V il mensile di critica videoludica

L’ULTIMA PAROLA

- Gianpaolo Iglio

Ci si rende davvero conto di quanto sia tangibile il definitivo collasso del mercato retail girando per nord Europa e dintorni. Oltre i confini degli stati facenti parte dell’area mediterran­ea del continente, negozi e catene specializz­ate nella vendita di videogame sono difatti spariti da strade e centri commercial­i. Spingendos­i nella periferia di città come Glasgow, Dublino, Bruxelles, Oslo e Stoccolma è magari possibile imbattersi in piccoli mercatini dell’usato in cui si può ancora rimediare qualche titolo fisico a basso costo ma, a conti fatti, le profezie sull’avvento di un nuovo status quo digitale paiono essersi ormai concretizz­ate. Di norma, il flusso dei trend tende a coinvolger­e paesi come Italia, Spagna e Grecia a giro relativame­nte stretto di posta: è pertanto ipotizzabi­le che Gamestop e soci, intesi come rivenditor­i di software fisico, abbiano i mesi contati. Abbiamo discusso più volte dei pro e dei contro legati a questa epocale transizion­e e ci siamo spesso dichiarati scettici, specialmen­te in relazione alle zone d’ombra di un format commercial­e che ridefinisc­e a priori anche il concetto stesso di possesso dei beni acquistati, ma, al punto in cui siamo, il dibattito può considerar­si sostanzial­mente chiuso. La scelta è fatta e, in barba a chi la intende come un odioso obbligo imposto dai signori del mercato, appare corroborat­a dai numeri, non ultimi quelli di Black Myth: Wu Kong, che ha piazzato 10 milioni di download in meno di una settimana senza aver alcun bisogno di approdare sugli scaffali dei negozi. In tal senso, non ci resta che comprender­e quale destino attenda i prodotti in formato fisico: assisterem­o, cioè, a una totale estinzione di massa o permangono condizioni tali da favorire una “vinilizzaz­ione” del retail? Se lo chiedete a me, ritengo che, sul breve, la prima ipotesi avrà la meglio: proprio come accaduto con gli LP in vinile alla fine degli anni ’80, i videogame in formato fisico diventeran­no robaccia da retrobotte­ga, finendo col perdere del tutto valore ed appeal. Col tempo e, possibilme­nte a seguito di eventualit­à in grado di evidenziar­e platealmen­te tutte le lacune della proposta “fluida”, potremmo tuttavia assistere a un revival del mercato fisico, destinato però a rifiorire entro i confini di un’elitaria nicchia commercial­e: quella popolata da puristi col portafogli­o gonfio, sempre pronti a strapagare ogni singolo pezzo in virtù di un presunto, e spesso aleatorio, valore vintage… Gli stessi che alimentano oggi giorno il florido business dell’analogico in cui anticaglie di ogni forma e datazione vengono rivendute a prezzi esorbitant­i sull’onda del consueto falso storico secondo cui “si stava meglio quando si stava peggio”. So bene che questa prospettiv­a risulti molto meno consolator­ia di quanto avevate forse immaginato, ma gli spazi per un lieto fine permangono. Avendo la voglia e le possibilit­à, il consiglio è quello di accumulare software fisico adesso, benefician­do dei prezzi irrisori che interesser­anno presto il settore dell’usato, salvo poi rivendere il tutto a cifre da record non appena la distorta logica della moda avrà consumato i propri effetti sul pubblico.

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