Nel 2050 il rapporto tra lavoratori e non crolla a uno a uno
Nel 2050 in Italia 4 milioni di residenti in meno. Al Sud invecchiamento più rapido
Un calo che appare ormai davvero irreversibile, in base alle tendenze in atto da tempo. La popolazione italiana si riduce, ed è anche destinata a mutare profondamente. Le previsioni Istat sulla popolazione residente e delle famiglie parlano chiaro ( ancora una volta, lo fanno da anni): da circa 59 milioni quanti eravamo a inizio 2023 passeremo a 54,8, cioè 4,2 milioni in meno. Più a lungo termine si stima un ulteriore calo di 8,7 milioni, a 46,1 nel 2080.
Una “glaciazione demografica” quindi, più che un inverno, che presuppone l’alternanza di stagioni. Ma il dato che spicca è un elemento decisivo per la programmazione economica: il rapporto tra individui in età lavorativa ( 15- 64 anni, anche se secondo gli esperti la forchetta è destinata a salire a 19- 69) e non ( 014 e 65 anni e più) passerà da circa tre a due nel 2023 a circa uno a uno nel 2050, il che rende necessaria una maggiore partecipazione al mercato del lavoro per rendere sostenibile il nostro welfare. Con un’età media di 51,5 anni entro il 2050 ( 50,8 per l’Italia), nel Mezzogiorno ci sarà un processo di invecchiamento più rapido: saranno 4,1 milioni le persone di 75 anni e più destinate a vivere sole nel 2043, in aumento di 1,2 milioni rispetto al 2023.
Questo processo di riduzione demografica è in atto da tempo: tra il 2014 e il 2023, sotto l’azione di dinamiche demografiche recessive, il Paese ha perso circa un milione 350 mila residenti ( da 60,3 milioni a poco meno di 59). Il progressivo spopolamento investe tutto il territorio, ma con differenze tra Nord, Centro e Mezzogiorno che fanno sì che tale questione raggiunga una dimensione significativa soprattutto in quest’ultima ripartizione. Secondo lo scenario mediano, nel breve termine si prospetta nel Nord (+ 1,5‰ annuo fino al 2030) un lieve ma significativo incremento di popolazione, al contrario nel Centro (- 0,9‰) e soprattutto nel Mezzogiorno (- 4,8‰) si preannuncia un calo di residenti.
Lo scenario “mediano” dell’Istat mostra che, nel passaggio della popolazione dagli odierni 59 milioni di individui a circa 46 nel 2080, si avranno 21 milioni di nascite, 44,4 milioni di decessi, 18,2 milioni di immigrazioni dall’estero e 8 milioni di emigrazioni. Nello scenario più attendibile, quindi, la popolazione muta radicalmente, e non solo sotto il profilo quantitativo. Le attuali anziane generazioni, infatti, portatrici di valori, usi, livelli di istruzione e competenze proprie lasceranno il passo alle nuove che a loro volta saranno portatrici di pari caratteristiche ma evolute. In che misura accadrà tale trasformazione dipende dall’incertezza associata alle ipotesi sul futuro comportamento demografico, ma non fino al punto di portare in equilibrio, ad esempio, l’attuale distanza tra nascite e decessi.
Anche negli scenari di natalità e mortalità più favorevoli il numero di nascite non compensa quello dei decessi. Infatti – rileva l’Istituto - il previsto o comunque auspicato aumento dei livelli riproduttivi medi ( oggi 1,20 figli per donna) non porta un parallelo aumento delle nascite, in quanto contrastato da un calo progressivo delle donne in età fertile: nel 2023 il numero delle donne in età 15- 49 anni ammonta a 11,6 milioni e che, in base allo scenario mediano, tale contingente è destinato a contrarsi fino a 9,2 milioni nel 2050 e a 7,7 milioni nel 2080.
Nei prossimi 20 anni si prevede un aumento di circa 930mila famiglie: da 26 milioni nel 2023 si arriverà a 26,9 milioni nel 2043 (+ 3,5%). Si tratta di famiglie sempre più piccole, caratterizzate da una maggiore frammentazione, il cui numero medio di componenti scenderà da 2,25 persone nel 2023 a 2,08 nel 2043. Anche le famiglie con almeno un nucleo ( ossia contraddistinte dalla presenza di una relazione di coppia o di tipo genitore- figlio) varieranno la loro dimensione media da 2,94 a 2,79 componenti.
L’aumento della speranza di vita e dell’instabilità coniugale fanno sì che il numero di persone che vivono da sole, vere e proprie “micro- famiglie”, cresceranno nel complesso del 15%, facendo aumentare il loro ammontare da 9,3 milioni nel 2023 a 10,7 nel 2043. Tra l’altro, tale aumento, tanto assoluto quanto relativo, è quello che spiega in più larga misura la crescita globale del numero totale di famiglie. Per le famiglie unipersonali le differenze di genere sono sostanziali, sia di tendenza per di numero assoluto: uomini + 10% a 4,7 milioni, donne + 20% a 6 milioni, nel 2043.
Famiglie sempre più piccole e frammentate Entro il 2043 quelli che vivono da soli aumenteranno del 15%