La Gazzetta dello Sport - Sicilia
AVANTI SENZA GLORIA ORA SERVE UNA SVOLTA PER PROVARE A SOGNARE A
vanti senza gloria. Ma con un urlo che squarcia la notte azzurra e ci dà gioia, sa di liberazione, ci regala perfino un briciolo di speranza. Eravamo sull’orlo del baratro. Noi, i campioni d’Europa, a un passo dalla seconda sconfitta in tre partite: dopo essere stati surclassati dalla Spagna dei giovani, anche la Croazia dei vecchi era sul punto di batterci. Avevamo già preso la matita in mano, stavamo cominciando a fare i conti: e ora come possiamo qualificarci tra le migliori terze? Al 98’ di una partita giocata in modo confuso e confusionario, quando tutto sembrava finito, un’iniziativa coraggiosa e disperata di Calafiori e un tocco magico di Zaccagni hanno preso per i capelli l’Italia e l’hanno rimessa in piedi. Barcollante, certo, ma in piedi.
Avanti senza gloria. Perché è giusto prenderci il bello di questa notte: la qualificazione, il carattere degli azzurri, il sogno che continua. Ma sarebbe sbagliato, oltre che controproducente, negare tutto il resto: è dagli sbagli, dalle lacune, dalle mancanze che bisogna partire per costruire una squadra diversa, che d’ora in avanti possa giocarsela anche in questo Europeo con maggiori possibilità di successo. L’Italia non ha mostrato un buon calcio, nemmeno questa volta. Commette errori difensivi ai quali spesso rimedia l’unico vero fuoriclasse del nostro calcio, Donnarumma, la sola certezza che abbiamo. E non è riuscita a segnare, e nemmeno ad andare vicina al gol, con nessuno dei tre centravanti che via via sono stati messi in campo in queste tre partite, da Scamacca e Retegui fino a Raspadori. L’aspetto più sorprendente è che la Nazionale fatichi a trovare un’identità tattica. Non ce lo aspetteremmo da una squadra di Spalletti, indiscutibilmente un grande tecnico: preparato come pochi, capace di vincere e divertire assieme.
Nella prima parte di questa sua avventura europea ha dato però la sensazione di essere più allenatore che selezionatore: vuole una squadra bella e la cerca senza pensare che a volte - lo dice la nostra storia - in queste grandi manifestazioni è più efficace e produttivo guardare innanzitutto al risultato, e non è detto che lo si debba ottenere per forza attraverso lo spettacolo.
Possono bastare poche idee ma chiare e concrete, perché il tempo per lavorare su certi concetti è ridottissimo e ogni partita è decisiva. Anche un maestro come Sacchi alla guida della Nazionale si è dovuto confrontare con queste difficoltà, trent’anni fa. Ma è anche giusto sottolineare i limiti dei nostri calciatori.
Spalletti è più allenatore che selezionatore ma in azzurro manca il tempo. Siamo senza goleador e fantasisti: ai ragazzi cosa insegniamo?
Non abbiamo un grande centravanti, non abbiamo un grande fantasista, e fa male pensare a quando - non troppi anni fa lottavano per una maglia Baggio e Mancini, Totti e Del Piero, Vieri e Inzaghi. Come mai accade tutto questo? Forse è arrivato il momento di chiederselo davvero, di analizzare a fondo come crescono i nostri ragazzi, se c’è la cultura di insegnare loro ad assecondare l’istinto oppure soltanto a inseguire fin da bambini il risultato a ogni costo.
Il risultato diventa importante più avanti; in gioventù occorre dare libero sfogo alla creatività.
“Avanti senza gloria”: così titolò in prima pagina la Gazzetta dello Sport il 24 giugno del 1982, all’indomani del pareggio contro il Camerun che consentì all’Italia – tra indicibili sofferenze e
mille tremori – di superare il girone eliminatorio al Mondiale di Spagna. Sono passati quarantadue anni esatti e ciò che accadde dopo lo sappiamo. Che quelle titubanze all’inizio del torneo possano essere di buon auspicio anche stavolta? Non disperiamo, in fondo qualche punto in comune tra le due storie – oltre al citato pessimo inizio di torneo – esiste davvero: pure allora avevamo splendidi ricordi legati all’edizione precedente di quella manifestazione (lo spettacolare quarto posto mondiale in Argentina nel ’78, il titolo europeo a Wembley tre anni fa); pure allora venivamo da una grande delusione vissuta due anni prima (l’assalto fallito all’Europeo dell’80 giocato in casa, la mancata partecipazione al Mondiale del
Once negli Anni 90 e 2000. Nel ciclismo di adesso, tante cose sono cambiate. Il Tour de France 2024 sarà una lotta tra i colossi perché tutti i team si schiereranno al proprio massimo: per esempio, mi aspetto ottime cose dalla Decathlon-Ag2r. Ma torniamo alle quattro realtà di riferimento: a differenza del passato, Vingegaard e Roglic per la prima volta non sono compagni di squadra, e tra di loro c’era una sorta di competizione interna. Invece ora c’è una chiarezza estrema su quali saranno i leader.
Pogacar e Vingegaard sono
2022). E anche Spalletti, così come all’epoca Bearzot, sta cercando disperatamente un uomo gol, che il Vecio avrebbe poi trovato in Paolo Rossi e Luciano si augura di scoprire in chissà chi. Ma oggi questo, più che una speranza, sembra un atto di fede nella magia della maglia azzurra, che tante volte ha saputo sorprenderci quando meno ce lo aspettavamo, che ha rigenerato squadre all’apparenza impresentabili. Se pensiamo al campo, a quanto la piccola Italia ha mostrato finora, c’è solo da guardare alla partita con la Svizzera confidando di venirne fuori in qualche modo. Anche con un gol al 98’, se non si può fare altrimenti.
almeno un gradino sopra a tutti, ma come succede nella Formula 1, non sempre chi è in pole position poi vince il Gran Premio. Roglic può entrare in gioco con la sua regolarità, Evenepoel non ha lo stesso palmares degli altri nei grandi giri e per la squadra vale lo stesso, ma chissà...
Fare dei pronostici è molto difficile perché bisognerebbe vivere da dentro le singole realtà, però posso dire che Tadej Pogacar ha una occasione straordinaria per fare la doppietta con il Giro d’Italia che nello stesso anno manca dal 1998, da quando ci riuscì Marco Pantani: è in un anno di grazia e il Giro lo ha vinto spendendo il giusto, quando era necessario. Aggiungo che non credo che al Tour vedremo una corsa parallela tra i leader.
Le tattiche e le esigenze sono diverse tra chi avanzerà e chi dovrà suo malgrado pedalare in difesa.
C’è qualcuno, come Vingegaard, che probabilmente prenderà la forma durante il Tour; Roglic metterà in campo regolarità ed esperienza; Pogacar dovrà approfittare per portarsi avanti nella prima parte, e magari difendersi nella seconda; Evenepoel si può considerare la mina vagante perché ha un talento straordinario e tra i quattro oltre a essere il più giovane è il più, in un certo senso, imprevedibile. La certezza è che vedremo un grande spettacolo: tutti i giorni.
Oltre allo sloveno, anche Vingegaard, Evenepoel e Roglic avranno a disposizione una squadra tutta per loro. Le condizioni ideali per lo show
Wang Shun
C. Foster
Marchand