MONTE DEI PASCHI DECIDE IL TESORO UNIPOL ATTENDE
C’è in vendita il 26,73 per cento della banca più antica al mondo Il governo potrebbe ricavarne fino a 1,6 miliardi di euro E anche decidere il profilo futuro del mercato italiano del credito Le incognite industriali e gli obblighi verso le autorità conti
Il momento appare propizio. E le prossime settimane, generalmente dedicate alla pausa estiva, specie dalla seconda di agosto quando saranno state archiviate le semestrali delle banche italiane, ancora di più. Il Tesoro vende Mps: farà un ulteriore passo verso l’uscita definitiva dal capitale del Monte dei Paschi di Siena. In portafoglio c’è ancora il 26,73 per cento della banca senese, la più antica al mondo, ma ora che è stata risanata gli impegni con la Dg comp dell’unione europea e con la Bce vanno rispettati. Il tema è un altro: chi compra? Martedì scorso, all’auditorium della Tecnica di Roma, dove l’abi ha riunito l’assemblea annuale, non c’erano quasi dubbi. Il candidato ideale è Bper Banca, anzi il suo grande azionista Unipol assicurazioni, che ha una quota importante anche nella Popolare di Sondrio.
Interessi e smentite
La compagnia guidata da Carlo Cimbri ha più volte smentito l’interesse verso operazioni di questo tipo, ma il track record segnala che Unipol ha stretto con le due banche di cui partecipa il capitale accordi industriali per la distribuzione allo sportello di prodotti assicurativi che sono stati rinforzati dall’investimento azionario. Dunque, sarà come nell’antico adagio: non c’è due senza tre?
Gli indizi che portano a una possibile soluzione di questo genere non sono pochi, né banali. Anzitutto: è una occasione unica. Il governo deve vendere, si compera a prezzi di mercato, si dà un solido ancoraggio azionario italiano a Mps. Dal suo lato, il governo potrebbe intestarsi non solo il risanamento del Montepaschi, in buona parte dovuto alle scelte operate negli ultimi due anni dall’amministratore delegato Luigi Lovaglio, ma anche il consolidamento dell’intero sistema alle spalle di Intesa Sanpaolo e Unicredit. Non sarebbe ancora un terzo polo fatto e finito, ma qualcosa di molto simile sì. Soprattutto, potrebbe diventarlo. Pazienza, davanti a questi argomenti, se a comperare sia l’ultima incarnazione della compagnia nata dalle cooperative rosse. Su un tema così da prima repubblica il governo è probabilmente disposto a soprassedere: è passato tanto tempo e, soprattutto, non si vedono alternative. A meno che non si voglia guardare a Unicredit, con cui però i rapporti dell’esecutivo sono viziati dall’esito della trattativa naufragata nell’ottobre di tre anni fa.
Dal lato Unipol i nodi sul tavolo sono probabilmente altri. Prima di tutto, il prezzo. Il Monte dei Paschi di Siena vale in Borsa, a venerdì scorso, 6,2 miliardi di euro. La quota residuale in mano al Tesoro si può quindi sommariamente valorizzare in 1.650 mi
lioni di euro. Se, come si insiste a dire, via XX Settembre è incline a collocare a breve circa il 15 per cento della sua quota, si può stimare una contropartita di circa 930 milioni. Non pochi, neppure per una società delle dimensioni e della capacità finanziaria di Unipol, oggi alle prese con il ridisegno del proprio perimetro interno dopo l’opa che ha portato a fine giugno al delisting della controllata Unipolsai, che entro fine anno sarà fusa in Unipol. Ma con poco meno di un miliardo Unipol acquisirebbe un ruolo strategico fondamentale nel panorama creditizio italiano. Vi sono però altre controindicazioni. Per allargare
la rete distributiva dei propri prodotti assicurativi, Unipol si troverebbe a scontrarsi con Axa, che ha in essere con Mps un accordo di lunga data. Due i poli: Vita e Danni. Assieme valgono circa 1,4 miliardi di euro, secondo una stima recentemente resa pubblica da Deutsche Bank. Sono partecipazioni paritetiche. Per comperarsi la metà in portafoglio ad Axa il Monte dei Paschi dovrebbe quindi mettere mano alla cassa e trarne almeno 700 milioni. Forse qualcosa di più, se vogliamo pensare di convincere i francesi a vendere. In alcuni casi, in passato, è stato il partner assicurativo entrante a farsi carico dell’onere,
La società potrebbe conquistare la terza rete distributiva per vendere le sue polizze allo sportello
Industrialmente va sciolto l’accordo che lega la banca senese ai francesi di Axa, che oggi guardano a Bnp
ma in questo caso il carico potrebbe diventare troppo pesante.
Alternative
Una trattativa per favorire l’uscita di Axa dall’accordo è nell’ordine delle cose, ma non è centrale nella definizione del progetto. Semplicemente ne allungherebbe i tempi. Se non si trovasse un accordo per l’uscita della compagnia francese, ma su cifre di ben diverso impatto rispetto a quelle prospettate, Unipol potrebbe comunque intestarsi una quota importante del capitale della banca senese e attendere anche fino alla scadenza dei patti in corso, fissata al 2027. Andrà tra le altre cose considerato il net present value dei contratti futuri, ovvero quanto gli attuali contratti pagheranno da qui alla scadenza. Buonsenso suggerisce una via d’uscita più rapida, ed è su questo che si sta lavorando. Tanto più che, dal lato francese, si è aperto il cantiere nazionale che dovrebbe portare a un maxi polo europeo del risparmio gestito, unendo le attività di Axa a quelle di Bnp Paribas, prima banca del Vecchio continente per capitalizzazione di Borsa. Nascerebbe una joint venture da 1.400 miliardi di euro di asset gestiti. Il mercato è in movimento, ma palla è in mano al governo. L’asse di trasmissione delle decisioni è formato da Meloni-giorgettinicola Maione, presidente di Mps. La decisione sta a loro. Sta a loro decidere tempi, modi, partner. Il resto sarà consequenziale.