Sorgenia nel deserto degli incentivi Margini in caduta, utile quasi azzerato
Il gruppo allunga di due anni la scadenza del debito bancario da oltre 400 milioni
Un utile netto quasi azzerato ( 6 milioni di euro) e un Ebitda ridotto di tre volte ( a 181 milioni), ma anche la fatidica quota 1 milione di clienti a un passo e un nuovo piano industriale, che ha permesso di ristrutturare, allungandolo di due anni, il debito bancario da oltre 400 milioni in scadenza a fine 2024. È questo, in estrema sintesi, il bilancio 2023 di Sorgenia, controllata di F2i e oggi alle prese con un riassetto che vedrà l’aggregazione – seppur con il mantenimento di due assetti azionari distinti – con Ef Solare, e di fatto la sostituzione del socio di minoranza Asterion con un nuovo investitore finanziario.
È stato un anno complesso, sottolinea il ceo Michele De Censi – subentrato nell’aprile 2023 allo storico capo azienda Gianfilippo Mancini – nella lettera allegata al rendiconto finanziario, ma lo abbiamo « concluso con risultati positivi » , nonostante il gruppo energetico « diversamente dai 12 mesi precedenti non abbia beneficiato né degli incrementi dei prezzi energetici né degli incentivi sulla produzione rinnovabile » , scontando invece il pagamento dei « contributi extraprofitti » per 77 milioni, calcolati proprio sul bilancio 2022. Quest’ultimo era stato indubbiamente un anno record: oltre 150 milioni di utile netto e un Ebitda di 550 milioni. Nel 2023 c’è stato oggettivamente un mix di fattori negativi e penalizzanti per il conto economico di Sorgenia, anche se non si può non notare – sottolineano alcuni addetti ai lavori – come il settore e i principali competitor abbiano comunque macinato margini e utili.
Il contesto, come riportato da Radiocor, è stato sfidante e soprattutto volatile: rispetto al 2022 i prezzi di elettricità e gas si sono ridotti di tre volte. In più la produzione termoelettrica – tradizionale punto di forza di Sorgenia grazie ai suoi impianti flessibili ( che però, di fronte ai cicli combinati più recenti, rischiano di pagare dazio: è questo un campanello di allarme per tutti i principali operatori nazionali) – si è di fatto dimezzata a 3,3 TW, sia perché in tutta Italia si è tornato a spingere sulle centrali a carbone sia perché un impianto è rimasto parzialmente fermo. Detto in un numero: la filiera generazione tradizionale ed energy management ha subìto una contrazione a livello di Ebitda di 103 milioni, cui si sommano – di base per gli stessi motivi – i 41 milioni pro quota di Tirreno Power, joint venture a controllo congiunto con i francesi di Engie. Altri 128 milioni di margini in meno sono arrivati da bioenergie e biometano a causa della « forte contrazione dei prezzi di vendita e assenza di incentivi » . Due fattori negativi che hanno inciso anche sulle rinnovabili, che rispetto al 2022 hanno lasciato sul terreno 86 milioni di margini. Buona tenuta invece per la posizione finanziaria netta, migliorata da 432 a 426 milioni, mentre le aste sulle tutele graduali microimprese hanno aumentato di 300mila unità la base clienti, arrivata ormai oltre 900mila.
Lo scenario fin qui descritto ha richiesto anche un aggiornamento del precedente piano industriale, con l’approvazione di un nuovo documento con orizzonte al 2028 che « riflette gli indirizzi e le linee strategiche del cda nominato ad aprile 2023 » , guidato appunto da De Censi. Un business plan che « si pone obiettivi di crescita su tutte e quattro le aree di business in cui opera, strettamente collegate tra loro: generazione, bioenergie e biometano, rinnovabili e vendita ai clienti finali » .
Il nuovo piano è stato utilizzato anche per ristrutturare e allungare di due anni il debito bancario in scadenza a fine anno e contratto nel 2020: in tutto 404 milioni, su cui è stata concordata anche una riduzione delle rate annuali ed è stata stipulata una nuova operazione di copertura sul rischio tasso di interesse.
Il gruppo nel 2023 non ha beneficiato né d’incrementi dei prezzi energetici né d’incentivi