Valorizzazione delle produzioni tipiche e fondi Ue per rilanciare l’Alta Valle Stura
Viaggio nelle aree interne/ 4. L’area montana piemontese sopra Cuneo ha subito un forte spopolamento. Le strategie puntano su zootecnia, alimentare, recupero immobiliare e cultura
Ombra al mattino. Ombra a mezzogiorno. Ombra al pomeriggio. Ombra sempre. Sali verso l’Alta Valle Stura, sulle montagne piemontesi, e ti sembra che, nonostante la luce accecante e il caldo intenso della piena estate, la dimensione principale sia quella dell’ombra.
L’ombra che si fa buio mentre da Cuneo sali in macchina verso Vinadio e ancora più su, perché ti trovi imbottigliato fra le decine e decine di Tir che, a ogni ora del giorno e con qualunque condizione climatica, portano verso il resto del Nord Italia e, poi, nei supermercati europei l’acqua minerale Sant’Anna, concessioni pubbliche assegnate all’omonimo gruppo, che ormai fattura oltre 300 milioni di euro all’anno, classico rapporto di odio e amore con la comunità che beneficia dell’occasione del lavoro e subisce l’impatto tutt’altro che mite della catena dei trasporti.
Giulia Jannelli guida la cooperativa agricola di comunità Germinale. È a Pontebernardo, frazione di Pietraporzio. « Gestiamo il punto degustazione dell’agnello sambucano dell’Ecomuseo della pastorizia e proponiamo solo formaggi locali - racconta Giulia - e operiamo nella agricoltura e nella cura dei boschi. Molti proprietari non riuscirebbero a occuparsene. Noi ci proviamo. I nostri numeri sono piccoli. Fatturiamo centomila euro all’anno. Ma sono ricavi veri. Il problema è lo svuotamento di queste montagne. Senza un recupero demografico, diventa difficile per chi qui prova a fare attività produttive » .
L’Alta Valle Stura è composta dai comuni di Argentera, Pietraporzio e Sambuco: nel 1901 i residenti erano 2.103, adesso sono 238. Nei paesi della Media Valle Stura gli abitanti nel 1901 erano 18.216; adesso sono 4.392. Osserva Maurizio Giraudo, vicepresidente della cooperativa ed economista a lungo impegnato nella ricerca empirica e nella formazione a Torino: « In tanti, negli anni Settanta, hanno costruito una seconda casa in alta valle. Adesso, però, scarseggia la neve » .
Fra terra in proprietà e terra in gestione, fra boschi e prati la cooperativa Germinale ha sette ettari. Produce ortaggi, segale, erbe officinali. Il comune di Pietraporzio ha 60 residenti. Dice Maximiliano, argentino con un passato nella TV e nel cinema del suo Paese, che fa crescere con Giulia su queste montagne la figlia Maite ( in basco significa Amata), di 12 anni: « In tutta la provincia di Cuneo, non solo in Valle Stura, esistono 3.200 esemplari di pecore sambucane, l’antica matrice di queste montagne. Per ciascuna l’allevatore ottiene non meno di 60- 70 euro pubblici. Senza questi sussidi, gli allevamenti chiuderebbero » .
Il destino dei territori è strano. Le Langhe di Beppe Fenoglio – raccontante nella loro povertà nella “Malora” e “La paga del sabato” – sono diventate scintillanti luoghi di riposo e di eccitazione da Barolo e da Barbaresco per i ricchi milanesi e torinesi, svizzeri e tedeschi. I vignaioli delle Langhe, che peraltro stanno scontando il problema di alcuni episodi di caporalato, hanno il problema se aumentare o no la produzione piantando i filari esposti a nord. La loro prosperità potrebbe soltanto crescere, se i prezzi delle loro bottiglie riducessero le distanze dalle loro equivalenti francesi. In Alta Valle Stura, invece, nulla di simile è accaduto. Lo svuotamento delle vallate è stato significativo con l’industrializzazione, quando i montanari e i contadini sono scesi in pianura diventando operai a Cuneo, ad Asti e a Torino. Il mondo dei vinti del capo partigiano e scrittore Nuto Revelli - 270 interviste raccolte nell’omonimo libro e altre 300 in “L’anello forte” - conserva la sua attualità. Perché, qui, le criticità strutturali delle aree interne sono tutte presenti: lo spopolamento e l’abbandono dei borghi, l’assenza di collegamenti e la riduzione dei servizi.
Scendendo verso valle e poi risalendo in un altro costone della Valle Stura, arrivi alla Borgata Paraloup, l’antico presidio della guerra partigiana trasformata in un luogo di memoria sulla Resistenza e di riflessione culturale da parte della cultura laica, in particolare torinese. Il posto è bellissimo. Un pezzo alla volta sono state ristrutturate le case di pietra, appartenute ai montanari per secoli e ai partigiani negli inverni e nelle primavere della Seconda guerra mondiale. L’operazione è avvenuta in diverse fasi, attirando 1,7 milioni di euro di fondi dell’Unione europea, della Regione Piemonte e delle fondazioni ex bancarie Cassa di Risparmio di Torino, Cassa di Risparmio di Cuneo e Compagnia di San Paolo. Dice Beatrice Verri, direttrice della Fondazione Nuto Revelli: « Qui le formazioni di Giustizia e Libertà avevano le retrovie dove formavano i quadri della guerra partigiana. Il nostro lavoro è culturale e immateriale. Ma per noi è anche molto importante, in una valle così lontana dai circuiti turistici tradizionali, offrire una opportunità di conoscenza della montagna più selvaggia. Il lavoro culturale sulla memoria è incardinato sulla conservazione dell’archivio e della biblioteca di Nuto Revelli. Paraloup nasce nel 2006 con una urgenza anche esistenziale, perché allora erano ancora vivi alcuni partigiani che abitavano qui nel comune di Rittana. Siamo il frutto di questa comunità » .
Le aree interne non contemplano solo fattori complessi come lo spopolamento e l’assottigliarsi dei servizi pubblici. Spesso costituiscono anche una sorta di periferia della cultura e delle esperienze. O, meglio, così appare da lontano, a chi ha uno sguardo “cittadino”. Dice Filippo Barbera, sociologo dell’Università di Torino e uno dei maggiori conoscitori italiani del problema delle aree interne: « La cosa che accomuna la cooperativa Germinale nell’Alta Valle Stura e la Borgata Paraloup è l’innovazione sociale radicale. Tutte e due sorgono in luoghi lontani dalle grandi città e sono animati da persone super motivate. In questi luoghi si compiono esperienze molto originali. A Torino e a Milano è faticoso fare capire la loro innovazione sociale » .
Al ritorno dalla Valle Stura, nel tardo pomeriggio di una giornata passata in mezzo al deserto alpino pieno di persone assetate di bellezza e di cose nuove, l’ombra lunga dei Tir è ovunque.