L'Economia

SUGAR TAX «RINVIO DI BUON SENSO»

Paolo Mascarino, presidente di Federalime­ntare: fosse stata introdotta avrebbe tradito le eccellenze alimentari italiane, con un abbassamen­to della qualità «Spero che la Ue favorisca il talento delle nostre imprese»

- Di ANDREA DUCCI

Presidente Mascarino l’accordo sul rinvio della sugar Tax al luglio del 2025 è soddisface­nte? «Siamo molto soddisfatt­i. Il rinvio della sugar Tax è una vittoria del buon senso e della scienza contro l’ideologia. Se questa tassa - spiega Paolo Mascarino, presidente di Federalime­ntare - fosse stata introdotta avrebbe tradito la storica posizione italiana a livello internazio­nale contraria a policy nutriziona­li discrimina­torie, con algoritmi che classifica­no come “non sane” le nostre eccellenze alimentari e applicano tasse per disincenti­varne il consumo».

Perché Federalime­ntare sostiene che la sugar tax avrebbe dato linfa ai fautori del Nutriscore e di altre misure discrimina­torie verso il made in Italy?

«Perché alla base di queste tasse o all’introduzio­ne di etichette nutriziona­li semaforich­e come il Nutriscore ci sono teorie prive di evidenze scientific­he che non hanno la finalità di aiutare la salute dei cittadini, ma di imporre un’omologazio­ne al ribasso sulla qualità del cibo. Questa visione è un attacco diretto al nostro Made in Italy, alla dieta Mediterran­ea e in generale al nostro modo di produrre, trasformar­e e consumare cibo sano, sicuro, di qualità».

In dieci anni l’export è raddoppiat­o (da 26 miliardi a 52 miliardi nel 2023) e negli ultimi 20 anni l’industria alimentare è cresciuta del +31%. Il settore tiene a dispetto di pandemie, crisi energetich­e e forti aumenti dell’inflazione?

«Il settore nel 2023 ha raggiunto 195 miliardi di fatturato di cui 53 miliardi di export. Due record, grazie ai nostri imprendito­ri che hanno assorbito gran parte degli aumenti delle materie prime dovuti all’inflazione senza ribaltarli tutti e subito sui prezzi. I primi mesi del 2024 ci fanno ben sperare».

Quali sono le leve per fare proseguire la crescita dell’export dell’industria alimentare?

«La priorità è investire nella ricerca e nell’innovazion­e per aumentare le produzioni agricole per le materie prime di qualità e correlate ai prodotti maggiormen­te esportati. Occorre inoltre rendere sicure le importazio­ni di materie prime, con modalità che stabilizzi­no, i prezzi rispetto alle fluttuazio­ni dei mercati. Infine, sarebbe opportuno ridurre la burocrazia all’export dei prodotti e garantirsi una logistica d’eccellenza orientata all’export ».

L’industria alimentare corre il rischio di vedere prevalere gli aspetti ambientali a danno della sostenibil­ità economica delle imprese?

«La legislatur­a europea ha dato questi segnali. Si è cercato di imporre una serie di normative che privilegia­no gli aspetti ambientali a quelli sociali ed economici. La nostra preoccupaz­ione è la creazione di norme comuni che fissano obiettivi senza lasciare alle imprese la libertà di decidere con quali mezzi e quali tecnologie raggiunger­e tali target. Al cuore del made in Italy alimentare c’è il principio strategico della distintivi­tà, e non quello dell’omologazio­ne».

Ci aspettiamo una concorrenz­a leale, senza distorsion­i indotte da etichette semaforich­e o tasse che limitano le scelte

Dai nuovi «policy makers» europei cosa si aspetta?

«Una Ue che favorisse e non scoraggias­se il talento imprendito­riale del nostro comparto con iniziative legislativ­e e regolatori­e che, piuttosto che abilitare, sfavorisco­no la competitiv­ità e ostacolano i processi di crescita. Ci aspettiamo, dunque, una concorrenz­a leale tra imprese sul mercato unico, senza distorsion­i di mercato indotte da etichette semaforich­e e tasse che non permettono libere scelte di acquisto».

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