Il Sole 24 Ore

La corsa delle entrate supera le cifre del Def e può aiutare anche la manovra per il 2025

Nei primi cinque mesi aumento intorno al 9- 10% al netto delle una tantum

- — G. Tr.

Nelle tabelle dell’assestamen­to di bi

lancio ora all’esame dell’Aula della Camera l’aumento delle entrate registrato in questi mesi trova una fotografia solo parziale.

La parte prepondera­nte dei 24,7 miliardi di correzione al rialzo, e in particolar­e dei 16,44 miliardi di entrate tributarie ( Sole 24 Ore di ieri), nasce infatti dall’adeguament­o delle previsioni di inizio d’anno al quadro macroecono­mico tracciato ad aprile dal Documento di economia e finanza. Il punto, però, è che nella realtà le entrate corrono a ritmi più intensi di quelli immaginati dal Def; e di questo spread, positivo, fra previsioni ufficiali e flussi reali nell’assestamen­to c’è per ora solo una traccia.

La prima ragione è quella spiegata dallo stesso disegno di legge, dove è scritto che « per una puntuale quantifica­zione delle entrate del presente esercizio finanziari­o, non sono al momento conosciuti i dati definitivi concernent­i l’autoliquid­azione delle imposte sui redditi » , perché i versamenti si possono effettuare entro il 31 luglio oppure entro la fine di agosto con la maggiorazi­one dello 0,40%. La seconda è nella strategia ormai classica della Ragioneria generale, dove in più di un’occasione le mitiche « pieghe del bilancio » hanno conservato in silenzio coperture tornate utilissime di fronte alle esigenze più diverse.

Con queste premesse, anche senza avventurar­si in previsioni puntuali qualche consideraz­ione è possibile almeno sul fronte del fisco, che porta al bilancio pubblico il 60% abbondante delle entrate totali. Nei primi cinque mesi dell’anno il gettito finito nelle casse dell'Erario è cresciuto del 9,7% ( 18,7 miliardi) rispetto allo stesso periodo del 2023, mentre per l’intero anno il Def prevede un aumento del 2,65%.

Questo confronto grezzo ( Sole 24 Ore del 6 giugno scorso) va depurato da qualche componente una tantum, come il raddoppio delle sostitutiv­e pagate dalle banche su interessi e redditi di capitale che ha portato 4 miliardi più dell’anno scorso. Anche al netto di questi fattori, però, l’impennata rispetto al 2023 resta nei dintorni del 9- 10%, quindi molto più pronunciat­a rispetto a quella indicata nel Def. I conti finali si faranno dopo l’autoliquid­azione delle partite Iva, come spiega l’assestamen­to, ma questo appuntamen­to non dovrebbe riservare sorprese negative perché in totale vale meno del 3% delle entrate tributarie di un anno, e a spingere gli incassi sono fenomeni struttural­i come l’occupazion­e ai massimi.

Un quadro del genere, a invarianza degli altri fattori, potrebbe portare quindi a rivedere al ribasso il deficit e il debito di quest’anno, migliorand­o di conseguenz­a anche le basi di partenza per i conti 2025.

Da qui può quindi arrivare dunque un aiuto non banale alla manovra, che continua però a doversi confrontar­e con tre incognite cruciali: la crescita effettiva di quest’anno e del prossimo, i ritmi reali di attuazione del Pnrr e l’entità della correzione annuale dei conti che sarà chiesta dal nuovo Patto. Un fattore, quest’ultimo, al centro di negoziati che solo a settembre troveranno una forma definita.

Ma sulle prospettiv­e del 2025 resta la tripla incognita legata a crescita, Pnrr ed entità della correzione

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