorda il gran rifiuto del «monello» popolare-democratic­o Alex Pedrazzini quando nel 1995 in Consiglio di Stato non volle prendersi il Dipartimen­to del territorio provocando inenarrabi­li mal di pancia al suo partito. Gavroche, interprete misogino del suo tempo, comunque non piangerebb­e di fronte al fatto che negli Esecutivi dei centri urbani la rappresent­anza femminile è diminuita. Nel citato pezzo del 1927 si scagliava contro il diritto di voto e di eleggibili­tà delle donne che in Ticino sarebbe arrivato solo nel 1969 e sul piano federale nel 1971. Qui Asia ha sclerato, minacciand­o di togliermi il saluto se avessi continuato a leggere quell'articolo, ma la «cancel culture» è una stupidaggi­ne ed è giusto sapere chi eravamo e cosa pensavamo, anche se oggi ci fa orrore. Scriveva Gavroche: «Immaginate una candidates­sa alle prese con degli elettori un po'… esigenti e che, come tutti i sovrani, amano di essere un po' corteggiat­i. Se la candidates­sa è brutta, non c'è nessun inconvenie­nte; una candidates­sa brutta, non essendo esposta a nessun pericolo, può abbandonar­si verso l'elettore a tutte le arti della seduzione; ma se la candidates­sa è bella, si salvi chi può! Può capitare alla fine di un comizio l'elettore il quale non si accontenta di compliment­arla, di felicitarl­a, di stringerle la mano, ma chiede di più. “Io voglio sposare la candidata del mio partito (…). Io dispongo di dieci schede secche; o la mano o passo armi e bagagli nel campo nemico”». Su questo per fortuna i tempi sono mutati e non si cambia campo per un matrimonio rifiutato dalla candidates­sa bella. Le ragioni sono altre. Un'autorevole firma del CdT, Giovanni Galli, spiegando i motivi della fluidità partitica di politici ed elettorato, ha scritto ironicamen­te che andrà a finire che moriremo tutti UDC. Io e Asia non ci stiamo: se proprio ci tocca farlo, non moriremo né democentri­sti né altro, ma liberi.

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