Bocciata la ricostruzione del reddito basata sui soli certificati medici
Illegittimo l’avviso su prestazioni non fatturate: è consentita la gratuità L’ufficio avrebbe dovuto fornire documenti a riprova dell’onerosità del servizio
È illegittimo l’accertamento con cui l’ufficio, sulla base del mero confronto tra le prestazioni professionali risultanti dalle banche dati consultabili dal Fisco rispetto a quelle fatturate e dichiarate, contesta al professionista la gratuità dei servizi resi e, senza addurre alcuna prova, presume in capo all’interessato un maggiore reddito non dichiarato.
In forza dell’articolo 7, comma 5bis del Dlgs 546/ 92, spetta infatti all’ente impositore dimostrare in maniera circostanziata e puntuale – e dunque attraverso prove documentali e non mere presunzioni – le ragioni su cui si fonda la pretesa.
Sono queste le principali conclusioni cui è giunta la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Trieste, con la sentenza n. 96/ 2/ 2024 del 16 maggio scorso ( presidente Rovis, relatore Fadel), pronunciandosi sulla illegittimità di accertamenti, molto frequenti, basati sulla presunzione del carattere necessariamente oneroso delle prestazioni professionali.
Da sempre, infatti, secondo l’amministrazione finanziaria, anche in presenza di una contabilità formalmente regolare, sarebbe legittimo procedere con l’accertamento presuntivo di prestazioni professionali rese e non fatturate, in quanto l’omessa fatturazione rappresenterebbe una condotta manifestamente antieconomica e la gratuità delle prestazioni non sarebbe verosimile nei confronti di soggetti diversi dai congiunti del professionista.
In particolare, la pronuncia in commento trae origine da due avvisi di accertamento emessi per i periodi di imposta 2016 e 2017 nei confronti di un medico militare con conseguente rettifica del maggiore reddito imponibile sulla base del mero scostamento tra i dati rinvenuti presso il ministero delle Infrastrutture e Trasporti in merito ai certificati rilasciati per le patenti di guida e le prestazioni dallo stesso fatturate e dichiarate.
Impugnati gli atti impositivi dinanzi alla collegio di Trieste, il medico ricorrente ne eccepiva l’illegittimità per violazione dell’onere della prova di cui all’articolo 7, comma 5 bis del Dlgs 546/ 92 e per infondatezza della pretesa, facendo rilevare che, per consuetudine, nello svolgimento dell’attività certificativa per il rilascio delle patenti di guida, era solito fornire prestazioni gratuite agli appartenenti alle Forze Armate, nonché ad altri colleghi medici e ai loro parenti, senza dunque fatturarle e dichiararle; a sostegno di tale assunto, produceva alcune dichiarazioni rese proprio dai soggetti che avevano ricevuto le prestazioni a titolo gratuito.
L’ufficio, invece, costituitosi in giudizio, chiedeva il rigetto del ricorso, ritenendo che fosse assolutamente ragionevole presumere il carattere oneroso dell’attività professionale.
Nell’accogliere il ricorso del medico militare e richiamando alcune pronunce di legittimità, il giudice di primo grado ha, innanzitutto, precisato che per le prestazioni professionali l’onerosità è elemento normale, ma non essenziale. Di conseguenza, ai professionisti è consentita la prestazione gratuita per benevolenza, affetto o anche nella prospettiva di conseguire successivamente un vantaggio.
Pertanto, considerata tale possibilità concessa al professionista di rendere i propri servizi a titolo gratuito e senza pretendere alcun compenso, laddove intenda contestarne la mancata fatturazione, l’ufficio accertatore ha l’onere di fornire, in maniera rigorosa ( attraverso prove circostanziate) e non ( come finora accaduto) mediante mere presunzioni, la prova della onerosità della prestazione resa.