Le misure anti code sono legge: « Ancora da fare, ma passi in avanti »
Al via la piattaforma e i Cup unici. Le incognite legate ai pochi fondi e al personale
« Siamo consapevoli che c'è ancora molto da fare, ma siamo convinti che la direzione intrapresa per costruire una sanità più efficiente e più vicina ai bisogni dei cittadini sia quella giusta » . È la stessa premier Giorgia Meloni a fine giornata a provare a raccontare lo spirito delle misure per abbattere le liste d'attesa volute dal Governo e dal ministro della Salute Orazio Schillaci diventate legge ieri dopo l'ultimo sì della Camera. Un provvedimento approvato tra la levata di scudi delle opposizioni - « Non si possono abbattere le liste d'attesa senza mettere un euro e assumere personale » , l’accusa della segretaria Pd Elly Schlein - che rappresenta però forse il provvedimento più significativo dell’Esecutivo per la Sanità.
Il bicchiere mezzo pieno dice che se le principali misure - alcune delle quali già previste in passato ma mai davvero applicate - saranno davvero messe a terra potrebbe finalmente scattare una mini rivoluzione per i cittadini: innanzitutto sarà attivata la Piattaforma nazionale sulle liste d’attesa, in capo all'Agenas, che monitorerà in tempo reale le code ospedale per ospedale ( cosa che oggi non avviene o accade in modo parziale) individuando così le situazioni più critiche dove intervenire. Si punta poi ad attivare dei Cup ( i centri di prenotazione) unici a livello regionale o comunque integrati in modo da unificare anche le agende dell’offerta di cura degli ospedali privati accreditati in modo da avere anche qui in tempo reale l’effettiva disponibilità di prestazioni erogabili sotto il cappello del Servizio sanitario. Infine tra le altre misure c’è anche quella che potrebbe essere davvero dirompente per il cittadino è cioè il meccanismo “salta code”: in caso di chiamata al Cup, ma l’ospedale pubblico non è in grado di erogare la prestazione nei tempi previsti allora la Asl dovrà coprire le spese della stessa prestazione nel privato ( il cittadino pagherà solo il ticket se non è esente) oppure in intramoenia ( la libera professione) sempre all’interno dell’ospedale. Veniamo però al bicchiere mezzo vuoto: il decreto stanzia pochi fondi nuovi, in particolare solo quelli per finanziare la detassazione degli straordinari di medici e infermieri che sempre secondo il decreto legge dovrebbero lavorare anche il sabato e la domenica per smaltire le code. Ma il Ssn è alle prese da anni con una grave carenza di personale anche per colpa del tetto di spesa sulle assunzioni del personale che lo stesso decreto punta a superare dal 2025: al suo posto sarà introdotto lo strumento del fabbisogno del personale che però - secondo i sindacati dei medici - rischia di essere ancora più vincolante del tetto. Insomma le incognite sono tantissime e il rischio che le misure facciano flop è concreto.
« Il Pd continuerà a difendere la sanità da tagli e privatizzazione strisciante » , ha continuato così la leader del Pd Schlein. Mentre il ministro Schillaci - che in un sondaggio di giugno scorso dopo la presentazione del decreto aveva ottenuto un alto livello di gradimento - risponde: « Dopo anni di inerzia, questo Governo interviene in maniera strutturale con misure che affrontano tutti i fattori che hanno contribuito a un aumento intollerabile delle liste d’attesa » , sottolineando che « non ci sono regali ai privati, al contrario il privato accreditato dovrà fare pienamente la propria parte mettendo a disposizione tutta l’offerta di prestazioni nel Cup unico regionale » . Per i manager degli ospedali è infine « un passo avanti indispensabile per l'Italia, ma non basta. È necessario lavorare con più determinazione per migliorare l’appropriatezza delle richieste di visite ed esami specialistici » , ha spiegato il presidente di Fiaso Giovanni Migliore.