L’offensiva di Salvini riparte dall’Europa
Pcompito di fare il controcanto alla premier, arriva un assist dall’Europa e in particolare da Vox, partito di destra spagnolo finora nel gruppo Ue con FdI. Ieri, il suo leader Abascal, amico di Meloni, ha deciso di lasciare i Conservatori per aderire alla formazione di Orban – i
Patrioti – dove arriverà anche l’olandese Wilders e, probabilmente, il capo leghista. Così la premier è costretta a subire, in casa, il pressing del suo alleato che vuole metterla in difficoltà – il 18 luglio – sul voto al bis di von der Leyen. E vuole anche dimostrare che è lui il vero portavoce – a Roma – di chi si oppone a Bruxelles spingendola in una posizione sempre più difficile.
Non è un caso che ieri, esponenti di FdI, continuassero a dire che nulla è deciso sulla Commissione Ue. Ed è proprio questo attendismo che dà spazio a Salvini per attaccare pure l’altro alleato, Tajani: « Dice che il terzo gruppo sarà irrilevante? Lo vedremo a metà luglio » , rispondeva al ministro degli Esteri ma in realtà parlava soprattutto a Meloni. Infatti ha lasciato che si cominciasse a fare il conto degli europarlamentari persi dai Conservatori che scendono a quota 78, sempre al terzo posto ma più in bilico dopo l’uscita degli spagnoli e “minacciati” dai Patrioti. Resta la domanda su cosa farà Marine Le Pen che è attesa alla prova ballottaggi domenica e molto dipenderà dall’esito del voto. C’è chi pensa che la sua adesione sarà più probabile in caso di sconfitta ma ieri il capo leghista è stato prudente: « Spero che venga con noi » .
È chiaro che un gruppo Ue con la leader francese, oltre che con la Lega, gli spagnoli, olandesi e Orban, riduce lo spazio a destra alla premier. O forse, come sostengono alcuni in FdI, sarà più semplice per lei trattare con l’Ue senza gli amici di Putin com’è, appunto, il premier ungherese che è andato in visita a Mosca. Si vedrà. Quel che è certo è che finora lei aveva potuto usare due toni e due misure per gestire la sua posizione, a
Roma e a Bruxelles, ma il capo leghista sembra volerle togliere quest’abito politico mimetico per inchiodarla a scelte più nette e difficili.
Si capisce la strategia ma quanto può durare? E fino a dove si può spingere? Un segnale c’è stato due giorni fa quando Salvini ha attaccato Mattarella – per il suo discorso sulla democrazia e i poteri della maggioranza – ma è stato prontamente corretto dalla premier che ne ha preso le distanze. Un colpo di freni, quasi a suggerire all’alleato che non saranno tollerati scontri istituzionali. Un segnale che vale per i prossimi mesi e non solo per il Colle. Difficile, però, che lui si fermi.