LA VIA DEL DIALOGO TRA CONSULTAZIONE REFERENDARIA E RICORSI ALLA CONSULTA
L’immediato successo della richiesta di referendum della legge Calderoli ha aperto una fase nuova e forse ha paradossalmente creato le premesse per riaprire il dialogo tra le parti.
Ne vediamo tracce anche nelle recenti prese di posizione del Ministro Calderoli sul Sole 24 Ore. Ci riferiamo alla sua replica del 3 agosto alle argomentazioni dell’ex Presidente della Corte costituzionale Franco Gallo in tema di rispetto sostanziale delle garanzie fissate dall’art. 119, il 1° agosto, e all’intervista rilasciata a Gianni Trovati il 9 agosto.
Il Ministro infatti, da un lato sembra favorevole ad una interpretazione della legge che non consenta di richiedere da parte delle Regioni intere materie o porzioni troppo ampie di materie fino a compromettere il ruolo dello Stato in settori cruciali: « Se all’interno delle singole materie individuiamo con la cautela del buon padre di famiglia quello che può essere gestito meglio dalle Regioni, e spesso si tratta di funzioni amministrative tipo leggi Bassanini per intenderci... » ; dall’altro sottolinea come vi siano nella sua legge e nella legge delega per la riforma fiscale indicazioni convergenti con quelle del Presidente Franco Gallo nel senso di attuare l’autonomia differenziata nel quadro della ripresa di attuazione della legge sul federalismo fiscale, n. 42 del 2009.
In sostanza si risponde ora a critiche rivolte dalle opposizioni nel corso dell’esame parlamentare. Sembra venir meno la ragione principale del conflitto e cioè la volontà del Governo di mantenere un legame con l’impostazione strumentale, massiva e parossistica delle prime richieste di intesa ( convalidate nell’art. 11 della legge Calderoli).
Se si riaprissero le condizioni di un confronto costruttivo, la ripresa dell’attuazione della legge n. 42 del 2009 per il federalismo fiscale consentirebbe di collocare in un quadro di sistema l’autonomia differenziata cominciando dal punto più importante, la determinazione prioritaria delle risorse e del fondo previsto dall’articolo 119 della Costituzione per la perequazione finanziaria tra le Regioni. Si potrebbe ipotizzare un disegno di legge di raccordo tra le riforme ordinamentali che dovranno accompagnare il prossimo varo di un piano strutturale di bilancio di medio termine secondo il nuovo patto di stabilità e le scadenze previste dal Pnrr.
Occorre però uscire dall’attuale situazione di contrapposizione frontale e sciogliere la questione costituzionale che ne è il principale oggetto. Spetta alla Corte costituzionale di pronunciare una parola decisiva.
A tal fine è indispensabile che le Regioni accompagnino alla richiesta di referendum l’impugnazione diretta della legge davanti alla Corte costituzionale.
La legge Calderoli produce direttamente la lesione delle prerogative costituzionali delle Regioni nel momento in cui prevede la possibilità di richiedere intese per il trasferimento di intere materie o ambiti di materie talmente vasti oltre i limiti del rispetto del sistema di competenze fissato dall’articolo 117. Tale previsione, in uno con la riserva del corrispondente gettito territoriale dei tributi erariali, crea infatti una differenziazione tra le Regioni eccessiva e in specie costituzionalmente illegittima con concreta diminuzione della loro sfera di attribuzioni nei rapporti con lo Stato e le altre regioni.
Il vizio di costituzionalità così definito coincide con la lesione. La legge Calderoli determina direttamente la lesione in quanto consente l’avvio dei negoziati su basi costituzionalmente improprie e lesive che si consoliderebbero attraverso la definizione di intese. Ne deriva la necessità di impugnare in via diretta quella legge, a pena di decadenza della possibilità di opporsi in futuro.
In conclusione il ricorso alla Corte costituzionale da parte di tutte le regioni che hanno deliberato la richiesta di referendum rafforza questa richiesta chiarendone motivazioni e finalità, ha solidi presupposti di legittimazione e di argomentazione nel merito e può dar luogo ad una sentenza che consenta di ricomporre il dialogo sui grandi temi che impattano sull’assetto territoriale del Paese e sull’unità nazionale.
Una impugnazione diretta della legge davanti alla Corte, da parte delle Regioni, potrebbe paradossalmente riaprire la strada a un confronto costruttivo