Più società controllate e meno istituzionali
L’annuale Rapporto sulla corporate governance della Consob, aggiornato a fine 2023, registra per le 210 società del listino con sede in Italia un’ « elevata concentrazione proprietaria » e la « scarsa contendibilità del controllo » . La quota del primo azionista risulta in media pari al 49,1% rispetto al 49% dell’anno prima, quando nel 2011 era del 46%. In particolare sono le società di piccole e medie dimensioni a essere più presidiate, con il socio maggioritario che mediamente ha in mano il 56,7% del capitale. Nelle blue chip dell’indice principale la quota scende al 29,4%. Le famiglie continuano a essere il principale azionista di riferimento, controllando il 62,4% delle società quotate. Il socio pubblico è invece l’azionista di riferimento per l’ 11,9% delle società quotate, ma si tratta di quelle di maggiori dimensioni. Sempre nell’ambito delle grandi società, per il 18,6% degli emittenti – segnala la Consob – non è possibile individuare un “ultimate controlling agent”. In parallelo scende la quota di capitale in mano al mercato, che lo scorso anno si è attestata al 38,3% rispetto al 39% del 2022. Nell’azionariato rilevante diminuisce la componente degli investitori istituzionali, presenti in 51 società. Il calo – segnala il rapporto – è più marcato per gli investitori istituzionali esteri, oggi presenti in 40 società rispetto alle 55 di quattro anni prima. Il lieve aumento della presenza degli istituzionali italiani – titolari di quote rilevanti in 17 quotate rispetto alle 14 del 2019 – non è in grado più di tanto di contrastare il trend. Coerente col contesto è la diffusione dei meccanismi di maggiorazione del potere di voto, introdotti in prevalenza da società a controllo familiare dove il primo azionista detiene mediamente il 57,3% del capitale, una quota ben più elevata rispetto al 44% delle società dove a ogni azione corrisponde un voto. A fine 2023 il voto maggiorato era contemplato nello statuto di 74 società ( erano 69 nel 2021), che pesano per il 16,8% del valore totale del mercato, e dunque sono di dimensioni relativamente contenute. Il voto plurimo è previsto da sette società
( erano quattro nel 2021). Per quanto riguarda la stagione assembleare 2023 – il rapporto indica i dati delle cento società di maggior capitalizzazione – il livello di partecipazione, pari mediamente al 77,8% del capitale, è al massimo storico, ma anche qui cala l’affluenza degli investitori istituzionali, che all’adunanza degli azionisti hanno rappresentato mediamente il 21,2% del capitale sociale, contro il 21,9% del 2022 e il 22,8% del 2021. La partecipazione degli investitori istituzionali esteri è scesa al 18,2% dal 19,3% del 2022 e il 20,4% del 2021, mentre per contro gli istituzionali italiani hanno partecipato mediamente con una quota del 3%, in crescita rispetto al 2,6% del 2021. Da parte degli investitori istituzionali si registra un deciso calo dei voti a favore delle politiche di remunerazione, con il 52,7% rispetto al 62,5% dell’anno prima, e dei compensi corrisposti, con una percentuale che in un anno è passata dal 67,4% al 55,7%. Da segnalare infine per quanto riguarda i cda che la presenza femminile è salita al 43% .