LA SVOLTA VERDE FARÀ DIMINUIRE IL NOSTRO DEBITO
Il monito del nuovo rapporto ASVIS: non possiamo ritardare la transizione, il rischio non è solo climatico ma anche di frenare la crescita del Paese. «Innovazione e lavori verdi possono far scendere la disoccupazione dello 0,4%», dice il direttore Giovannini
Solo accelerando sugli investimenti verdi e trasformando la nostra politica economica in funzione di uno scenario a emissioni zero si riducono i costi, si genera crescita, si mantengono i conti pubblici in ordine e si contribuisce a contrastare la crisi del clima, rispettando gli impegni presi. È il responso del Rapporto di primavera dell’alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile. «Ritardare la transizione energetica a partire dal 2030, invece, aumenta i costi nel breve, nel medio e nel lungo termine, rallentando l’economia, senza contare l’aumento del rischio di eventi climatici disastrosi», spiega il direttore scientifico dell’asvis Enrico Giovannini,già ministro delle Infrastrutture nel governo Draghi, del Lavoro nel governo Letta e oggi docente di Statistica economica all’università di Tor Vergata. Giovannini propone al governo di porre la transizione energetica e la sostenibilità al centro del prossimo Piano Fiscale di Medio Termine. «Non è più possibile pensare una politica economica
Lo studio di ASVIS conferma attraverso l’analisi di diversi scenari che la transizione energetica comporterà profondi cambiamenti strutturali nell’economia, ma ritardare o rallentare il processo avrebbe enormi costi economici e sociali. Al contrario, accelerarlo può generare una nuova ondata di innovazione, aumentando l’efficienza dei sistemi produttivi e producendo risultati migliori per le persone e per il pianeta.
Non basta però continuare nella traiettoria attuale, presa come scenario di base: così facendo la crescita rallenterebbe e le temperature salirebbero fino a + 1,9°C rispetto ai livelli pre-industriali. Nemmeno lo scenario che punta solo alla neutralità carbonica entro il 2050 darebbe i migliori risultati. Sarebbe da preferire lo scenario che punta anche all’innovazione verde (detto «net zero transformation»), con politiche strutturali ben progettate sul lato dell’offerta, che possono non solo attenuare gli effetti depressivi sul breve periodo della transizione, ma soprattutto far sì che la transizione energetica si trasformi in un aumento del benessere collettivo di lungo periodo. «Una maggiore spesa green stimolerebbe la domanda aggregata con uno shock keynesiano nel breve termine, aumentando la produttività a lungo termine. In questo scenario il Pil italiano metterebbe a segno un aumento del 2,2% rispetto allo scenario di base — spiega Giovannini —. In uno scenario di trasformazione green il debito pubblico scenderebbe con maggiore forza e velocità rispetto allo scenario di base e le entrate fiscali aggiuntive potrebbero essere reinvestite in misure di redistribuzione, che contribuirebbero a raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Il tasso di disoccupazione si ridurrebbe di 0,4 punti percentuali», prevede Giovannini. Da evitare a tutti i costi, invece, una transizione tardiva, ossia in atto a partire dal 2030. «Sarebbe troppo tardi non solo in termini climatici, ma anche di costi per l’economia. Il Pil reale calerebbe rispetto a quello dello scenario di base di quasi il 3%, a causa dell’inflazione che incide sui redditi reali e di un tasso di disoccupazione più alto. Il costo per azzerare le emissioni sarebbe concentrato in due sole decadi, diventando molto più oneroso nel complesso», sottolinea Giovannini. Nelle raccomandazioni per l’italia, il rapporto analizza la legislazione e il quadro di investimenti da ottobre 2023 a oggi, compresa la legge di bilancio e la revisione del Pnrr. «Il quadro non è positivo. La legge di bilancio per il 2024 contribuisce poco all’attuazione dell’agenda 2030. Colpisce, in particolare, l’assenza di una strategia per una crescita sostenibile di mediolungo termine e di una visione sistemica
«Bisogna puntare alla net zero transformation, con politiche strutturali ben progettate sul lato dell’offerta» al di fuori della sostenibilità», commenta. Gli scenari
La legge di bilancio per il 2024 contribuisce poco all’agenda 2030: manca una strategia di medio-lungo termine
capace di collegare la legge di bilancio con le altre linee di intervento pubblico. Occorre fare di più», esorta Giovannini.
ASVIS chiede al governo di adottare un approccio sistemico per disegnare e attuare le politiche pubbliche; di definire un piano fiscale a medio-termine che ponga al centro la sostenibilità e integri lo scenario Net-zero Transformation presentato nel rapporto; di varare una Legge sul Clima che sancisca la neutralità climatica dell’italia entro il 2050 e di definire un Piano Nazionale Integrato Energia-clima all’altezza del pacchetto Fit-for-55. «È inutile dire no per partito preso a tutti i provvedimenti di sostenibilità varati dall’europa: no alle auto pulite, no alle case green, no all’accelerazione delle rinnovabili — fa notare Giovannini —. In questo modo, si condanna l’industria italiana a rimanere indietro rispetto ai concorrenti europei e globali, perdendo competitività e posti di lavoro», rileva. Sarebbe un peccato perdere punti sull’innovazione sostenibile, driver di crescita comprovato per il manifatturiero, cuore pulsante dell’economia italiana.