Il digitale, ben utilizzato, aiuta l’apprendimento
Formazione e Invalsi
Irisultati delle prove Invalsi del 2024 segnalano finalmente una piccola, ma positiva inversione di rotta negli apprendimenti scolastici, crollati dopo il Covid. Subito dopo la pandemia, ad esempio, gli studenti e le studentesse dell’ultimo anno delle superiori avevano perso quasi 10 punti nelle prove di matematica, equivalenti a oltre un anno di studio; nel 2024 ne hanno ricuperati 2. Verosimilmente, più ci si allontana dalla pandemia, più gli studenti hanno trascorso anni di scuola normale, più si tende a riavvicinarsi ai livelli di apprendimento precedenti il Covid.
Sono dati da accogliere con speranza, ma senza alcun trionfalismo. La pandemia e la frequenza scolastica a pezzi e bocconi che ne è seguita si stima abbiano fatto perdere agli allievi il 20% delle conoscenze e competenze che avrebbero altrimenti acquisito: una voragine enorme e una lunga strada per colmarla. Ancora oggi il 48% dei diplomati non raggiunge il livello adeguato in matematica che ci si attende dopo 13 anni di studio. Mentre dalle primarie e soprattutto dalle medie arrivano – con l’eccezione dell’inglese – segnali di arretramento; non un buon auspicio per un recupero rapido e duraturo dei livelli pre- Covid, già allora peraltro per nulla soddisfacenti. I dati Invalsi dovrebbero portare semmai la scuola e chi ne governa le politiche a riflettere su nuove forme di insegnamento vicine ai ragazzi, in grado di interessarli e coinvolgerli di più. Fra queste, la didattica digitale. Che ha potenzialità così come rischi, ma in ogni caso va discussa senza manicheismi.
Non va in questa direzione la circolare del Ministro Valditara, che vieta gli smartphone in classe nelle scuole primarie e medie, anche per finalità didattiche sotto la guida degli insegnanti, salvo che si tratti di un progetto a favore di una persona disabile.
I device digitali a scuola fanno discutere molti Paesi in Europa e nel mondo, alcuni dei quali – come Inghilterra, Olanda e Francia – hanno preceduto l’Italia sul terreno dei divieti. Ma che cosa ci dicono le ricerche internazionali, alle quali ha fatto riferimento lo stesso Ministro? Confermano con i dati un’ipotesi che lo stesso buon senso suggerisce: un uso smodato e a scopo ricreativo – in altre parole, per perdere tempo – degli smartphone in classe distrae lo studente e ne peggiora il rendimento scolastico. Scrive l’Ocse: « Gli studenti che a scuola usano per il proprio intrattenimento il dispositivo digitale per più di un’ora al giorno, hanno un punteggio Pisa in matematica di 9 punti più basso di chi non lo fa » .
Se, però, ci si ferma qui, la si fa troppo semplice. L’Ocse, infatti, prosegue: « In media, gli studenti che a scuola passano tra una e cinque ore al giorno sui dispositivi digitali per studiare hanno 20 punti Pisa in più in matematica rispetto a chi non li usa » .
Anche l’Unesco, non meno preoccupata per i danni di un uso compulsivo degli strumenti digitali, non chiude tuttavia la porta alla didattica digitale: « Gli smartphone a scuola? Solo quando possono chiaramente aiutare l’apprendimento » .
Peraltro, né Ocse né Unesco ( né altro importante studio a mia conoscenza) fanno discendere dall’analisi dei rischi dell’uso degli smartphone a scuola un suggerimento per vietarli in modo quasi assoluto.
Curioso poi che il divieto italiano valga per i cellulari, ma non per pc e tablet, che prevedono applicazioni e contenuti sostanzialmente identici. L’unica differenza è che – pure con i grandi investimenti fatti – tablet e pc nelle scuole non sono abbastanza per tutti. Non a caso l’esortazione di chi crede in un uso didattico intelligente e diffuso del digitale è: “Bring your own device!”.
In conclusione, semplificazioni e divieti non aiutano a fare crescere gli apprendimenti, né il senso di responsabilità degli studenti. Meglio lasciare che siano gli insegnanti a decidere su come, quando e quanto utilizzare gli strumenti digitali a scuola. Insegnanti meglio formati – non solo sulle nuove tecnologie, ma soprattutto sulle strategie di innovazione didattica – possono contrastare i rischi di distrazione del digitale a scuola, sfruttandone le grandi risorse didattiche.
LA CIRCOLARE DEL MINISTRO VALDITARA INVECE VIETA GLI SMARTPHONE IN CLASSE NELLE PRIMARIE E MEDIE