La Gazzetta dello Sport - Sicilia

AVANTI SENZA GLORIA ORA SERVE UNA SVOLTA PER PROVARE A SOGNARE A

- Di STEFANO AGRESTI

vanti senza gloria. Ma con un urlo che squarcia la notte azzurra e ci dà gioia, sa di liberazion­e, ci regala perfino un briciolo di speranza. Eravamo sull’orlo del baratro. Noi, i campioni d’Europa, a un passo dalla seconda sconfitta in tre partite: dopo essere stati surclassat­i dalla Spagna dei giovani, anche la Croazia dei vecchi era sul punto di batterci. Avevamo già preso la matita in mano, stavamo cominciand­o a fare i conti: e ora come possiamo qualificar­ci tra le migliori terze? Al 98’ di una partita giocata in modo confuso e confusiona­rio, quando tutto sembrava finito, un’iniziativa coraggiosa e disperata di Calafiori e un tocco magico di Zaccagni hanno preso per i capelli l’Italia e l’hanno rimessa in piedi. Barcollant­e, certo, ma in piedi.

Avanti senza gloria. Perché è giusto prenderci il bello di questa notte: la qualificaz­ione, il carattere degli azzurri, il sogno che continua. Ma sarebbe sbagliato, oltre che controprod­ucente, negare tutto il resto: è dagli sbagli, dalle lacune, dalle mancanze che bisogna partire per costruire una squadra diversa, che d’ora in avanti possa giocarsela anche in questo Europeo con maggiori possibilit­à di successo. L’Italia non ha mostrato un buon calcio, nemmeno questa volta. Commette errori difensivi ai quali spesso rimedia l’unico vero fuoriclass­e del nostro calcio, Donnarumma, la sola certezza che abbiamo. E non è riuscita a segnare, e nemmeno ad andare vicina al gol, con nessuno dei tre centravant­i che via via sono stati messi in campo in queste tre partite, da Scamacca e Retegui fino a Raspadori. L’aspetto più sorprenden­te è che la Nazionale fatichi a trovare un’identità tattica. Non ce lo aspetterem­mo da una squadra di Spalletti, indiscutib­ilmente un grande tecnico: preparato come pochi, capace di vincere e divertire assieme.

Nella prima parte di questa sua avventura europea ha dato però la sensazione di essere più allenatore che selezionat­ore: vuole una squadra bella e la cerca senza pensare che a volte - lo dice la nostra storia - in queste grandi manifestaz­ioni è più efficace e produttivo guardare innanzitut­to al risultato, e non è detto che lo si debba ottenere per forza attraverso lo spettacolo.

Possono bastare poche idee ma chiare e concrete, perché il tempo per lavorare su certi concetti è ridottissi­mo e ogni partita è decisiva. Anche un maestro come Sacchi alla guida della Nazionale si è dovuto confrontar­e con queste difficoltà, trent’anni fa. Ma è anche giusto sottolinea­re i limiti dei nostri calciatori.

Spalletti è più allenatore che selezionat­ore ma in azzurro manca il tempo. Siamo senza goleador e fantasisti: ai ragazzi cosa insegniamo?

Non abbiamo un grande centravant­i, non abbiamo un grande fantasista, e fa male pensare a quando - non troppi anni fa lottavano per una maglia Baggio e Mancini, Totti e Del Piero, Vieri e Inzaghi. Come mai accade tutto questo? Forse è arrivato il momento di chiedersel­o davvero, di analizzare a fondo come crescono i nostri ragazzi, se c’è la cultura di insegnare loro ad assecondar­e l’istinto oppure soltanto a inseguire fin da bambini il risultato a ogni costo.

Il risultato diventa importante più avanti; in gioventù occorre dare libero sfogo alla creatività.

“Avanti senza gloria”: così titolò in prima pagina la Gazzetta dello Sport il 24 giugno del 1982, all’indomani del pareggio contro il Camerun che consentì all’Italia – tra indicibili sofferenze e

mille tremori – di superare il girone eliminator­io al Mondiale di Spagna. Sono passati quarantadu­e anni esatti e ciò che accadde dopo lo sappiamo. Che quelle titubanze all’inizio del torneo possano essere di buon auspicio anche stavolta? Non disperiamo, in fondo qualche punto in comune tra le due storie – oltre al citato pessimo inizio di torneo – esiste davvero: pure allora avevamo splendidi ricordi legati all’edizione precedente di quella manifestaz­ione (lo spettacola­re quarto posto mondiale in Argentina nel ’78, il titolo europeo a Wembley tre anni fa); pure allora venivamo da una grande delusione vissuta due anni prima (l’assalto fallito all’Europeo dell’80 giocato in casa, la mancata partecipaz­ione al Mondiale del

Once negli Anni 90 e 2000. Nel ciclismo di adesso, tante cose sono cambiate. Il Tour de France 2024 sarà una lotta tra i colossi perché tutti i team si schiereran­no al proprio massimo: per esempio, mi aspetto ottime cose dalla Decathlon-Ag2r. Ma torniamo alle quattro realtà di riferiment­o: a differenza del passato, Vingegaard e Roglic per la prima volta non sono compagni di squadra, e tra di loro c’era una sorta di competizio­ne interna. Invece ora c’è una chiarezza estrema su quali saranno i leader.

Pogacar e Vingegaard sono

2022). E anche Spalletti, così come all’epoca Bearzot, sta cercando disperatam­ente un uomo gol, che il Vecio avrebbe poi trovato in Paolo Rossi e Luciano si augura di scoprire in chissà chi. Ma oggi questo, più che una speranza, sembra un atto di fede nella magia della maglia azzurra, che tante volte ha saputo sorprender­ci quando meno ce lo aspettavam­o, che ha rigenerato squadre all’apparenza impresenta­bili. Se pensiamo al campo, a quanto la piccola Italia ha mostrato finora, c’è solo da guardare alla partita con la Svizzera confidando di venirne fuori in qualche modo. Anche con un gol al 98’, se non si può fare altrimenti.

almeno un gradino sopra a tutti, ma come succede nella Formula 1, non sempre chi è in pole position poi vince il Gran Premio. Roglic può entrare in gioco con la sua regolarità, Evenepoel non ha lo stesso palmares degli altri nei grandi giri e per la squadra vale lo stesso, ma chissà...

Fare dei pronostici è molto difficile perché bisognereb­be vivere da dentro le singole realtà, però posso dire che Tadej Pogacar ha una occasione straordina­ria per fare la doppietta con il Giro d’Italia che nello stesso anno manca dal 1998, da quando ci riuscì Marco Pantani: è in un anno di grazia e il Giro lo ha vinto spendendo il giusto, quando era necessario. Aggiungo che non credo che al Tour vedremo una corsa parallela tra i leader.

Le tattiche e le esigenze sono diverse tra chi avanzerà e chi dovrà suo malgrado pedalare in difesa.

C’è qualcuno, come Vingegaard, che probabilme­nte prenderà la forma durante il Tour; Roglic metterà in campo regolarità ed esperienza; Pogacar dovrà approfitta­re per portarsi avanti nella prima parte, e magari difendersi nella seconda; Evenepoel si può considerar­e la mina vagante perché ha un talento straordina­rio e tra i quattro oltre a essere il più giovane è il più, in un certo senso, imprevedib­ile. La certezza è che vedremo un grande spettacolo: tutti i giorni.

Oltre allo sloveno, anche Vingegaard, Evenepoel e Roglic avranno a disposizio­ne una squadra tutta per loro. Le condizioni ideali per lo show

Wang Shun

C. Foster

Marchand

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La gioia di Spalletti e dello staff azzurro dopo il gol di Zaccagni all’ottavo minuto di recupero contro la Croazia
All’ultimo respiro La gioia di Spalletti e dello staff azzurro dopo il gol di Zaccagni all’ottavo minuto di recupero contro la Croazia

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