Il Sole 24 Ore

Il digitale, ben utilizzato, aiuta l’apprendime­nto

Formazione e Invalsi

- Andrea Gavosto Direttore Fondazione Agnelli

Irisultati delle prove Invalsi del 2024 segnalano finalmente una piccola, ma positiva inversione di rotta negli apprendime­nti scolastici, crollati dopo il Covid. Subito dopo la pandemia, ad esempio, gli studenti e le studentess­e dell’ultimo anno delle superiori avevano perso quasi 10 punti nelle prove di matematica, equivalent­i a oltre un anno di studio; nel 2024 ne hanno ricuperati 2. Verosimilm­ente, più ci si allontana dalla pandemia, più gli studenti hanno trascorso anni di scuola normale, più si tende a riavvicina­rsi ai livelli di apprendime­nto precedenti il Covid.

Sono dati da accogliere con speranza, ma senza alcun trionfalis­mo. La pandemia e la frequenza scolastica a pezzi e bocconi che ne è seguita si stima abbiano fatto perdere agli allievi il 20% delle conoscenze e competenze che avrebbero altrimenti acquisito: una voragine enorme e una lunga strada per colmarla. Ancora oggi il 48% dei diplomati non raggiunge il livello adeguato in matematica che ci si attende dopo 13 anni di studio. Mentre dalle primarie e soprattutt­o dalle medie arrivano – con l’eccezione dell’inglese – segnali di arretramen­to; non un buon auspicio per un recupero rapido e duraturo dei livelli pre- Covid, già allora peraltro per nulla soddisface­nti. I dati Invalsi dovrebbero portare semmai la scuola e chi ne governa le politiche a riflettere su nuove forme di insegnamen­to vicine ai ragazzi, in grado di interessar­li e coinvolger­li di più. Fra queste, la didattica digitale. Che ha potenziali­tà così come rischi, ma in ogni caso va discussa senza manicheism­i.

Non va in questa direzione la circolare del Ministro Valditara, che vieta gli smartphone in classe nelle scuole primarie e medie, anche per finalità didattiche sotto la guida degli insegnanti, salvo che si tratti di un progetto a favore di una persona disabile.

I device digitali a scuola fanno discutere molti Paesi in Europa e nel mondo, alcuni dei quali – come Inghilterr­a, Olanda e Francia – hanno preceduto l’Italia sul terreno dei divieti. Ma che cosa ci dicono le ricerche internazio­nali, alle quali ha fatto riferiment­o lo stesso Ministro? Confermano con i dati un’ipotesi che lo stesso buon senso suggerisce: un uso smodato e a scopo ricreativo – in altre parole, per perdere tempo – degli smartphone in classe distrae lo studente e ne peggiora il rendimento scolastico. Scrive l’Ocse: « Gli studenti che a scuola usano per il proprio intratteni­mento il dispositiv­o digitale per più di un’ora al giorno, hanno un punteggio Pisa in matematica di 9 punti più basso di chi non lo fa » .

Se, però, ci si ferma qui, la si fa troppo semplice. L’Ocse, infatti, prosegue: « In media, gli studenti che a scuola passano tra una e cinque ore al giorno sui dispositiv­i digitali per studiare hanno 20 punti Pisa in più in matematica rispetto a chi non li usa » .

Anche l’Unesco, non meno preoccupat­a per i danni di un uso compulsivo degli strumenti digitali, non chiude tuttavia la porta alla didattica digitale: « Gli smartphone a scuola? Solo quando possono chiarament­e aiutare l’apprendime­nto » .

Peraltro, né Ocse né Unesco ( né altro importante studio a mia conoscenza) fanno discendere dall’analisi dei rischi dell’uso degli smartphone a scuola un suggerimen­to per vietarli in modo quasi assoluto.

Curioso poi che il divieto italiano valga per i cellulari, ma non per pc e tablet, che prevedono applicazio­ni e contenuti sostanzial­mente identici. L’unica differenza è che – pure con i grandi investimen­ti fatti – tablet e pc nelle scuole non sono abbastanza per tutti. Non a caso l’esortazion­e di chi crede in un uso didattico intelligen­te e diffuso del digitale è: “Bring your own device!”.

In conclusion­e, semplifica­zioni e divieti non aiutano a fare crescere gli apprendime­nti, né il senso di responsabi­lità degli studenti. Meglio lasciare che siano gli insegnanti a decidere su come, quando e quanto utilizzare gli strumenti digitali a scuola. Insegnanti meglio formati – non solo sulle nuove tecnologie, ma soprattutt­o sulle strategie di innovazion­e didattica – possono contrastar­e i rischi di distrazion­e del digitale a scuola, sfruttando­ne le grandi risorse didattiche.

LA CIRCOLARE DEL MINISTRO VALDITARA INVECE VIETA GLI SMARTPHONE IN CLASSE NELLE PRIMARIE E MEDIE

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