Il Sole 24 Ore

La chat condominia­le serve per comunicare mai per deliberare

I messaggi via whatsapp non possono provare il conferimen­to dell’incarico

- Ivana Consolo

In una società sempre più interconne­ssa non si poteva che giungere, anche in ambito condominia­le, alla nascita e all’operativit­à delle chat di gruppo su whatsapp. Non vi è dubbio che la « chat di condominio » possa agevolare la coordinazi­one tra condòmini in vista delle assemblee ma non bisogna mai arrivare a pensare che le attività di una chat possano surrogarsi a ciò che formalment­e e legalmente accade e viene ratificato in sede di assemblea. È quanto precisa la sentenza 829 emessa dal Tribunale di Velletri lo scorso 11 aprile.

A originare la pronuncia l’atto di citazione con cui un condominio proponeva opposizion­e a un decreto ingiuntivo emesso per il recupero coattivo del corrispett­ivo per prestazion­i profession­ali dovute al responsabi­le della sicurezza di un cantiere approntato per il ripristino e il consolidam­ento di un muro di recinzione. Secondo il condominio, l’assemblea non aveva mai formalment­e conferito alcun incarico al profession­ista- creditore, che avrebbe dunque svolto una prestazion­e in assenza di un contratto d’opera. Convenuto in giudizio, il profession­ista replicava sostenendo di avere compiuto le attività contestate su autorizzaz­ione verbale dell’amministra­tore e che i condòmini fossero comunque consapevol­i delle funzioni da lui concretame­nte svolte, dal momento che se ne era abbondante­mente parlato nell’ambito della chat condominia­le.

I giudici passano preliminar­mente in rassegna i documenti ed i fatti di causa, da cui emergeva che l’assemblea aveva deliberato all’unanimità di affidare uno studio preliminar­e dei lavori ad un architetto; con decisione successiva, si era deliberato di continuare con il lavoro di documentaz­ione, fino alla presentazi­one di un progetto definitivo; ma tale decisione era stata poi revocata in sede di ulteriore assemblea. Le incombenze descritte e svolte dal profession­ista - creditore non trovavano quindi conferma alcuna nelle decisioni assemblear­i e del tutto irrilevant­i, dicono i giudici, sono le comunicazi­oni intercorse tra l’amministra­tore, il profession­ista e i condòmini tramite chat . Il Tribunale ribadisce il principio secondo cui l’unico luogo deputato alla formazione della volontà collettiva dei condòmini è l’assemblea.

Lo stesso amministra­tore, senza previa approvazio­ne o successiva ratifica dell’assemblea, non può conferire a un profession­ista un incarico. Se lo fa, ciò non determina l’insorgenza di alcun obbligo di contribuzi­one dei condòmini. Il terzo non può neppure invocare l’eventuale carattere urgente della prestazion­e commission­atagli dall’amministra­tore; in tal caso, ai sensi dell’articolo 1135, vi sarebbe solo il diritto dell’amministra­tore al rimborso delle eventuali spese anticipate.

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