NEL CLUB DEI BANCHIERI LA LEZIONE EXTRAPROFITTI E I NUOVI COMPITI EUROPEI
La conferma del presidente, Antonio Patuelli e il passo indietro del direttore generale, Giovanni Sabatini Cosa accade nell’abi e cosa vogliono i grandi azionisti, Intesa Sanpaolo e Unicredit? Gli effetti del caso della nuova tassa a carico del sistema cr
Le associazioni per avere ragione d’essere devono essere capaci di generare risposte efficaci alle sollecitazioni che arrivano da un contesto in perenne cambiamento. Nel caso contrario cessa la loro ragione d’esistere. Non deve quindi colpire che l’abi abbia deciso di cambiare il proprio vertice e il direttore generale Giovanni Sabatini abbia fatto un passo indietro.
Il termine disintermediazione è stato coniato da Paul Hawken nel libro «The Next Economy». L’imprenditore statunitense, divenuto un fiero sostenitore del capitalismo naturale, afferma che il termine fu utilizzato per la prima volta per cancellare l’intermediazione bancaria tra soggetti erogatori di prestiti e quelli interessati ad acquisirli. Hawken ha previsto quarant’anni fa che le nuove tecnologie avrebbero consentito agli utenti di svolgere autonomamente tutta una serie di attività che di solito richiedevano mediazione. La stessa idea si può applicare anche quando si parla di politica o di realtà associative.
Negli anni passati la tendenza alla disgregazione si è scatenata anche nelle associazioni a causa di un’eccessiva politicizzazione, con la conseguente perdita del ruolo di intermediatore. Alcune imprese hanno scelto di concentrarsi sulle risorse interne, preferendo prendere decisioni basandosi esclusivamente sulle proprie forze. Adesso però è in atto una riflessione.
Le aziende hanno compreso quanto sia profondo il loro bisogno di aggregarsi per affrontare le nuove sfide imposte dal mercato. Unire competenze e risorse permette di raggiungere obiettivi che nessuna realtà sarebbe in grado di realizzare, specialmente dovendosi muovere in Europa. Questo vuol dire creare un associazionismo moderno in grado di fornire riposte immediate ed efficaci. La stessa Confindustria con l’arrivo alla presidenza di Emanuele Orsini sta gettando le basi per creare un diverso modello di confronto tra imprese e istituzioni. Basta con sistemi elefantiaci e autoreferenziali, bisogna creare organizzazioni capaci di dare soluzioni veloci e funzionali alle istanze che vengono dal nuovo che avanza.
A Palazzo Altieri
Sono queste le ragioni che hanno portato Sabatini, allievo di Tommaso Padoa-schioppa al Tesoro e nipote del linguista Francesco Sabatini, a dimettersi dal suo incarico. Il banchiere era alla direzione dell’abi dal lontano 2009. Provvisoriamente il suo ruolo è stato affidato al vicedirettore generale vicario, Gianfranco Torriero. Ma per la scelta definitiva i giochi sono aperti e decisivi saranno gli orientamenti delle due principali banche, Intesa Sanpaolo e Unicredit. Dietro la sigla Abi si cela un organo di vitale importanza per il panorama finanzial’abi rio italiano.
Proviamo a capirne di più. Le attività dell’abi non hanno scopo di lucro. Ne deriva il fatto che ogni soggetto consociato vi aderisce volontariamente consapevole della centralità della funzione che tale forma associativa ha nella promozione del sistema bancario. Il suo scopo ultimo è sostenere all’interno della società i valori degli iscritti, tutelare gli interessi dei soggetti consociati, promuovere un mercato concorrenziale e ideare progetti per la crescita dell’intero sistema creditizio. Fondamentale sarà adesso garantire gli associati in un ambito più allargato, quello europeo. L’accoppiata Patuelli-sabatini ha governato per circa quindici anni, dopo che le vicende giudiziarie avevano colpito la presidenza di Giuseppe Mussari, ex numero uno del Monte Paschi. È stata una fase difficile in cui sono avvenuti vari dissesti e casi di “mala gestio” penalmente rilevanti. L’abi ha saputo muoversi in modo efficace ed essere una valida interlocutrice delle autorità monetarie. Ma allora perché si è sentita la necessità di cambiare?
Il progetto di Bruxelles
Il contesto creditizio è in rapida evoluzione. La tecnologia, il mercato, la finanza e la politica stanno modificando radicalmente le fondamenta del sistema bancario. Occorre quindi disegnare una realtà che sappia agire in modo diverso. Il dossier più critico, se non ben gestito, sarà l’unione bancaria europea. La creazione di un mercato unico rappresenta un’incognita molto concreta per il futuro degli istituti italiani. Che potrebbero essere oggetto di acquisizioni dall’estero. E senza istituti radicati sul territorio a farne le spese sarà la nostra economia.
Il nuovo Parlamento europeo metterà mano alle regole per le fusioni tra banche di Paesi diversi, cercando di limitare o azzerare del tutto gli attuali ostacoli normativi. Per questa ragione, l’abi deve sapersi muovere al meglio negli uffici di Bruxelles e Francoforte per tutelare le nostre banche. Questo vuol dire che l’uscita di Sabatini non è legata allo strappo di Intesa, avvenuto lo scorso anno, quando fu ritirato il mandato di rappresentanza al Comitato affari sindacali e del lavoro (Casl). Il ricambio è legato alle sfide che saranno imposte dall’europa che nascerà nelle prossime settimane e anche alla tassa sugli extraprofitti. Nell’agosto dello scorso anno il governo Meloni aveva introdotto un’imposta sugli utili delle banche con il decreto Omnibus. La decisione era stata presa durante la stagione dei rialzi dei tassi d’interesse decisi dalla Banca centrale che aveva portato ad un aumento delle rate dei mutui e colpito le fasce di popolazione meno abbienti.
La disputa con il governo
Completamente all’oscuro delle mosse governative, l’abi era rimasta spiazzata dall’introduzione della tassa. Soltanto successivamente l’associazione era intervenuta su spinta dei singoli associati preoccupati dall’incertezza regolatoria e dalle possibili reazioni del mercato. Obiettivo: ridurre l’impatto di un prelievo ritenuto ingiustificato nella ratio, pesante nelle proporzioni e inesatto nella forma.
Il decreto è stato infatti cambiato. Il governo ha presentato un emendamento che ha apportato novità consistenti, consentendo alle banche di non pagare la tassa. L’unica condizione da rispettare è destinare un importo pari a due volte e mezzo l’imposta per rafforzare il patrimonio.
Resta comunque il fatto che l’abi non sia riuscita a intercettare la volontà dell’esecutivo e che inizialmente gli associati abbiano dovuto muoversi singolarmente per bloccare l’imposta. Proviamo a pensare che cosa sarebbe successo se questo fosse accaduto in Europa. Ovviamente il principale indiziato all’uscita era il numero uno Patuelli. Sul banchiere di Ravenna si è però coagulato un consenso quasi unanime per il rinnovo del mandato. Forzare sul ricambio del presidente non avrebbe introdotto maggiore efficienza nella macchina e avrebbe potuto spaccare l’associazione. È stato quindi Sabatini a dover fare un passo indietro e Patuelli si è garantito il sesto mandato.
Il nuovo Parlamento europeo metterà mano alle regole per le fusioni tra gruppi di Paesi diversi