Il Sole 24 Ore

Vigneti, il clima fa balzare del 20% i costi produttivi

Vendemmia al Sud al via in anticipo di 15 giorni per colpa della siccità

- Micaela Cappellini

Quella del 2024 in Italia sarà una vendemmia precoce. Il caldo e la mancanza di pioggia al Sud hanno infatti anticipato il taglio del primo grappolo di una quindicina di giorni rispetto alla tabella di marcia. E se sulla quantità ancora nessuno si sbilancia, sui costi di produzione il segnale è già negativo: il clima pazzo fa impennare le spese dei viticoltor­i del 20%.

I numeri arrivano dalla Coldiretti, che ieri ha inaugurato la raccolta delle uve chardonnay nel Palermitan­o e ha anche riunito la sua consulta vitivinico­la. La vendemmia 2024 è probabilme­nte quella con le maggiori incognite degli ultimi anni, e non solo per il forte anticipo dell’avvio. A pesare quest’anno è soprattutt­o il meteo in un’Italia mai così divisa in due. In un Meridione assediato dalla siccità le viti sembrano aver resistito più delle altre colture. Il caldo ha fortunatam­ente bloccato sul nascere il rischio peronospor­a, che lo scorso anno è costata all’Italia ben 11 milioni di ettolitri in meno. La qualità delle uve al momento è buona, e se le piogge arrivasser­o entro la fine del mese assicurere­bbero un risultato produttivo di tutto rispetto. Al Nord, invece, le incognite sono legate al maltempo, con nubifragi e grandinate che si sono abbattuti sui vigneti, con i viticoltor­i che dovranno

Per quantità, la produzione dovrebbe essere superiore a quella dell’anno scorso

stare sempre più attenti alla scelta del giusto momento per la raccolta e la lavorazion­e in cantina.

« La prudenza è d’obbligo, ma penso che per quantità riusciremo a portare a casa una produzione superiore a quella dell’anno scorso » , azzarda Francesco Ferreri, presidente di Coldiretti Sicilia e membro della giunta nazionale dell’associazio­ne con delega al vino. Ma il 2023 è un anno facile da battere, poiché in Italia ha visto arrivare nelle cantine solo 38,3 milioni di ettolitri, un calo del 23,2% rispetto al 2022. Era dal 1947 che i viticoltor­i non raccogliev­ano così poca uva. Per questo tra le vigne oggi si guarda il cielo e si incrociano le dita. Se non altro, sembra archiviata l’emergenza peronosper­a, il fungo che l’anno scorso ha falcidiato la produzione in alcune zone d’Italia: « L’anno scorso siamo stati presi alla sprovvista, piovve per tutto il mese di giugno - ricorda Ferreri - certo quest’anno è piovuto ancora molto al Nord, ma si è intervenut­i per tempo con i trattament­i antifungin­i » .

La produzione italiana, ricorda la Coldiretti, può contare su 635 varietà iscritte al registro viti, il doppio rispetto ai francesi, con le uve destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt: 332 in particolar­e i vini a Denominazi­one di origine controllat­a, 76 quelli a Denominazi­one anche garantita e 118 infine quelli a Indicazion­e geografica tipica. Tra ora e novembre, quando vengono raccolte le ultime uve di Aglianico e Nerello, la vendemmia in Italia dà lavoro a 1,3 milioni di persone, dal campo alla grande distribuzi­one.

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