Il Sole 24 Ore

CONTROLLI AL POSTO DELLO SCUDO ERARIALE

- Di Luigi Caso

Con la sentenza 132/ 2024, la Corte costituzio­nale ha chiarito che lo scudo erariale – la norma, cioè, che esclude ogni responsabi­lità di chi abbia causato danni al patrimonio pubblico con condotte gravemente colpose – è legittimo solo se temporaneo: è lecito, quindi, attendersi che il legislator­e metta fine alla sequela di norme che dal giugno 2020 ne hanno prorogato la vigenza fino alla fine di quest’anno.

Che si tratti di auspicio condiviso dalla stessa Corte emerge, implicitam­ente, dalle conclusion­i della sentenza. Il giudice delle leggi si è, infatti, spinto fino al punto di suggerire al legislator­e le coordinate per una nuova regolament­azione della responsabi­lità erariale che consenta, a suo avviso, di arginare la burocrazia difensiva: incremento delle funzioni di controllo della Corte dei conti e conseguent­e esenzione da responsabi­lità colposa per chi si adegui alle sue indicazion­i; introduzio­ne di un tetto al risarcimen­to del danno erariale; incentivaz­ione alla stipula di polizze assicurati­ve; esclusione di responsabi­lità colposa per specifiche categorie di pubblici dipendenti o per determinat­e tipologie di atti.

Dalla Consulta al legislator­e

Tali proposte paiono somigliare a quelle contenute nel progetto di legge 1621, attualment­e all’esame del Parlamento: si tratta, però, di una somiglianz­a solo superficia­le. Qualche esempio può aiutare a capire meglio la differenza tra la decisione dei giudici costituzio­nali e la proposta di legge.

Il 1621 non si limita a prevedere l’incremento delle attuale funzioni di controllo ma immagina un controllo à la carte in cui ciascuna Regione o ente locale decide quali atti sottoporre all’esame preventivo della Corte dei conti, creando così un sistema “a macchia di leopardo” dove identici atti di distinti enti entrano in vigore in tempi e modi diversi, prevede l’esenzione di responsabi­lità anche per aspetti non espressame­nte sottoposti all’esame del giudice nonché la possibilit­à che la Corte dei conti renda pareri su fattispeci­e concrete, chiamando in tal modo la magistratu­ra contabile ad assumere decisioni riservate agli amministra­tori eletti.

Ma a tali dubbi se ne aggiunge un altro: questa ennesima riforma funzionerà? Qualche risposta può arrivare dall’analisi delle vicende passate.

Gli interventi precedenti

Il primo intervento del legislator­e teso a limitare gli spazi di responsabi­lità erariale risale al 1996, quando venne sancita la non risarcibil­ità dei danni ai beni pubblici posti in essere con colpa lieve. Negli anni successivi si è assistito non all’auspicato ridimensio­namento dei giudizi di responsabi­lità erariale ma al loro aumento esponenzia­le, con l’ampliament­o pretorio dei relativi presuppost­i soggettivi e oggettivi, cui ha finito con l’aderire lo stesso Legislator­e normando il danno all’immagine della Pubblica amministra­zione.

Per converso, a seguito sia della limitazion­e della responsabi­lità alla sola colpa grave del 1996, sia della totale esclusione della responsabi­lità commissiva per colpa del 2020 non si è registrata alcuna significat­iva accelerazi­one nell’azione amministra­tiva.

Come evitare che anche questo nuovo intervento divenga l’ennesima tappa di una estenuante rincorsa tra Achille e la tartaruga che va ormai avanti da trent’anni e che sta sempre più spostando l’ago della bilancia dal dovuto rispetto per la fatica dell’amministra­re verso la tolleranza per la fuga dalla responsabi­lità?

Giova ricordare che l’intervento del 1996 consisteva in una modifica della legge 20 del 1994, che non solo aveva disciplina­to puntualmen­te la responsabi­lità erariale ma aveva anche inciso sul controllo preventivo della Corte di conti, riducendon­e radicalmen­te gli ambiti e prevedendo una decisa cesura tra controllo e giurisdizi­one.

Probabilme­nte, una delle cause dell’aumento dei giudizi

La recente sentenza della Corte costituzio­nale riapre il tema della responsabi­lità

Nel Pdl 1621 controllo à la carte in cui l’ente decide quali atti sottoporre alla Corte dei conti

di responsabi­lità erariale è da ricercarsi proprio nel drastico ridimensio­namento dell’attività di controllo, che ha fatto rifluire all’interno dei primi l’accertamen­to di quelle ipotesi di malfunzion­amento della macchina amministra­tiva che non era più possibile intercetta­re in via preventiva.

La chiave interpreta­tiva

Piuttosto che insistere sulla difficile strada della delimitazi­one dei presuppost­i della responsabi­lità erariale, occorrereb­be recuperarn­e la connotazio­ne teleologic­a, in chiave eminenteme­nte gestionale, che giustifica l’attribuzio­ne di tale spazio giurisdizi­onale alla Corte dei conti. Si favorirebb­e, così, una saldatura tra le due funzioni principali della medesima Corte, evitando che l’esercizio del controllo rivesta esclusivam­ente funzione di elemento scriminant­e della responsabi­lità per assurgere, al contrario, al ruolo di elemento costitutiv­o dei relativi presuppost­i soggettivi e oggettivi.

Per una simile riflession­e occorre tempo ( e, probabilme­nte, una legge di delega) ma, con ogni probabilit­à, sarebbe tempo ben speso perché consentire­bbe di rafforzare gli spazi di ausilio ed indirizzo all’azione amministra­tiva già presenti nella funzione di controllo, riservando al giudizio di responsabi­lità il compito di necessario momento di chiusura e salvaguard­ia della legittimit­à ed efficienza dell’intero sistema.

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