La Gazzetta dello Sport - Sicilia
UN MILAN PREOCCUPANTE MA LA RESPONSABILITÀ NON È SOLO DI FONSECA M
a è possibile, dopo aver programmato di fare un bel Giro d’Italia, trovarsi già impacciati, disorientati, di fronte al primo bivio? Neanche cinque minuti di un tour che hai immaginato bellissimo e sei lì a chiederti: oh, ma non sarà che rischio di sbagliare strada e accumulare un sacco di ritardo? È la domanda, paradossale, che sembra rivolgersi il Milan, un punto in due partite e un incrocio quello di sabato sera contro la Lazio - in cui non puoi proprio permetterti distrazioni. Perché una non vittoria - figuriamoci una sconfitta rischierebbe di allontanarti già di parecchi punti dal vertice. E sappiamo bene quanto sia importante partire con il piede giusto. Perché l’aspetto psicologico potrebbe essere addirittura più fastidioso di quello strettamente aritmetico. E programmare quindici giorni di dubbi e interrogativi è l’ultima cosa che deve augurarsi una squadra. Che è partita con l’ambizione onestamente e orgogliosamente sbandierata dall’allenatore - di voler puntare allo scudetto. Perché la rivoluzione tecnica di una squadra che lo scorso anno è arrivata seconda, non può prevedere di veder gli altri scappare.
Ora, intendiamoci, il Milan ha le carte in regola per evitare tutto questo, per imboccare la direzione corretta e lasciarsi alle spalle - in un’estate che si prevedeva soltanto di sole - le nuvole che l’hanno accompagnato da Parma in poi. Non sarà stato un rovescio, ma sicuramente si è trattato di uno stop inaspettato e - per certi versi - molto preoccupante. Anche perché, nella traduzione della sconfitta, è sembrato quasi che l’ambiente abbia preso solo metà del celebre motto dei Moschettieri, fermandosi al più comodo “uno per tutti”. E tralasciando il “tutti per uno”.
Sì, perché la discussione, forse più fuori che in casa rossonera, si è concentrata sulle colpe di Fonseca. Che sicuramente ne ha, come lui stesso ha ammesso, per essersi lasciato trascinare dalla voglia - lui, che una volta si è mascherato da Zorro - di metterci subito la firma. Un errore, certo, perché nel calcio come nella vita conta sempre l’equilibrio. E
il Milan, sia nella disperata rimonta col Torino, sia nella trasferta di Parma, è sembrato troppo scollegato, con lo stesso difetto che nello scorso campionato l’ha portato a chiudere con l’undicesima peggior difesa del campionato.
Ma detto dell’uno per tutti - nel senso dell’uno che ha finito almeno nell’immaginario per pagare per tutti - resta il senso compiuto e fondamentale della frase. Quel “tutti per uno” che dovrebbe invece consigliare come ricetta per guarire al più presto - di allargare la ricerca delle responsabilità. Perché Fonseca avrà, anzi ha, sicuramente commesso i
Il tecnico ha le sue colpe per il brutto avvio dei rossoneri, però anche la società e i giocatori devono dare di più, a partire dai big
in questi giorni di mercato anche la società dovrà fare meglio e di più. Migliorando ad esempio, e il tentativo per Rabiot ne è la dimostrazione, il centrocampo. Senza però trascurare, parere strettamente personale, che occorre a tutti i costi fare qualcosa in attacco in avanti. Serve infatti un altro attaccante, meglio delle attuali alternative e più centravanti anche di… Morata,
suoi errori. Ma
che ha dato il meglio di sé come seconda punta e potrebbe coesistere perfettamente con un partner-specialista nel fare gol. Il risparmio di oggi potrebbe infatti diventare il rimorso di domani.
Ma, dopo o insieme alle riflessioni di Fonseca e dei dirigenti, è anche fondamentale che tra i calciatori nessuno si senta escluso da quel “tutti
per uno” che evoca uno spiccato senso del sacrificio individuale per il bene del collettivo.
Una corsa in più, una stoccata in più, un recupero in più, per sostenere il compagno in difficoltà. A cominciare dai big - da Theo e Leao per essere chiari - non ci possono più essere alibi per nessuno.
Il primo bivio è lì e, anche se siamo solo alla terza giornata, il campionato non ti aspetta. Bisogna svoltare. E perché questo succeda, non c’è niente di meglio che - uno per tutti e tutti per uno - capire che il calcio, come giustamente ricorsa sempre Arrigo Sacchi, è uno sport di squadra. Anzi, di Squadra. Dal club all’allenatore, dallo staff ai calciatori.
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