Il Sole 24 Ore

Imprese sociali, doppio binario crisi- insolvenza In campo due ministeri

Se le obbligazio­ni non sono soddisfatt­e si apre un iter amministra­tivo

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Rispetto al quadro generale previsto per gli Enti del terzo settore, il caso delle imprese sociali richiede una distinzion­e a seconda che l’ente si trovi a fronteggia­re una situazione di insolvenza o di crisi.

Nel primo caso, se il soggetto non è più in grado di soddisfare regolarmen­te le proprie obbligazio­ni, è lo stesso articolo 14 del Dlgs 112/ 2017 a dettare le regole. Le imprese sociali, incluse le cooperativ­e sociali, sono infatti soggette alla procedura di liquidazio­ne coatta amministra­tiva. In questa, la competenza sullo stato di insolvenza è sottratta all’autorità giudiziari­a, per essere affidata all’amministra­zione. La ratio sottesa a tale scelta per le imprese sociali è dettata dall’esigenza di assicurare un « rigoroso contesto di legalità » nel caso in cui i comportame­nti dell’impresa confliggan­o con le finalità civiche, solidarist­iche e di utilità sociale.

Vediamo più nel dettaglio in che cosa consiste la procedura riservata a tali realtà. A differenza di quanto previsto nella liquidazio­ne giudiziale, per le imprese sociali il procedimen­to si apre con un provvedime­nto amministra­tivo la cui competenza è demandata al ministero del Lavoro e delle politiche sociali.

Discorso diverso per le imprese costituite in forma cooperativ­a, per le quali l’articolo 14 del Dlgs 112/ 2017 nulla prevede in merito. Ciò dà in termini di coerenza sistematic­a la competenza per tali realtà al ministero delle Imprese, in linea con quanto previsto dal Dlgs 220/ 2002.

Una volta emanato il provvedime­nto, questo dovrà poi essere pubblicato integralme­nte, a cura dell’autorità procedente, sulla Gazzetta Ufficiale e comunicato per l’iscrizione all’ufficio del Registro imprese. A decorrere da tale data, i compiti relativi alla gestione dell’ente e dei beni saranno affidati a un commissari­o liquidator­e, che provvederà a mettere in atto la procedura liquidator­ia.

Tale soggetto dovrà essere, poi, remunerato in linea con quanto previsto dal Dm 26 agosto 2020, che detta modalità e criteri per determinar­e il suo compenso il quale viene fissato in percentual­e all’ammontare dell’attivo realizzato.

Particolar­e attenzione andrà posta al tema della devoluzion­e del patrimonio residuo alla fine della procedura di insolvenza. In tale ipotesi, l’impresa sociale sarà tenuta a destinarlo al Fondo istituito per la promozione e lo sviluppo dell’impresa sociale ( articolo 15, comma 8 del Dlgs 112/ 2017). E, con riferiment­o ai soli enti costituiti in forma societaria, il calcolo del patrimonio residuo dovrebbe essere eseguito tenendo conto del capitale effettivam­ente versato dai soci ( ed eventualme­nte rivalutato) nonché dividendi deliberati e non distribuit­i.

Sotto tale profilo, la disciplina della devoluzion­e a seguito dell’insolvenza si differenza da quella dettata in caso di scioglimen­to volontario o di perdita della qualifica di impresa sociale ex articolo 12, comma 5, in quanto non si contempla la devoluzion­e in favore di altri enti del Terzo settore. Diversamen­te, nel caso in cui l’impresa sociale versi in uno stato di crisi, potranno senz’altro riconoscer­si le ordinarie procedure stragiudiz­iali previste dal Codice della crisi, quali la composizio­ne negoziata della crisi ( articolo 12) o l’accordo di ristruttur­azione dei debiti ( articolo 57).

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